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Come migliorare l’esperienza di un sito web mobile

Il motivo dei tanti carrelli abbandonati, di prodotti cliccati e ricliccati su un e-commerce e di clienti persi molte volte è causato dalla difficoltà di navigazione nella versione mobile di un sito web. Quali sono gli errori più comuni e come possiamo intervenire per evitarli e sfruttare al meglio tutte le potenzialità del mobile?

Il motivo dei tanti carrelli abbandonati, di prodotti cliccati e ricliccati su un e-commerce e di clienti persi molte volte è causato dalla difficoltà di navigazione nella versione mobile di un sito web. Quali sono gli errori più comuni e come possiamo intervenire per evitarli e sfruttare al meglio tutte le potenzialità del mobile?

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INDICE

È davvero così facile navigare da mobile?

Oggi la maggior parte delle persone naviga su un dispositivo mobile, ma perché spesso molti clienti abbandonano carrelli e acquistano da pc? Sicuramente per evitare questo comportamento è necessario ottimizzare la navigazione da mobile e migliorare l’esperienza d’acquisto.

Ma vediamo cosa accade nello specifico: in alcuni casi non ci fidiamo di certe offerte, preferiamo consultare fisicamente i nostri negozi preferiti, oppure in fase di pagamento scopriamo dei costi in più non ben spiegati nelle fasi di acquisto precedenti.

In generale da mobile non ci sentiamo sempre sicuri del percorso di acquisto e di pagamento: sopraggiunge anche il timore di cliccare nel punto sbagliato, e preferiamo continuare l’operazione da pc o peggio, chiudere o rimandare. 

E alcuni dati lo dimostrano.

Da una ricerca condotta dall’agenzia SKIM emerge che, tra gli acquirenti che navigano da dispositivo mobile, 7 su 10 acquirenti da sito mobile non effettuano un acquisto perché la procedura sul sito è troppo difficile. Sui 10 consumatori che ricercano su mobile, 4 comprano su un altro canale (offline, app o desktop), mentre 3 non completano lacquisto. 

Solo il 6% degli utenti non acquista a causa di preferenze personali.

Il potenziale del mobile

Ma il mobile è una risorsa che ha moltissimo potenziale poiché permette di analizzare il comportamento del tuo cliente, e di arrivare direttamente alla tua target audience.

E lo dimostra l’apertura, risalente solo a qualche mese fa, dei social commerce, gli commerce nativi social: Instagram Shop e Facebook Shop.

Si tratta insomma di un'esperienza d'acquisto priva di interruzioni: i clienti o futuri tali scoprono i prodotti tramite sponsorizzate, annunci, post o stories, accedono allo shop in maniera facile e senza uscire dall'app e completano l'acquisto sul sito web aumentandone il traffico.

Quindi cosa possiamo fare per ottimizzare l’esperienza di navigazione da mobile e migliorare l’esperienza d’acquisto?

Problemi e soluzioni della mobile usability

Il primo passo è certamente comprendere quali sono i principali problemi legati all’esperienza di navigazione e d’acquisto su mobile e intervenire per ottenere una buona usabilità e pochissimi inconvenienti, o magari, trasformarli in risorse. È quindi necessario lavorare sulla UX Design del tuo sito che non deve solo essere responsive, anche perché ormai quasi tutti i template rispettano questa caratteristica. Serve quindi seguire degli specifici accorgimenti per migliorare l’esperienza degli utenti e ottimizzare la User Experience da mobile.

E anche ricordare che le parole d’ordine, per quanto riguarda i dispositivi mobili, sono facilità, comodità e zero spreco di tempo!

L'importanza di una buona presentazione

Cosa vedo appena approdo alla tua pagina da mobile? Le risorse e i contenuti di un sito devono essere ben organizzati e presentati, oltre che adattati alle dimensioni dei uno schermo mobile. 

In poche parole è necessario porsi una domanda fondamentale: come strutturare le informazioni più utili e importanti? Purtroppo non basta che la versione mobile semplicemente funzioni, ma deve essere organizzato per semplificare al massimo la navigazione.

In questi casi uno dei problemi da risolvere è legato alla difficoltà di individuare in maniera immediata il menu di navigazione, oppure ad avere un menu troppo ingombrante. La soluzione è semplicità e chiarezza: togliere via il superfluo, nominare il menu di navigazione con parole di comprensione immediata, eliminare ogni elemento criptico per una navigazione più veloce ed evitare pop up che occupano tutto lo schermo.

 

Fornisci tutte le informazioni indispensabili

Ragionare sulla gerarchia dei contenuti in base allo spazio a disposizione aiuta a capire quali contenuti è giusto adattare su mobile e quali invece lasciare visibili solo nella visualizzazione da desktop: possono essere contenuti grafici o parole poco chiare o troppo lunghe.

Ricorda: tutto quello che conta deve essere visibile prima di effettuare uno scroll.

Nella gestione dei contenuti, attenzione a rendere visibili tutte le informazioni che servono al tuo cliente per concludere un acquisto. Rispondi in anticipo ogni dubbio o domanda e fai in modo che riesca ad orientarsi facilmente dall'interno del tuo sito mobile, spostandosi da una pagina all'altra, da un prodotto all'altro facilmente.

E se per esempio se al tuo cliente capita di finire in una pagina 404 Not found, e può succedere, prova a personalizzare questa pagina o a fornire una facile via d'uscita o di ritorno alla pagina precedente.

 

Evita scorrimenti infiniti

Pensaci: da mobile riusciamo a visualizzare pochissimi prodotti per volta, e questa è un enorme difficoltà da superare poiché oltre a richiedere una grande quantità di tempo, rende l’acquisto e la scelta stressante e confusionaria.

Ragionare quindi sul layout di un sito mobile, offrire l’opportunità di trovare, nel minor tempo possibile, esattamente quello che l’utente sta cercando, è un grande vantaggio che facilita sicuramente di molto l’acquisto o l’esplorazione, nel caso in cui il cliente stia scoprendo il brand per la prima volta.


Si può pensare quindi di rendere visibile una barra di ricerca all’interno del sito, in modo che chiunque navighi possa cercare facilmente pagine o prodotti di interesse, o di attivare la funzione dei filtri per una ricerca più rapida e semplice.

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È davvero così facile navigare da mobile?

Oggi la maggior parte delle persone naviga su un dispositivo mobile, ma perché spesso molti clienti abbandonano carrelli e acquistano da pc? Sicuramente per evitare questo comportamento è necessario ottimizzare la navigazione da mobile e migliorare l’esperienza d’acquisto.

Ma vediamo cosa accade nello specifico: in alcuni casi non ci fidiamo di certe offerte, preferiamo consultare fisicamente i nostri negozi preferiti, oppure in fase di pagamento scopriamo dei costi in più non ben spiegati nelle fasi di acquisto precedenti.

In generale da mobile non ci sentiamo sempre sicuri del percorso di acquisto e di pagamento: sopraggiunge anche il timore di cliccare nel punto sbagliato, e preferiamo continuare l’operazione da pc o peggio, chiudere o rimandare. 

E alcuni dati lo dimostrano.

Da una ricerca condotta dall’agenzia SKIM emerge che, tra gli acquirenti che navigano da dispositivo mobile, 7 su 10 acquirenti da sito mobile non effettuano un acquisto perché la procedura sul sito è troppo difficile. Sui 10 consumatori che ricercano su mobile, 4 comprano su un altro canale (offline, app o desktop), mentre 3 non completano lacquisto. 

Solo il 6% degli utenti non acquista a causa di preferenze personali.

Il potenziale del mobile

Ma il mobile è una risorsa che ha moltissimo potenziale poiché permette di analizzare il comportamento del tuo cliente, e di arrivare direttamente alla tua target audience.

E lo dimostra l’apertura, risalente solo a qualche mese fa, dei social commerce, gli commerce nativi social: Instagram Shop e Facebook Shop.

Si tratta insomma di un'esperienza d'acquisto priva di interruzioni: i clienti o futuri tali scoprono i prodotti tramite sponsorizzate, annunci, post o stories, accedono allo shop in maniera facile e senza uscire dall'app e completano l'acquisto sul sito web aumentandone il traffico.

Quindi cosa possiamo fare per ottimizzare l’esperienza di navigazione da mobile e migliorare l’esperienza d’acquisto?

Problemi e soluzioni della mobile usability

Il primo passo è certamente comprendere quali sono i principali problemi legati all’esperienza di navigazione e d’acquisto su mobile e intervenire per ottenere una buona usabilità e pochissimi inconvenienti, o magari, trasformarli in risorse. È quindi necessario lavorare sulla UX Design del tuo sito che non deve solo essere responsive, anche perché ormai quasi tutti i template rispettano questa caratteristica. Serve quindi seguire degli specifici accorgimenti per migliorare l’esperienza degli utenti e ottimizzare la User Experience da mobile.

E anche ricordare che le parole d’ordine, per quanto riguarda i dispositivi mobili, sono facilità, comodità e zero spreco di tempo!

L'importanza di una buona presentazione

Cosa vedo appena approdo alla tua pagina da mobile? Le risorse e i contenuti di un sito devono essere ben organizzati e presentati, oltre che adattati alle dimensioni dei uno schermo mobile. 

In poche parole è necessario porsi una domanda fondamentale: come strutturare le informazioni più utili e importanti? Purtroppo non basta che la versione mobile semplicemente funzioni, ma deve essere organizzato per semplificare al massimo la navigazione.

In questi casi uno dei problemi da risolvere è legato alla difficoltà di individuare in maniera immediata il menu di navigazione, oppure ad avere un menu troppo ingombrante. La soluzione è semplicità e chiarezza: togliere via il superfluo, nominare il menu di navigazione con parole di comprensione immediata, eliminare ogni elemento criptico per una navigazione più veloce ed evitare pop up che occupano tutto lo schermo.

 

Fornisci tutte le informazioni indispensabili

Ragionare sulla gerarchia dei contenuti in base allo spazio a disposizione aiuta a capire quali contenuti è giusto adattare su mobile e quali invece lasciare visibili solo nella visualizzazione da desktop: possono essere contenuti grafici o parole poco chiare o troppo lunghe.

Ricorda: tutto quello che conta deve essere visibile prima di effettuare uno scroll.

Nella gestione dei contenuti, attenzione a rendere visibili tutte le informazioni che servono al tuo cliente per concludere un acquisto. Rispondi in anticipo ogni dubbio o domanda e fai in modo che riesca ad orientarsi facilmente dall'interno del tuo sito mobile, spostandosi da una pagina all'altra, da un prodotto all'altro facilmente.

E se per esempio se al tuo cliente capita di finire in una pagina 404 Not found, e può succedere, prova a personalizzare questa pagina o a fornire una facile via d'uscita o di ritorno alla pagina precedente.

 

Evita scorrimenti infiniti

Pensaci: da mobile riusciamo a visualizzare pochissimi prodotti per volta, e questa è un enorme difficoltà da superare poiché oltre a richiedere una grande quantità di tempo, rende l’acquisto e la scelta stressante e confusionaria.

Ragionare quindi sul layout di un sito mobile, offrire l’opportunità di trovare, nel minor tempo possibile, esattamente quello che l’utente sta cercando, è un grande vantaggio che facilita sicuramente di molto l’acquisto o l’esplorazione, nel caso in cui il cliente stia scoprendo il brand per la prima volta.


Si può pensare quindi di rendere visibile una barra di ricerca all’interno del sito, in modo che chiunque navighi possa cercare facilmente pagine o prodotti di interesse, o di attivare la funzione dei filtri per una ricerca più rapida e semplice.

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La nascita di YouTube e l’importanza della Video Advertising

Il 23 aprile 2005 accadeva un evento che avrebbe rivoluzionato il mondo del digitale: veniva pubblicato il primo video su una piattaforma nata da qualche mese: YouTube! In questi anni il video ha conquistato proprio tutti diventando il formato più importante, anche nelle campagne di comunicazione. Come siamo arrivati da una breve clip di 18 secondi alla video advertising e come si sponsorizza oggi una campagna video?

Il 23 aprile 2005 accadeva un evento che avrebbe rivoluzionato il mondo del digitale: veniva pubblicato il primo video su una piattaforma nata da qualche mese: YouTube! In questi anni il video ha conquistato proprio tutti diventando il formato più importante, anche nelle campagne di comunicazione. Come siamo arrivati da una breve clip di 18 secondi alla video advertising e come si sponsorizza oggi una campagna video?

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INDICE

All’origine della video advertising: il primo video di YouTube

Quando nasce YouTube? L’idea nasce da tre ragazzi, Chad HurleyJawed Karim e Steve Chen, i quali volevano creare un sistema che permettesse alle persone di mostrare i propri video. La piattaforma viene fondata il 14 febbraio 2005 ma la data storica da ricordare è quella del 23 aprile. Perché?

Ben sedici anni fa Jawed Karim pubblica il primo video della storia su YouTube,“Me at the zoo”, una clip di 18 secondi in cui si vede lo stesso Karim allo zoo di San Diego. Si tratta di un video dal contenuto e dalla qualità dell’immagine molto basse ma si deve considerare che al tempo la piattaforma era in una versione beta.

Il video riveste un’enorme importanza se pensi che circa 545 giorni dopo questa pubblicazione, Google acquista la piattaforma a più di 1,5 milioni di dollari. Si tratta di una vera e propria rivoluzione digitale!

YouTube oggi è il sito web con il maggior tasso di crescita nella sua storia decennale e solo un anno dopo la sua nascita contava 100 milioni di video visualizzati e 65 mila video caricati ogni giorno!

Dopo 16 anni, conta più di 1 miliardo e mezzo di visualizzazioni al mese ed è al secondo posto tra i siti web più visitati al mondo.

L’avvento di YouTube ha sicuramente accelerato il processo che vede il formato immagine e video di fondamentale importanza nel mondo online e della comunicazione. Infatti grazie a YouTube possiamo condividere video su qualsiasi tipo di social e non solo.

L’importanza del video per una campagna marketing efficace

La strategia vincente di YouTube è stata certamente quella di aver messo al centro le persone e i creatori di contenuti. I fondatori infatti hanno sin da subito chiarito di mettere in risalto “gli utenti più importanti del sito”. La piattaforma nata per vedere video è pian piano diventata quindi uno strumento per realizzare i propri video, diffonderli in tutto il mondo e anche per guadagnare. Da qui la crescita dei video e dell’importanza delle immagini in movimento anche nel mondo del marketing e della pubblicità.

Da formato pubblicitario, pian piano quello del video è diventato un vero e proprio linguaggio digitale con cui parlare della propria brand awareness, creare engagement con la target audience giusta.

Con un video possiamo infatti raccontare in maniera diretta e incisiva e grazie al potere evocativo delle immagini in sequenza diamo vita a interi universi emotivi coinvolgendo in pochi secondi lo spettatore nella nostra comunicazione.

Dalle pubblicità commerciali, ai video di intrattenimento come i reel che vediamo su Instagram e Tik Tok, a intere campagne di comunicazione sociale per sensibilizzare, alle challenge: una strategia efficace passa per la video advertising che oggi è necessariamente multipiattaforma.

Come creare una campagna video su YouTube con Google Ads

Sfruttare la pubblicità su YouTube quindi diventa essenziale in una campagna strategica di marketing. Grazie a Google Ads puoi pensare di sponsorizzare i video sulla piattaforma streaming, ma come fare?

Prima di scegliere l'annuncio video che soddisfa i tuoi obiettivi, tieni presente alcune indicazioni per la realizzazione di un video efficace: resta fondamentale catturare lo spettatore nei primi 15 secondi di video. Il periodo di attenzione è infatti molto breve: entro i 10-15 secondi di visualizzazione si decide se continuare a guardare o meno il contenuto.

Una volta realizzato il video bisogna scegliere le modalità d’annuncio da pubblicare. Le più note sono quattro:

  • Annunci in-stream

Sono annunci che troviamo inseriti prima, durante o dopo un video, anche di YouTube. In caso di video ignorabile, che possiamo skippare dopo soli 5 secondi di visualizzazione, è chiaro che i primi secondi richiedono originalità e immagini che colpiscano l’attenzione.

  • Annunci in-discovery

Sono gli annunci che appaiono nei risultati di ricerca di YouTube, nella colonna laterale dei video correlati e sulla homepage di YouTube da mobile. Sono costituiti da un'immagine in miniatura del video con del testo e prevedono sempre un invito a iniziare la riproduzione.

  • Annunci Bumper

Durano 6 secondi e appaiono prima, dopo o durante la visione di un contenuto. Sono molto sfruttati in ambito mobile poiché compaiono all’improvviso e lanciano un servizio o prodotto in maniera diretta e immediata.

  • Annunci Out-stream

Sono un tipo di annuncio creato appositamente per mobile e tablet poiché pensato per favorire l’interazione con il dito e non con il mouse. Infatti compaiono mentre scrolliamo e  vengono riprodotti inizialmente con l'audio disattivato.

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All’origine della video advertising: il primo video di YouTube

Quando nasce YouTube? L’idea nasce da tre ragazzi, Chad HurleyJawed Karim e Steve Chen, i quali volevano creare un sistema che permettesse alle persone di mostrare i propri video. La piattaforma viene fondata il 14 febbraio 2005 ma la data storica da ricordare è quella del 23 aprile. Perché?

Ben sedici anni fa Jawed Karim pubblica il primo video della storia su YouTube,“Me at the zoo”, una clip di 18 secondi in cui si vede lo stesso Karim allo zoo di San Diego. Si tratta di un video dal contenuto e dalla qualità dell’immagine molto basse ma si deve considerare che al tempo la piattaforma era in una versione beta.

Il video riveste un’enorme importanza se pensi che circa 545 giorni dopo questa pubblicazione, Google acquista la piattaforma a più di 1,5 milioni di dollari. Si tratta di una vera e propria rivoluzione digitale!

YouTube oggi è il sito web con il maggior tasso di crescita nella sua storia decennale e solo un anno dopo la sua nascita contava 100 milioni di video visualizzati e 65 mila video caricati ogni giorno!

Dopo 16 anni, conta più di 1 miliardo e mezzo di visualizzazioni al mese ed è al secondo posto tra i siti web più visitati al mondo.

L’avvento di YouTube ha sicuramente accelerato il processo che vede il formato immagine e video di fondamentale importanza nel mondo online e della comunicazione. Infatti grazie a YouTube possiamo condividere video su qualsiasi tipo di social e non solo.

L’importanza del video per una campagna marketing efficace

La strategia vincente di YouTube è stata certamente quella di aver messo al centro le persone e i creatori di contenuti. I fondatori infatti hanno sin da subito chiarito di mettere in risalto “gli utenti più importanti del sito”. La piattaforma nata per vedere video è pian piano diventata quindi uno strumento per realizzare i propri video, diffonderli in tutto il mondo e anche per guadagnare. Da qui la crescita dei video e dell’importanza delle immagini in movimento anche nel mondo del marketing e della pubblicità.

Da formato pubblicitario, pian piano quello del video è diventato un vero e proprio linguaggio digitale con cui parlare della propria brand awareness, creare engagement con la target audience giusta.

Con un video possiamo infatti raccontare in maniera diretta e incisiva e grazie al potere evocativo delle immagini in sequenza diamo vita a interi universi emotivi coinvolgendo in pochi secondi lo spettatore nella nostra comunicazione.

Dalle pubblicità commerciali, ai video di intrattenimento come i reel che vediamo su Instagram e Tik Tok, a intere campagne di comunicazione sociale per sensibilizzare, alle challenge: una strategia efficace passa per la video advertising che oggi è necessariamente multipiattaforma.

Come creare una campagna video su YouTube con Google Ads

Sfruttare la pubblicità su YouTube quindi diventa essenziale in una campagna strategica di marketing. Grazie a Google Ads puoi pensare di sponsorizzare i video sulla piattaforma streaming, ma come fare?

Prima di scegliere l'annuncio video che soddisfa i tuoi obiettivi, tieni presente alcune indicazioni per la realizzazione di un video efficace: resta fondamentale catturare lo spettatore nei primi 15 secondi di video. Il periodo di attenzione è infatti molto breve: entro i 10-15 secondi di visualizzazione si decide se continuare a guardare o meno il contenuto.

Una volta realizzato il video bisogna scegliere le modalità d’annuncio da pubblicare. Le più note sono quattro:

  • Annunci in-stream

Sono annunci che troviamo inseriti prima, durante o dopo un video, anche di YouTube. In caso di video ignorabile, che possiamo skippare dopo soli 5 secondi di visualizzazione, è chiaro che i primi secondi richiedono originalità e immagini che colpiscano l’attenzione.

  • Annunci in-discovery

Sono gli annunci che appaiono nei risultati di ricerca di YouTube, nella colonna laterale dei video correlati e sulla homepage di YouTube da mobile. Sono costituiti da un'immagine in miniatura del video con del testo e prevedono sempre un invito a iniziare la riproduzione.

  • Annunci Bumper

Durano 6 secondi e appaiono prima, dopo o durante la visione di un contenuto. Sono molto sfruttati in ambito mobile poiché compaiono all’improvviso e lanciano un servizio o prodotto in maniera diretta e immediata.

  • Annunci Out-stream

Sono un tipo di annuncio creato appositamente per mobile e tablet poiché pensato per favorire l’interazione con il dito e non con il mouse. Infatti compaiono mentre scrolliamo e  vengono riprodotti inizialmente con l'audio disattivato.

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Guida ai trend social e digital del 2021

Le nuove piattaforme per lo smart working e la didattica a distanza, l’incremento esponenziale degli e-commerce, l’aumento nella produzione del digital content: le abitudini del consumatore sono cambiate. Con quali nuove strategie rispondiamo a queste novità e quali tendenze dobbiamo seguire?

Le nuove piattaforme per lo smart working e la didattica a distanza, l’incremento esponenziale degli e-commerce, l’aumento nella produzione del digital content: le abitudini del consumatore sono cambiate. Con quali nuove strategie rispondiamo a queste novità e quali tendenze dobbiamo seguire?

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INDICE

La tecnologia vicina all'uomo

Come è cambiato il tuo atteggiamento di fronte ai social network e al mondo digitale in generale? Te lo spieghiamo noi.

Oltre a premere l'acceleratore sulla digitalizzazione, la pandemia ha spinto molti brand a fermarsi improvvisamente e a porsi delle domande sulle vecchie logiche prima di ripartire.

Quali valori è giusto comunicare durante una pandemia, come cambiano le esigenze quando da un giorno all'altro ci ritroviamo in lockdown e quali sono le strategie di marketing in grado di rispondere ai nuovi bisogni?

Pian piano abbiamo invertito tutti rotta, abbiamo fermato la corrente per comprendere quale direzione prendere. I risultati sono chiari: crescita degli commerce e dei social commerce, aumento della presenza sui social anche grazie alle dirette, aumento dei servizi di streaming e di gaming.

Secondo il report di DataReportal con Hootsuite e We are Social notiamo che:

  • 346 milioni di utenti hanno iniziato ad utilizzare internet negli ultimi 12 mesi
  • 376 milioni di utenti hanno iniziato ad utilizzare i social media negli ultimi 12 mesi

Ma se queste sono state le risposte degli ultimi mesi, verso quali tendenze ci stiamo muovendo e quali pratiche dobbiamo tenere sott'occhio per la comunicazione e il marketing del 2021?

Social experience

Basti pensare che prima della pandemia erano ancora molte le persone che non aveva mai utilizzato internet, ora invece circa il 60% della popolazione mondiale naviga quotidianamente sul web.

Nello studio della User Experience va quindi tenuto conto che un utente è connesso per circa 6,5 ore al giorno. Questo vuol dire che svolgiamo circa il 40% delle nostre attività online. In Italia invece, trascorriamo online circa 6 ore al giorno.

Un terzo dell'esperienza online sui svolge sui social media, ma sono in crescita anche i contenuti in streaming, l'ascolto di musica tramite diverse piattaforme o l'utilizzo di nuove app.

In sostanza sono cambiati i valori, l'approccio all'informazione, alla notizia e quindi la scelta dei contenuti da leggere, da segnalare e dei brand da seguire è diventata più consapevole.

Ma su quale social trovare i propri utenti? Ovviamente la risposta cambia in base al nostro brand e a quale target ci rivolgiamo. Nella definizione del nostro buyer persona, dobbiamo comprendere quale social media è più adatto, anche in base ai dati demografici. Non è sempre detto, ma è più probabile per esempio trovare su Tik Tok un millenial o un utente della generazione Z piuttosto che un baby boomer.

Marketing trend

Nel suo Report Global Marketing Trends 2021, Deloitte Insight analizza poi i nuovi bisogni e fornisce delle indicazioni sulle strategie da utilizzare. Individua, nello specifico, 7 marketing trend:

  • AGILITY: la flessibilità e la capacità di comprendere i cambiamenti in real time sarà fondamentale nel futuro. Prestare molta attenzione ai feedback dei propri utenti per realizzare un'esperienza di navigazione su misura e intervenire sui punti critici. Capire quindi anche quando è il caso di cambiare rotta, rinnovarsi, anche dal punto di vista grafico, per esempio con un rebranding.
  • FUSION: Stringere nuove partnership commerciali per rispondere in maniera performante alle esigenze dell'utente.
  • TRUST: Una comunicazione chiara e leale, una gestione trasparente dei dati, uno storytelling dei propri valori: l'utente ora vuole potersi fidare.
  • PURPOSE: La fiducia si costruisce intorno ad un brand che sa chi è e quali sono i propri obiettivi. Avere una vision chiara significa poter rispondere a qualsiasi incertezza.
  • HUMAN EXPERIENCE: Nella strategia di comunicazione l'empatia fa da padrona: l'obiettivo deve essere instaurare delle connessioni autentiche.
  • PARTICIPATION: La vicinanza al brand si tradurrà in coinvolgimento degli utenti grazie ai contenuti social, alle recensioni e alla partecipazione alle conversazioni.
  • TALENT: Investire sulle capacità digitali del proprio team è il punto di partenza per il successo di un'azienda. Il talento diventa centrale nella struttura aziendale e aiuta a sviluppare nuovi modelli di team management.

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La tecnologia vicina all'uomo

Come è cambiato il tuo atteggiamento di fronte ai social network e al mondo digitale in generale? Te lo spieghiamo noi.

Oltre a premere l'acceleratore sulla digitalizzazione, la pandemia ha spinto molti brand a fermarsi improvvisamente e a porsi delle domande sulle vecchie logiche prima di ripartire.

Quali valori è giusto comunicare durante una pandemia, come cambiano le esigenze quando da un giorno all'altro ci ritroviamo in lockdown e quali sono le strategie di marketing in grado di rispondere ai nuovi bisogni?

Pian piano abbiamo invertito tutti rotta, abbiamo fermato la corrente per comprendere quale direzione prendere. I risultati sono chiari: crescita degli commerce e dei social commerce, aumento della presenza sui social anche grazie alle dirette, aumento dei servizi di streaming e di gaming.

Secondo il report di DataReportal con Hootsuite e We are Social notiamo che:

  • 346 milioni di utenti hanno iniziato ad utilizzare internet negli ultimi 12 mesi
  • 376 milioni di utenti hanno iniziato ad utilizzare i social media negli ultimi 12 mesi

Ma se queste sono state le risposte degli ultimi mesi, verso quali tendenze ci stiamo muovendo e quali pratiche dobbiamo tenere sott'occhio per la comunicazione e il marketing del 2021?

Social experience

Basti pensare che prima della pandemia erano ancora molte le persone che non aveva mai utilizzato internet, ora invece circa il 60% della popolazione mondiale naviga quotidianamente sul web.

Nello studio della User Experience va quindi tenuto conto che un utente è connesso per circa 6,5 ore al giorno. Questo vuol dire che svolgiamo circa il 40% delle nostre attività online. In Italia invece, trascorriamo online circa 6 ore al giorno.

Un terzo dell'esperienza online sui svolge sui social media, ma sono in crescita anche i contenuti in streaming, l'ascolto di musica tramite diverse piattaforme o l'utilizzo di nuove app.

In sostanza sono cambiati i valori, l'approccio all'informazione, alla notizia e quindi la scelta dei contenuti da leggere, da segnalare e dei brand da seguire è diventata più consapevole.

Ma su quale social trovare i propri utenti? Ovviamente la risposta cambia in base al nostro brand e a quale target ci rivolgiamo. Nella definizione del nostro buyer persona, dobbiamo comprendere quale social media è più adatto, anche in base ai dati demografici. Non è sempre detto, ma è più probabile per esempio trovare su Tik Tok un millenial o un utente della generazione Z piuttosto che un baby boomer.

Marketing trend

Nel suo Report Global Marketing Trends 2021, Deloitte Insight analizza poi i nuovi bisogni e fornisce delle indicazioni sulle strategie da utilizzare. Individua, nello specifico, 7 marketing trend:

  • AGILITY: la flessibilità e la capacità di comprendere i cambiamenti in real time sarà fondamentale nel futuro. Prestare molta attenzione ai feedback dei propri utenti per realizzare un'esperienza di navigazione su misura e intervenire sui punti critici. Capire quindi anche quando è il caso di cambiare rotta, rinnovarsi, anche dal punto di vista grafico, per esempio con un rebranding.
  • FUSION: Stringere nuove partnership commerciali per rispondere in maniera performante alle esigenze dell'utente.
  • TRUST: Una comunicazione chiara e leale, una gestione trasparente dei dati, uno storytelling dei propri valori: l'utente ora vuole potersi fidare.
  • PURPOSE: La fiducia si costruisce intorno ad un brand che sa chi è e quali sono i propri obiettivi. Avere una vision chiara significa poter rispondere a qualsiasi incertezza.
  • HUMAN EXPERIENCE: Nella strategia di comunicazione l'empatia fa da padrona: l'obiettivo deve essere instaurare delle connessioni autentiche.
  • PARTICIPATION: La vicinanza al brand si tradurrà in coinvolgimento degli utenti grazie ai contenuti social, alle recensioni e alla partecipazione alle conversazioni.
  • TALENT: Investire sulle capacità digitali del proprio team è il punto di partenza per il successo di un'azienda. Il talento diventa centrale nella struttura aziendale e aiuta a sviluppare nuovi modelli di team management.

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L’importanza del rebranding

Quando parliamo di rebranding si pensa subito al cambio del logo, ma questa può essere solo una piccola parte di un’operazione più ampia che a volte interessa l’intera identità di un brand. Pensaci: quanti grossi marchi si son rifatti l’abito negli anni? Agli albori, la mela di Apple era coloratissima, e il logo Google è passato dal realismo al flat design. Ma da dove arriva la necessità di cambiar vestito, di ripensare la propria identità?

Quando parliamo di rebranding si pensa subito al cambio del logo, ma questa può essere solo una piccola parte di un’operazione più ampia che a volte interessa l’intera identità di un brand. Pensaci: quanti grossi marchi si son rifatti l’abito negli anni? Agli albori, la mela di Apple era coloratissima, e il logo Google è passato dal realismo al flat design. Ma da dove arriva la necessità di cambiar vestito, di ripensare la propria identità?

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Rebranding vuol dire rinnovare l'immagine

Partiamo da un esempio pratico e vicino a noi: Google. Circa un mese fa abbiamo aperto la nostra pagina Chrome e all'improvviso abbiamo trovato tutta la G Suite con colori e forme diverse, cioè uguali. Non ci soffermeremo sulla usabilità del rebranding di Google, fattore importantissimo da tenere in considerazione quando si sviluppa un lavoro di questo genere.

Guardiamo invece al motivo che ha spinto Google all'operazione. L'obiettivo è stato mostrare il passaggio dalla Suite al Google Workspace, un unico luogo dove trovare tutti gli strumenti necessari al lavoro. Il rebranding serviva a comunicare questa intenzione, e per farlo era importante rinnovare nome e logo.

Anche se un brand ha successo, deve restare al passo coi tempi, prestare attenzione alle tendenze del design, ai cambiamenti del mercato e anche alla concorrenza. Per rimanere aggiornati, in linea con le esigenze e i gusti del target, serve un cambiamento strategico.

Quando programmare il restyling del brand?

La tua azienda sta vivendo una fusione, un'acquisizione o è in corso una scissione fra attività: qual è la prima cosa da fare?

Cambiare nome, modificare il logo, aggiornare la propria identità, insomma mettere in atto un rebranding, che sarà diverso per ognuno dei tre casi.

Molte le domande da porsi: mantenere parte delle immagini di entrambi i loghi dei brand, oppure dare più valore all'attività che ha effettuato l'acquisto, o, ancora, procedere ad un rebranding completo?

Ma il desiderio potrebbe essere anche solo voler aggiornare il logo, ideare un restyling dell'immagine coordinata e dei materiali di comunicazione: in questo caso siamo di fronte ad un semplice brand-refresh.

Infine esiste il caso di bad reputation: può succedere che un brand arrivi a conquistarsi una cattiva reputazione per svariati motivi. Prima di ripartire è più che giusto scrollarsi l'immagine legata all'esperienza negativa e risollevarsi con una nuova brand identity, un bel cambiamento che inizia proprio con un rebranding!

Sta di fatto che un marchio aggiornato dal punto di vista estetico, e con un rebranding intelligente, si dimostra al passo coi tempi, aumenta il proprio appeal e richiama l'attenzione della propria audience.

Cosa cambia dopo un rebranding?

Ma da dove cominciare? Sicuramente con un team creativo di graphic designers esperti e in grado di tradurre i valori del tuo brand in immagini. Come? Non hai una lista di valori e punti di forza del tuo marchio? Corri a compilarla!

La nuova immagine deve comunicare proprio gli elementi essenziali del tuo brand, includere il valore aggiunto che cattura i tuoi clienti, li fidelizza e crea una reputazione solida nel tempo. Deve comunicare insomma la tua brand awareness!

È indispensabile, prima di iniziare, stilare una lista dei problemi e delle criticità che questo rebranding deve evitare: riconoscere i punti deboli serve ad eliminarli.

Dopo queste azioni preliminari si va a definire la brand identity, analizzando, insieme a dei professionisti, a che livello agire e come. Gli elementi interessati da un'operazione di rebranding sono:

  • Nome e logo
  • Colori e font
  • Pay off
  • Immagine coordinata: carta intestata, biglietti da visita, volantini, depliant, packaging
  • Canali di comunicazione: social media, sito web, brochure

Squadra che vince non si cambia, lo sappiamo. Finora tutti questi elementi hanno funzionato ma le tendenze corrono veloci ed è meglio stare al passo e rischiare il cambiamento! Il rebranding significa cambiare molti elementi, creare un impatto visivo nuovo e non sapere come viene accolto, è vero, ma un lavoro ben fatto rafforza l'identità del brand, non la disperde!

INDICE

Rebranding vuol dire rinnovare l'immagine

Partiamo da un esempio pratico e vicino a noi: Google. Circa un mese fa abbiamo aperto la nostra pagina Chrome e all'improvviso abbiamo trovato tutta la G Suite con colori e forme diverse, cioè uguali. Non ci soffermeremo sulla usabilità del rebranding di Google, fattore importantissimo da tenere in considerazione quando si sviluppa un lavoro di questo genere.

Guardiamo invece al motivo che ha spinto Google all'operazione. L'obiettivo è stato mostrare il passaggio dalla Suite al Google Workspace, un unico luogo dove trovare tutti gli strumenti necessari al lavoro. Il rebranding serviva a comunicare questa intenzione, e per farlo era importante rinnovare nome e logo.

Anche se un brand ha successo, deve restare al passo coi tempi, prestare attenzione alle tendenze del design, ai cambiamenti del mercato e anche alla concorrenza. Per rimanere aggiornati, in linea con le esigenze e i gusti del target, serve un cambiamento strategico.

Quando programmare il restyling del brand?

La tua azienda sta vivendo una fusione, un'acquisizione o è in corso una scissione fra attività: qual è la prima cosa da fare?

Cambiare nome, modificare il logo, aggiornare la propria identità, insomma mettere in atto un rebranding, che sarà diverso per ognuno dei tre casi.

Molte le domande da porsi: mantenere parte delle immagini di entrambi i loghi dei brand, oppure dare più valore all'attività che ha effettuato l'acquisto, o, ancora, procedere ad un rebranding completo?

Ma il desiderio potrebbe essere anche solo voler aggiornare il logo, ideare un restyling dell'immagine coordinata e dei materiali di comunicazione: in questo caso siamo di fronte ad un semplice brand-refresh.

Infine esiste il caso di bad reputation: può succedere che un brand arrivi a conquistarsi una cattiva reputazione per svariati motivi. Prima di ripartire è più che giusto scrollarsi l'immagine legata all'esperienza negativa e risollevarsi con una nuova brand identity, un bel cambiamento che inizia proprio con un rebranding!

Sta di fatto che un marchio aggiornato dal punto di vista estetico, e con un rebranding intelligente, si dimostra al passo coi tempi, aumenta il proprio appeal e richiama l'attenzione della propria audience.

Cosa cambia dopo un rebranding?

Ma da dove cominciare? Sicuramente con un team creativo di graphic designers esperti e in grado di tradurre i valori del tuo brand in immagini. Come? Non hai una lista di valori e punti di forza del tuo marchio? Corri a compilarla!

La nuova immagine deve comunicare proprio gli elementi essenziali del tuo brand, includere il valore aggiunto che cattura i tuoi clienti, li fidelizza e crea una reputazione solida nel tempo. Deve comunicare insomma la tua brand awareness!

È indispensabile, prima di iniziare, stilare una lista dei problemi e delle criticità che questo rebranding deve evitare: riconoscere i punti deboli serve ad eliminarli.

Dopo queste azioni preliminari si va a definire la brand identity, analizzando, insieme a dei professionisti, a che livello agire e come. Gli elementi interessati da un'operazione di rebranding sono:

  • Nome e logo
  • Colori e font
  • Pay off
  • Immagine coordinata: carta intestata, biglietti da visita, volantini, depliant, packaging
  • Canali di comunicazione: social media, sito web, brochure

Squadra che vince non si cambia, lo sappiamo. Finora tutti questi elementi hanno funzionato ma le tendenze corrono veloci ed è meglio stare al passo e rischiare il cambiamento! Il rebranding significa cambiare molti elementi, creare un impatto visivo nuovo e non sapere come viene accolto, è vero, ma un lavoro ben fatto rafforza l'identità del brand, non la disperde!

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babbo natale sorpreso

Natale: i 4 passaggi fondamentali per una strategia vincente

Prima regola: mai farsi trovare impreparati al Natale! Sappiamo tutti che questa festività richiede una lunga fase di preparazione: la scelta dell’albero di Natale, decorazioni, lucine.. e regali! Se hai un’attività o un’impresa lo sai bene: devi iniziare a studiare la tua strategia marketing ancor prima del cambio di stagione! Ma come affrontare il Natale in quest’anno così imprevedibile? Seguendo i passaggi di ogni anno, studiando i dati che abbiamo e prendendo in considerazione alcuni aspetti.

Prima regola: mai farsi trovare impreparati al Natale! Sappiamo tutti che questa festività richiede una lunga fase di preparazione: la scelta dell’albero di Natale, decorazioni, lucine.. e regali! Se hai un’attività o un’impresa lo sai bene: devi iniziare a studiare la tua strategia marketing ancor prima del cambio di stagione! Ma come affrontare il Natale in quest’anno così imprevedibile? Seguendo i passaggi di ogni anno, studiando i dati che abbiamo e prendendo in considerazione alcuni aspetti.

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INDICE

Hai già pensato alla tua strategia di marketing?

Per ogni Babbo Natale che riposa ad agosto c'è un marketer che studia la sua strategia per Natale! Come ogni professionista del marketing sa, il Natale è una cosa seria, serissima! Ci vanno mesi di studio e analisi per sviluppare una giusta campagna di marketing. Brainstorming sotto l'ombrellone ad agosto, ricerche delle keywords tra una bracciata e l'altra, analisi del target audience degli anni precedenti.

Ma senza agitarsi troppo, l'importante è avere le idee ben chiare e seguire dei passaggi definiti, insomma serve una strategia ben precisa per il marketing natalizio!

Prospettive e studi sul Natale 2020

Certo, quest'anno abbiamo vissuto numerosi cambiamenti, e alcuni ci hanno imposto di fermarci e riflettere su nuovi e vecchi percorsi, sugli scopi e sui modi per raggiungerli. Dagli obiettivi di vendita allo stravolgimento di qualsiasi strategia di lungo e breve termine, alla crescita esponenziale degli e-commerce e degli acquisti via mobile soprattutto da parte della generazione x e dei baby boomer: siamo di fronte a un Natale per certi versi da scoprire, come ci informa Facebook, che ha pubblicato una guida in base alle ultime ricerche in fatto di marketing.

Qui sono evidenziati le tendenze e gli insight, e si possono consultare interessanti statistiche e dati sugli acquisti, insieme a strumenti e risorse utili per pianificare campagne natalizie efficienti.

Per esempio possiamo apprendere che ci sarà una rapida crescita nelle promozioni e che gli utenti apprezzano contenuti autentici e informativi. Non tenere conto di tutti questi fattori, in fase di analisi e di partenza di una campagna di marketing natalizia, quest'anno sarebbe sbagliato. Ma allo stesso tempo non dotarsi di alcune linee guida per procedere creerebbe solo caos e agitazione.

I 4 passaggi per una campagna a prova di Natale

Studio

Studia quindi il target, gli obiettivi e le performance di vendita del precedente Natale e prendi in considerazione i cambiamenti dovuti al Covid19 con tutti gli strumenti che ci vengono offerti, compresa la guida Facebook. È importante sapere che al primo posto quest'anno ci sono la salute e la sicurezza di clienti e staff. Se possiedi un e-commerce pensa quindi a soluzioni come la prenotazione online e il ritiro in negozio (click and collect) o il pick up alla porta e assicurati di comunicare sempre tutto in maniera chiara ai tuoi clienti.

Test

Inizia la vera pianificazione. Devi costruire una campagna web? Quali strumenti e canali conviene usare? Dopo aver stabilito gli obiettivi della comunicazione, anche la creatività deve puntare alla massima interazione con la tua pagina, con il tuo brand.

Campagne di Google Ads e inserzioni di Facebook: assicurarsi la massima performance da mobile quest'anno è fondamentale! Dopo aver curato la creatività, eseguito i test necessari, aver informato e creato consapevolezza intorno ai tuoi prodotti e il tuo brand, sei pronto per lanciare la tua campagna.

Ricorda che gli A/B test sono importanti quanto lo studio e l'analisi dell'andamento, e quanto la creatività. Gli ultimi mesi ci hanno insegnato a dedicare meno tempo alla programmazione e più alla sensibilità verso ciò che ci circonda (o almeno, è la speranza d tutti noi). Non soddisfare un bisogno, ma comunicare alle persone con il giusto tono è il vero obiettivo di ogni marketer.

Lancio e conversioni

Pronto a lanciare la tua navicella spaziale carica di offerte e promozioni sui regali di Natale, il passo successivo è convertire e vendere. Come suggerisce Facebook, in fase di costruzione della campagna su Business Manager, attenzione ai posizionamenti degli annunci: cioè dove i tuoi annunci saranno visibili: ottimizzare il posizionamento è la scelta migliore.

Vendite post Natale

Sarebbe davvero sbagliato, finite le feste, chiudere la campagna di marketing natalizia e non pensarci più. Stilare dei report finali, studiarli in vista del prossimo Natale è il vero segreto per una campagna marketing natalizia di successo!

Riorganizza le prossime promozioni non prima di aver colto tutti i punti forza e i punti deboli della tua strategia. Questo lavoro servirà a creare una campagna di comunicazione ancora più efficiente. Ma a questo ci pensi, ovviamente, dopo aver festeggiato in serenità il tuo Natale! 😉

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Hai già pensato alla tua strategia di marketing?

Per ogni Babbo Natale che riposa ad agosto c'è un marketer che studia la sua strategia per Natale! Come ogni professionista del marketing sa, il Natale è una cosa seria, serissima! Ci vanno mesi di studio e analisi per sviluppare una giusta campagna di marketing. Brainstorming sotto l'ombrellone ad agosto, ricerche delle keywords tra una bracciata e l'altra, analisi del target audience degli anni precedenti.

Ma senza agitarsi troppo, l'importante è avere le idee ben chiare e seguire dei passaggi definiti, insomma serve una strategia ben precisa per il marketing natalizio!

Prospettive e studi sul Natale 2020

Certo, quest'anno abbiamo vissuto numerosi cambiamenti, e alcuni ci hanno imposto di fermarci e riflettere su nuovi e vecchi percorsi, sugli scopi e sui modi per raggiungerli. Dagli obiettivi di vendita allo stravolgimento di qualsiasi strategia di lungo e breve termine, alla crescita esponenziale degli e-commerce e degli acquisti via mobile soprattutto da parte della generazione x e dei baby boomer: siamo di fronte a un Natale per certi versi da scoprire, come ci informa Facebook, che ha pubblicato una guida in base alle ultime ricerche in fatto di marketing.

Qui sono evidenziati le tendenze e gli insight, e si possono consultare interessanti statistiche e dati sugli acquisti, insieme a strumenti e risorse utili per pianificare campagne natalizie efficienti.

Per esempio possiamo apprendere che ci sarà una rapida crescita nelle promozioni e che gli utenti apprezzano contenuti autentici e informativi. Non tenere conto di tutti questi fattori, in fase di analisi e di partenza di una campagna di marketing natalizia, quest'anno sarebbe sbagliato. Ma allo stesso tempo non dotarsi di alcune linee guida per procedere creerebbe solo caos e agitazione.

I 4 passaggi per una campagna a prova di Natale

Studio

Studia quindi il target, gli obiettivi e le performance di vendita del precedente Natale e prendi in considerazione i cambiamenti dovuti al Covid19 con tutti gli strumenti che ci vengono offerti, compresa la guida Facebook. È importante sapere che al primo posto quest'anno ci sono la salute e la sicurezza di clienti e staff. Se possiedi un e-commerce pensa quindi a soluzioni come la prenotazione online e il ritiro in negozio (click and collect) o il pick up alla porta e assicurati di comunicare sempre tutto in maniera chiara ai tuoi clienti.

Test

Inizia la vera pianificazione. Devi costruire una campagna web? Quali strumenti e canali conviene usare? Dopo aver stabilito gli obiettivi della comunicazione, anche la creatività deve puntare alla massima interazione con la tua pagina, con il tuo brand.

Campagne di Google Ads e inserzioni di Facebook: assicurarsi la massima performance da mobile quest'anno è fondamentale! Dopo aver curato la creatività, eseguito i test necessari, aver informato e creato consapevolezza intorno ai tuoi prodotti e il tuo brand, sei pronto per lanciare la tua campagna.

Ricorda che gli A/B test sono importanti quanto lo studio e l'analisi dell'andamento, e quanto la creatività. Gli ultimi mesi ci hanno insegnato a dedicare meno tempo alla programmazione e più alla sensibilità verso ciò che ci circonda (o almeno, è la speranza d tutti noi). Non soddisfare un bisogno, ma comunicare alle persone con il giusto tono è il vero obiettivo di ogni marketer.

Lancio e conversioni

Pronto a lanciare la tua navicella spaziale carica di offerte e promozioni sui regali di Natale, il passo successivo è convertire e vendere. Come suggerisce Facebook, in fase di costruzione della campagna su Business Manager, attenzione ai posizionamenti degli annunci: cioè dove i tuoi annunci saranno visibili: ottimizzare il posizionamento è la scelta migliore.

Vendite post Natale

Sarebbe davvero sbagliato, finite le feste, chiudere la campagna di marketing natalizia e non pensarci più. Stilare dei report finali, studiarli in vista del prossimo Natale è il vero segreto per una campagna marketing natalizia di successo!

Riorganizza le prossime promozioni non prima di aver colto tutti i punti forza e i punti deboli della tua strategia. Questo lavoro servirà a creare una campagna di comunicazione ancora più efficiente. Ma a questo ci pensi, ovviamente, dopo aver festeggiato in serenità il tuo Natale! 😉

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donna scrive davanti a computer strategia comunicazione digitale

Il copywriting persuasivo: la scrittura che promuove

Quando l’obiettivo di una comunicazione è vendere, la scrittura si trasforma in uno strumento potentissimo. Viene chiamato copywriting persuasivo ed è utilizzato per convincere. Ma attenzione, anche se ci sono delle regole da seguire, chi l’ha detto che non serva anche la creatività?

Quando l’obiettivo di una comunicazione è vendere, la scrittura si trasforma in uno strumento potentissimo. Viene chiamato copywriting persuasivo ed è utilizzato per convincere. Ma attenzione, anche se ci sono delle regole da seguire, chi l’ha detto che non serva anche la creatività?

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Il copywriting parte da bisogni ed emozioni

Scrivere contenuti per il web significa spingere qualcuno a compiere un'azione, pensa a quando ti iscrivi ad una newsletter, completi un'acquisto, lasci i tuoi dati. Per raggiungere questo obiettivo esistono delle precise regole che si riassumono nella scrittura persuasiva, o persuasive copywriting.

Ma su cosa si basa?

Partiamo da un esempio, stai cercando un paio di stivali online. Come fai a scegliere fra tutte le marche presenti? Che criteri usi per scartare i modelli che non ti convincono? Magari il rapporto qualità-prezzo, il materiale, i feedback relativi e poi colore, altezza, insomma tutti quei dettagli che rispondono al tuo gusto personale.

In pratica quello che ti spinge ad affrontare l'acquisto, nonostante il prezzo e nonostante tutto, sono i tuoi bisogni e le tue emozioni. Perché diciamo questo: il copywriting persuasivo parte proprio da bisogni ed emozioni e, seguendo delle piccole regole, sceglie le parole giuste per convincere ad acquistare o sciogliere i dubbi profondi che assalgono tutti noi di fronte ad una scelta.

Entrando più nello specifico, gli stivali soddisfano determinati bisogni che possono essere mantenerci caldi, essere impermeabili alla pioggia, essere alla moda, dare una bella forma ai nostri piedi, essere comodi.

La scrittura persuasiva entra in merito proprio a questi bisogni e dà una risposta approfondendone in maniera esauriente ogni aspetto. Se il materiale tiene caldo, come è stato realizzato? Rispetta l'ambiente?

Rispondere a queste domande significa creare delle descrizioni che danno la percezione di vedere e toccare il prodotto, come se il lettore stesse indossando quegli stivali.

Raccontare, non descrivere

Quante volte acquisti in maniera impulsiva oppure seguendo il flusso di emozioni del momento? Il copywriting si inserisce in queste frazioni di tempo e colpisce nel segno. Ti racconta le caratteristiche più affascinanti di quegli stivali, ciò che li rende unici, perché sono il miglio acquisto che tu possa fare.

Ma parlavamo di racconto..

Stivali comodi e caldi, materiale riciclato.

oppure:

In una fredda giornata di pioggia vorresti solo indossare delle scarpe comode come pantofole, calde e asciutte come uno stivale di qualità. E passo dopo passo, essere fiera di fare del bene all'ambiente.

È palese quale funzioni di più. Evocare situazioni e sensazioni come accade nel secondo esempio, a differenza di una semplice e fredda descrizione, avvicina il lettore e lo aiuta a riflettere sui propri bisogni.

Qui entra in campo poi uno strumento ben preciso: lo storytelling. Perché raccontare significa sempre in qualche modo creare una storia, lasciare un segno, connettere mondi, idee e immagini per dare al lettore un immaginario ben preciso in cui riconoscersi.

Un buon storytelling e un copywriting consapevole sono due ottimi metodi per attivare il meccanismo di riconoscimento da cui nascono la fiducia verso il brand, la narrazione e quindi la persuasione. Persuadere infatti significa proprio riconoscersi.

Il copywriting persuasivo è creativo

Per mettere in atto il meccanismo di riconoscimento e persuadere, esistono alcune regole e seguirle vuol dire raggiungere i propri obiettivi di comunicazione.

Alcune regole del copywriting persuasivo sono ad esempio scrivere sempre in maniera positiva e quindi evitare qualsiasi "non" e "no". Semplicemente capovolgere ogni affermazione rendendola positiva. Oppure concentrare le informazioni salienti all'inizio e alla fine di un testo poiché solitamente, nella lettura, si usa saltare la parte centrale, o ancora, inserire un invito all'azione esortando le persone a compiere una scelta: le famose call to action che possono essere per esempio "sconti fino al 50%, acquista ora!"

Ma se bastassero queste regole saremmo tutti dei bravissimi copywriting e ottimi venditori, non credi? La questione è un po' più complessa perché quando si scrive un testo si ha a che fare con il magma umano che include gioie, pensieri, emozioni, bisogni specifici di ognuno. Maneggiare questo materiale richiede sensibilità e creatività, altrimenti si finisce per scottarsi!

Ovviamente la scrittura richiede molte regole riguardo al canale di comunicazione, al medium, al target al quale ci riferiamo. Ma le storie, anche quando create in un contesto corporate, per il brand, come primo obiettivo devono creare fiducia. Quando lo storytelling ha come fine ultimo la vendita, deve sempre permettere al cliente di riconoscersi in un sistema di valori più ampio. La scrittura persuasiva è 50% regole e 50% creatività.

If it doesn't sell, it isn't creative.

David Ogilvy

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Il copywriting parte da bisogni ed emozioni

Scrivere contenuti per il web significa spingere qualcuno a compiere un'azione, pensa a quando ti iscrivi ad una newsletter, completi un'acquisto, lasci i tuoi dati. Per raggiungere questo obiettivo esistono delle precise regole che si riassumono nella scrittura persuasiva, o persuasive copywriting.

Ma su cosa si basa?

Partiamo da un esempio, stai cercando un paio di stivali online. Come fai a scegliere fra tutte le marche presenti? Che criteri usi per scartare i modelli che non ti convincono? Magari il rapporto qualità-prezzo, il materiale, i feedback relativi e poi colore, altezza, insomma tutti quei dettagli che rispondono al tuo gusto personale.

In pratica quello che ti spinge ad affrontare l'acquisto, nonostante il prezzo e nonostante tutto, sono i tuoi bisogni e le tue emozioni. Perché diciamo questo: il copywriting persuasivo parte proprio da bisogni ed emozioni e, seguendo delle piccole regole, sceglie le parole giuste per convincere ad acquistare o sciogliere i dubbi profondi che assalgono tutti noi di fronte ad una scelta.

Entrando più nello specifico, gli stivali soddisfano determinati bisogni che possono essere mantenerci caldi, essere impermeabili alla pioggia, essere alla moda, dare una bella forma ai nostri piedi, essere comodi.

La scrittura persuasiva entra in merito proprio a questi bisogni e dà una risposta approfondendone in maniera esauriente ogni aspetto. Se il materiale tiene caldo, come è stato realizzato? Rispetta l'ambiente?

Rispondere a queste domande significa creare delle descrizioni che danno la percezione di vedere e toccare il prodotto, come se il lettore stesse indossando quegli stivali.

Raccontare, non descrivere

Quante volte acquisti in maniera impulsiva oppure seguendo il flusso di emozioni del momento? Il copywriting si inserisce in queste frazioni di tempo e colpisce nel segno. Ti racconta le caratteristiche più affascinanti di quegli stivali, ciò che li rende unici, perché sono il miglio acquisto che tu possa fare.

Ma parlavamo di racconto..

Stivali comodi e caldi, materiale riciclato.

oppure:

In una fredda giornata di pioggia vorresti solo indossare delle scarpe comode come pantofole, calde e asciutte come uno stivale di qualità. E passo dopo passo, essere fiera di fare del bene all'ambiente.

È palese quale funzioni di più. Evocare situazioni e sensazioni come accade nel secondo esempio, a differenza di una semplice e fredda descrizione, avvicina il lettore e lo aiuta a riflettere sui propri bisogni.

Qui entra in campo poi uno strumento ben preciso: lo storytelling. Perché raccontare significa sempre in qualche modo creare una storia, lasciare un segno, connettere mondi, idee e immagini per dare al lettore un immaginario ben preciso in cui riconoscersi.

Un buon storytelling e un copywriting consapevole sono due ottimi metodi per attivare il meccanismo di riconoscimento da cui nascono la fiducia verso il brand, la narrazione e quindi la persuasione. Persuadere infatti significa proprio riconoscersi.

Il copywriting persuasivo è creativo

Per mettere in atto il meccanismo di riconoscimento e persuadere, esistono alcune regole e seguirle vuol dire raggiungere i propri obiettivi di comunicazione.

Alcune regole del copywriting persuasivo sono ad esempio scrivere sempre in maniera positiva e quindi evitare qualsiasi "non" e "no". Semplicemente capovolgere ogni affermazione rendendola positiva. Oppure concentrare le informazioni salienti all'inizio e alla fine di un testo poiché solitamente, nella lettura, si usa saltare la parte centrale, o ancora, inserire un invito all'azione esortando le persone a compiere una scelta: le famose call to action che possono essere per esempio "sconti fino al 50%, acquista ora!"

Ma se bastassero queste regole saremmo tutti dei bravissimi copywriting e ottimi venditori, non credi? La questione è un po' più complessa perché quando si scrive un testo si ha a che fare con il magma umano che include gioie, pensieri, emozioni, bisogni specifici di ognuno. Maneggiare questo materiale richiede sensibilità e creatività, altrimenti si finisce per scottarsi!

Ovviamente la scrittura richiede molte regole riguardo al canale di comunicazione, al medium, al target al quale ci riferiamo. Ma le storie, anche quando create in un contesto corporate, per il brand, come primo obiettivo devono creare fiducia. Quando lo storytelling ha come fine ultimo la vendita, deve sempre permettere al cliente di riconoscersi in un sistema di valori più ampio. La scrittura persuasiva è 50% regole e 50% creatività.

If it doesn't sell, it isn't creative.

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Definire la giusta target audience: perché è importante?

Per definire una strategia di comunicazione efficace è necessario stabilire la propria target audience. Target, targettizzare, targetizzazione: parole che sentiamo spesso ma il cui significato e, soprattutto, valore, ci pare scivoloso. Partiamo da una semplice domanda che chi ha un’attività o un negozio prima o poi si pone: a chi mi sto rivolgendo?

Per definire una strategia di comunicazione efficace è necessario stabilire la propria target audience. Target, targettizzare, targetizzazione: parole che sentiamo spesso ma il cui significato e, soprattutto, valore, ci pare scivoloso. Partiamo da una semplice domanda che chi ha un’attività o un negozio prima o poi si pone: a chi mi sto rivolgendo?

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INDICE

Cosa significa definire una target audience

Un piccolo chiarimento prima di proseguire è d'obbligo: con la singola parola target indichiamo (Treccani docet), "l'obiettivo che un'azienda si propone di raggiungere", come per esempio può essere quello di vendere o espandere il mercato.

Quello di cui parliamo noi oggi è definito invece target audience (o target di riferimento) e definisce un gruppo di persone alle quali è rivolto un servizio o un prodotto, e quindi una campagna di comunicazione. Una sorta di contenitore dove siamo inclusi più o meno tutti.

Altrimenti come faremmo a vedere annunci e sponsorizzate dei prodotti che ci servono quando digitiamo su Google e sui social?

Trovare e definire la propria target audience deve essere il primo scopo di ogni attività.

Ok, dirai, ma l'obiettivo primario di un business è vendere, aumentare il fatturato, far piovere oro. Ma la verità è che non basta una danza prodigiosa per scatenare questo acquazzone.

Pensaci un attimo, come fai a vendere se non hai clienti, o potenziali clienti, se insomma non trovi le persone interessate al tuo brand, a chi sei, cosa produci e perché?

Lavori per anni a un prodotto o a un servizio, ci metti tutto te stesso, dai il massimo, vuoi che tutto funzioni. Ti rivolgi a dei professionisti per costruire graficamente la tua brand identity, crei la tua presenza sui social media, usi gli hashtag giusti, partecipi a tutte le challenge, realizzi le tue campagne di comunicazione. Bene. Ce l'hai fatta. Lungo il percorso appena descritto ti sei mai posto la domanda:

A chi sto parlando?

No? Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo: prima di tutto devi conoscere la tua target audience, il tuo pubblico. Cosa ti serve? Fare pace con alcuni semplici concetti.

Cliente ideale vs cliente reale

Un packaging invidiabile, una rivoluzione del settore, una strategia di lancio vincente suoi tuoi canali online. Per quanto popolare e utile la verità è che il tuo prodotto non verrà apprezzato da tutti. Non serve demoralizzarsi, bisogna solo continuare a studiare e cercare il pubblico che fa per te, il tuo cliente ideale.

Toccherà scegliere una porzione ben definita di persone alle quali parlare, non per una questione di esclusione, ma semplicemente per definire una corretta strategia di comunicazione e marketing in base al comportamento della tua target audience. Il prodotto va perciò personalizzato in base alle esigenze del tuo cliente ideale.

Ma come faccio a comprendere le persone della target audience?

Semplice! Prova a chiederti quali sono i suoi problemi e come il tuo prodotto possa essere una soluzione. Poi certo esistono altre metriche che ci aiutano: conoscere passioni, attività, il social maggiormente utilizzato, quello che consumano, e cosa li spinge a utilizzare un servizio ti permette di creare campagne pubblicitarie ad hoc molto più facilmente!

Occhio poi a creare un messaggio che abbia significato per chi ti ascolta o legge: il cliente è pur sempre una persona reale: contenuto, storytelling, tone of voice vanno curati molto bene! Pensaci: scrolliamo tutti la home dei social, cerchiamo tutti dove acquistare un prodotto sul web e ci soffermiamo tutti a leggere post o ad acquistare quei prodotti che in qualche modo ci ispirano fiducia, ci raccontano qualcosa, colpiscono la nostra emotività.

Si parla oggi infatti di approccio H2H, marketing da uomo a uomo: le aziende e i consumatori non sono che persone reali alle quali parlare. La comunicazione si fa dunque pensando alla singola persona, parlando un "linguaggio umano", per cercare di capirne le necessità e trovare risposta ai singoli bisogni in maniera mirata.

INDICE

Cosa significa definire una target audience

Un piccolo chiarimento prima di proseguire è d'obbligo: con la singola parola target indichiamo (Treccani docet), "l'obiettivo che un'azienda si propone di raggiungere", come per esempio può essere quello di vendere o espandere il mercato.

Quello di cui parliamo noi oggi è definito invece target audience (o target di riferimento) e definisce un gruppo di persone alle quali è rivolto un servizio o un prodotto, e quindi una campagna di comunicazione. Una sorta di contenitore dove siamo inclusi più o meno tutti.

Altrimenti come faremmo a vedere annunci e sponsorizzate dei prodotti che ci servono quando digitiamo su Google e sui social?

Trovare e definire la propria target audience deve essere il primo scopo di ogni attività.

Ok, dirai, ma l'obiettivo primario di un business è vendere, aumentare il fatturato, far piovere oro. Ma la verità è che non basta una danza prodigiosa per scatenare questo acquazzone.

Pensaci un attimo, come fai a vendere se non hai clienti, o potenziali clienti, se insomma non trovi le persone interessate al tuo brand, a chi sei, cosa produci e perché?

Lavori per anni a un prodotto o a un servizio, ci metti tutto te stesso, dai il massimo, vuoi che tutto funzioni. Ti rivolgi a dei professionisti per costruire graficamente la tua brand identity, crei la tua presenza sui social media, usi gli hashtag giusti, partecipi a tutte le challenge, realizzi le tue campagne di comunicazione. Bene. Ce l'hai fatta. Lungo il percorso appena descritto ti sei mai posto la domanda:

A chi sto parlando?

No? Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo: prima di tutto devi conoscere la tua target audience, il tuo pubblico. Cosa ti serve? Fare pace con alcuni semplici concetti.

Cliente ideale vs cliente reale

Un packaging invidiabile, una rivoluzione del settore, una strategia di lancio vincente suoi tuoi canali online. Per quanto popolare e utile la verità è che il tuo prodotto non verrà apprezzato da tutti. Non serve demoralizzarsi, bisogna solo continuare a studiare e cercare il pubblico che fa per te, il tuo cliente ideale.

Toccherà scegliere una porzione ben definita di persone alle quali parlare, non per una questione di esclusione, ma semplicemente per definire una corretta strategia di comunicazione e marketing in base al comportamento della tua target audience. Il prodotto va perciò personalizzato in base alle esigenze del tuo cliente ideale.

Ma come faccio a comprendere le persone della target audience?

Semplice! Prova a chiederti quali sono i suoi problemi e come il tuo prodotto possa essere una soluzione. Poi certo esistono altre metriche che ci aiutano: conoscere passioni, attività, il social maggiormente utilizzato, quello che consumano, e cosa li spinge a utilizzare un servizio ti permette di creare campagne pubblicitarie ad hoc molto più facilmente!

Occhio poi a creare un messaggio che abbia significato per chi ti ascolta o legge: il cliente è pur sempre una persona reale: contenuto, storytelling, tone of voice vanno curati molto bene! Pensaci: scrolliamo tutti la home dei social, cerchiamo tutti dove acquistare un prodotto sul web e ci soffermiamo tutti a leggere post o ad acquistare quei prodotti che in qualche modo ci ispirano fiducia, ci raccontano qualcosa, colpiscono la nostra emotività.

Si parla oggi infatti di approccio H2H, marketing da uomo a uomo: le aziende e i consumatori non sono che persone reali alle quali parlare. La comunicazione si fa dunque pensando alla singola persona, parlando un "linguaggio umano", per cercare di capirne le necessità e trovare risposta ai singoli bisogni in maniera mirata.

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Lo storytelling, questo animale multiforme

Raccontare una storia è il mestiere più bello di tutti. Ok, noi siamo di parte. Del resto, comunicare ha a che fare con il raccontare. Come? Ti spieghiamo tutto qui. Vediamo insieme come lo storytelling sia il più grande strumento a disposizione per far conoscere il tuo brand.

Raccontare una storia è il mestiere più bello di tutti. Ok, noi siamo di parte. Del resto, comunicare ha a che fare con il raccontare. Come? Ti spieghiamo tutto qui. Vediamo insieme come lo storytelling sia il più grande strumento a disposizione per far conoscere il tuo brand.

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INDICE

Che cosa significa fare storytelling?

Iniziamo da qui: storytelling. Separiamo le due parole. Story, storia. Telling, raccontare. Quindi lo storytelling è l'arte di raccontare storie. Niente di più semplice. Benissimo. Che cos'è una storia?
Ecco, qui la faccenda diventa un po' più complessa. Ma è necessaria, ci serve per arrivare al punto. Resta con noi, facciamo in fretta.

Semplifichiamo. Una storia, per essere tale, deve contenere una serie di eventi che portano il personaggio a un cambiamento. Il cambiamento richiede azione, quindi vogliamo vedere movimento e vogliamo provare sensazioni dovute a quel movimento. Insomma, deve succedere qualcosa e deve farci sentire in un determinato modo. Gli eventi devono essere significativi.

È tutto? No, ma abbiamo quasi finito. Il percorso narrativo ha due componenti fondamentali: la fabula e l'intreccio. Te li spieghiamo così:

Fabula vs Intreccio

"Il re morì, poi morì la regina." Questa è una fabula, un elenco di fatti.
"Il re morì, poi di dolore morì la regina." Questo è un intreccio, perché i due fatti sono per l'appunto intrecciati. In questo caso da una componente causa-effetto. L'intreccio è la disposizione in cui vengono narrati gli eventi.

Ok, bene. Perché ti stiamo dicendo tutto questo? Perché in questo caso la storia è la tua attività, il tuo brand, ciò che vuoi comunicare.

E noi vogliamo spiegarti come intrecciamo gli elementi, come rendiamo la comunicazione unica, costruita esattamente sugli "eventi" che compongono la tua "fabula".

Lo storytelling: testi, video e immagini

Prima di andare avanti è utile precisare un'ultima cosa. Raccontare storie non passa solo attraverso la scrittura. Anche un video può farlo, anche una singola immagine. Del resto, il mondo visual incarna quello che è il primo pilastro dello storytelling: show, don't tell. Il cervello umano recepisce molto più facilmente le informazioni visive e queste possono avere la stessa potenza emotiva di un racconto o di un copy particolarmente suggestivo. Raccontare è un'arte che può assumere moltissime forme. Basta saperlo fare nel modo giusto.

Lo storytelling per le aziende

Pensa a una grande azienda. La prima che ti viene in mente. Fallo velocemente, metti in gioco il tuo istinto. Spoiler: quello a cui hai appena pensato è ciò che l'azienda ha scelto di dire di sì. Come ha voluto raccontarsi, lo storytelling che ha selezionato per mostrarsi al mondo.

Il più grande segreto dello storytelling aziendale non è comunicare un prodotto o un servizio, ma la storia che c'è dietro. Del resto, le persone si affezionano a questo. Ed è per questo che ti apprezzeranno e sceglieranno.

L'identità di un'azienda è fatta innanzitutto dai perché che la compongono. E sono i perché a fare la differenza in una storia. Abbiamo i fatti, come ti abbiamo mostrato poco fa, ma i fatti non sono abbastanza. Un elenco di eventi non è memorabile. Quello che li unisce lo è.

Facciamo un esempio, che ne dici?
Hai una piccola azienda di prodotti cruelty free. Giochiamo con l'intreccio. Scegliamo da dove partire, come mettere insieme i pezzi di questa storia.

Immaginiamo insieme una comunicazione e partiamo così: abbiamo scelto un packaging senza plastica e un prodotto totalmente naturale. Ok, interessante. Quindi?

Daccapo. Partiamo dicendoti che abbiamo a cuore la sostenibilità, perché il rispetto per il mondo in cui viviamo è il motore del nostro lavoro. Continuiamo spiegandoti che trattare con cura il Pianeta è il nostro valore più grande e per questo abbiamo scelto un packaging senza plastica e un prodotto totalmente naturale. Molto più potente, non credi?

Che cosa abbiamo fatto? Abbiamo giocato con gli elementi della narrazione. Immagina una stanza al buio. Ecco. Noi abbiamo una torcia e l'abbiamo puntata, con una certa logica, sugli oggetti più importanti. Abbiamo fatto ordine, e facendo ordine abbiamo fatto leva sul nostro target.

Ritorniamo allo storytelling: eventi e scelta di come esporli. Tutto qui. È un gesto che contiene in sé una complessità incredibile, ma il talento (e il nostro lavoro) sta proprio nel ridurre questa complessità all'immediatezza. Comunicare è fatto di obiettivi. Gli obiettivi si raggiungono con un mezzo specifico. Quel mezzo, noi, lo modelliamo a nostro piacimento.

Che stile uso per raccontare?

Ok, se sei arrivato fino a qui, vuol dire che oramai sei quasi diventato un drago sullo storytelling! Facciamo l'ultimo esperimento ti va?

Leggiamo insieme queste due scene:

"Alle 12,17 in un autobus della linea S lungo 10 metri, largo 3, alto 3,5, a 3600 metri dal suo capolinea, carico di 48 persone, un individuo umano di sesso maschile, 27 anni, 3 mesi e 8 giorni, alto m 1,62 e pesante 65 chilogrammi, con un cappello (in capo) alto 17 centimetri, la calotta circondata da un nastro di 35 centimetri, interpella un uomo di 48 anni meno tre giorni, altezza 1,68, peso 77 chilogrammi."

"Sulla S, in un'ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino."

Esercizi di stile, di Raymond Queneau (trad. di Umberto Eco)

Che cosa succede qui? Succedono le stesse cose in entrambi i casi (fabula) ma entra in gioco un nuovo elemento: lo stile. Non il modo in cui la storia è costruita (intreccio), ma il modo stesso in cui è raccontata.

La differenza è evidente. E capiamo questo: la stessa scena, le stesse azioni, possono provocare due sensazioni diverse a seconda dello stile usato.

Tutto questo è fondamentale anche nello storytelling aziendale. Useremo un determinato stile se il tuo pubblico sarà più o meno giovane, se il tuo prodotto si presta a un tono più o meno sarcastico, o professionale, o friendly. Possiamo costruire mondi e lo possiamo fare semplicemente raccontando.

Ecco allora che puoi scegliere chi essere agli occhi del tuo pubblico. Puoi decidere cosa raccontare di te e come, in che modo far brillare la tua attività, con quali strumenti, in quale ordine, con quale tono.

Sono strumenti potentissimi, ed è proprio questo a fare la differenza. Il cosa resta fondamentale, appartiene unicamente a te ed è il tuo marchio distintivo. Ma il come gioca il suo ruolo in maniera altrettanto basilare. Ecco. Tu dacci il cosa, al come pensiamo noi.

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Che cosa significa fare storytelling?

Iniziamo da qui: storytelling. Separiamo le due parole. Story, storia. Telling, raccontare. Quindi lo storytelling è l'arte di raccontare storie. Niente di più semplice. Benissimo. Che cos'è una storia?
Ecco, qui la faccenda diventa un po' più complessa. Ma è necessaria, ci serve per arrivare al punto. Resta con noi, facciamo in fretta.

Semplifichiamo. Una storia, per essere tale, deve contenere una serie di eventi che portano il personaggio a un cambiamento. Il cambiamento richiede azione, quindi vogliamo vedere movimento e vogliamo provare sensazioni dovute a quel movimento. Insomma, deve succedere qualcosa e deve farci sentire in un determinato modo. Gli eventi devono essere significativi.

È tutto? No, ma abbiamo quasi finito. Il percorso narrativo ha due componenti fondamentali: la fabula e l'intreccio. Te li spieghiamo così:

Fabula vs Intreccio

"Il re morì, poi morì la regina." Questa è una fabula, un elenco di fatti.
"Il re morì, poi di dolore morì la regina." Questo è un intreccio, perché i due fatti sono per l'appunto intrecciati. In questo caso da una componente causa-effetto. L'intreccio è la disposizione in cui vengono narrati gli eventi.

Ok, bene. Perché ti stiamo dicendo tutto questo? Perché in questo caso la storia è la tua attività, il tuo brand, ciò che vuoi comunicare.

E noi vogliamo spiegarti come intrecciamo gli elementi, come rendiamo la comunicazione unica, costruita esattamente sugli "eventi" che compongono la tua "fabula".

Lo storytelling: testi, video e immagini

Prima di andare avanti è utile precisare un'ultima cosa. Raccontare storie non passa solo attraverso la scrittura. Anche un video può farlo, anche una singola immagine. Del resto, il mondo visual incarna quello che è il primo pilastro dello storytelling: show, don't tell. Il cervello umano recepisce molto più facilmente le informazioni visive e queste possono avere la stessa potenza emotiva di un racconto o di un copy particolarmente suggestivo. Raccontare è un'arte che può assumere moltissime forme. Basta saperlo fare nel modo giusto.

Lo storytelling per le aziende

Pensa a una grande azienda. La prima che ti viene in mente. Fallo velocemente, metti in gioco il tuo istinto. Spoiler: quello a cui hai appena pensato è ciò che l'azienda ha scelto di dire di sì. Come ha voluto raccontarsi, lo storytelling che ha selezionato per mostrarsi al mondo.

Il più grande segreto dello storytelling aziendale non è comunicare un prodotto o un servizio, ma la storia che c'è dietro. Del resto, le persone si affezionano a questo. Ed è per questo che ti apprezzeranno e sceglieranno.

L'identità di un'azienda è fatta innanzitutto dai perché che la compongono. E sono i perché a fare la differenza in una storia. Abbiamo i fatti, come ti abbiamo mostrato poco fa, ma i fatti non sono abbastanza. Un elenco di eventi non è memorabile. Quello che li unisce lo è.

Facciamo un esempio, che ne dici?
Hai una piccola azienda di prodotti cruelty free. Giochiamo con l'intreccio. Scegliamo da dove partire, come mettere insieme i pezzi di questa storia.

Immaginiamo insieme una comunicazione e partiamo così: abbiamo scelto un packaging senza plastica e un prodotto totalmente naturale. Ok, interessante. Quindi?

Daccapo. Partiamo dicendoti che abbiamo a cuore la sostenibilità, perché il rispetto per il mondo in cui viviamo è il motore del nostro lavoro. Continuiamo spiegandoti che trattare con cura il Pianeta è il nostro valore più grande e per questo abbiamo scelto un packaging senza plastica e un prodotto totalmente naturale. Molto più potente, non credi?

Che cosa abbiamo fatto? Abbiamo giocato con gli elementi della narrazione. Immagina una stanza al buio. Ecco. Noi abbiamo una torcia e l'abbiamo puntata, con una certa logica, sugli oggetti più importanti. Abbiamo fatto ordine, e facendo ordine abbiamo fatto leva sul nostro target.

Ritorniamo allo storytelling: eventi e scelta di come esporli. Tutto qui. È un gesto che contiene in sé una complessità incredibile, ma il talento (e il nostro lavoro) sta proprio nel ridurre questa complessità all'immediatezza. Comunicare è fatto di obiettivi. Gli obiettivi si raggiungono con un mezzo specifico. Quel mezzo, noi, lo modelliamo a nostro piacimento.

Che stile uso per raccontare?

Ok, se sei arrivato fino a qui, vuol dire che oramai sei quasi diventato un drago sullo storytelling! Facciamo l'ultimo esperimento ti va?

Leggiamo insieme queste due scene:

"Alle 12,17 in un autobus della linea S lungo 10 metri, largo 3, alto 3,5, a 3600 metri dal suo capolinea, carico di 48 persone, un individuo umano di sesso maschile, 27 anni, 3 mesi e 8 giorni, alto m 1,62 e pesante 65 chilogrammi, con un cappello (in capo) alto 17 centimetri, la calotta circondata da un nastro di 35 centimetri, interpella un uomo di 48 anni meno tre giorni, altezza 1,68, peso 77 chilogrammi."

"Sulla S, in un'ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino."

Esercizi di stile, di Raymond Queneau (trad. di Umberto Eco)

Che cosa succede qui? Succedono le stesse cose in entrambi i casi (fabula) ma entra in gioco un nuovo elemento: lo stile. Non il modo in cui la storia è costruita (intreccio), ma il modo stesso in cui è raccontata.

La differenza è evidente. E capiamo questo: la stessa scena, le stesse azioni, possono provocare due sensazioni diverse a seconda dello stile usato.

Tutto questo è fondamentale anche nello storytelling aziendale. Useremo un determinato stile se il tuo pubblico sarà più o meno giovane, se il tuo prodotto si presta a un tono più o meno sarcastico, o professionale, o friendly. Possiamo costruire mondi e lo possiamo fare semplicemente raccontando.

Ecco allora che puoi scegliere chi essere agli occhi del tuo pubblico. Puoi decidere cosa raccontare di te e come, in che modo far brillare la tua attività, con quali strumenti, in quale ordine, con quale tono.

Sono strumenti potentissimi, ed è proprio questo a fare la differenza. Il cosa resta fondamentale, appartiene unicamente a te ed è il tuo marchio distintivo. Ma il come gioca il suo ruolo in maniera altrettanto basilare. Ecco. Tu dacci il cosa, al come pensiamo noi.

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Il digital nel 2020: come ci stiamo muovendo?

Che il digital si sia imposto nella nostra quotidianità come strumento primario è ormai evidente. I nostri gesti, il nostro modo di comunicare, le nostre abitudini si sono modificate insieme allo sviluppo del digital e sono davvero pochi gli ambiti in cui questo non risulta essere essenziale. Qui ti restituiamo una panoramica di trends, dati dei consumatori e social media. Cerchiamo di capire insieme come e quanto il digital sia diventato un tassello fondamentale della nostra vita.

Che il digital si sia imposto nella nostra quotidianità come strumento primario è ormai evidente. I nostri gesti, il nostro modo di comunicare, le nostre abitudini si sono modificate insieme allo sviluppo del digital e sono davvero pochi gli ambiti in cui questo non risulta essere essenziale. Qui ti restituiamo una panoramica di trends, dati dei consumatori e social media. Cerchiamo di capire insieme come e quanto il digital sia diventato un tassello fondamentale della nostra vita.

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INDICE

Digital 2020, Report Annuale

Avventurarsi nello studio e nell'analisi del digital è un'azione complessa e con confini enormi. Del resto, indagare i movimenti del web significa anche ricostruire un quadro sociale, capire come si muovono le persone, quali sono i trends che hanno avuto più impatto sul loro modo di navigare, attraverso quale piattaforma si esprimono e perché. A fare tutto questo, ogni anno, è il report annuale a cura di We Are Social, in collaborazione con Hootsuite.

Il report analizza lo scenario globale del digital, ipotizzando previsioni nell'immediato futuro e ponendo un particolare accento sull'utilizzo dei social media.

Iniziamo da qui: in tutto il mondo sono 4,54 miliardi le persone connesse a Internet. Di queste, 3,8 miliardi utilizzano regolarmente i social media. Animali sociali, potremmo dire. Di sicuro lo siamo virtualmente. Eh sì, perché passiamo sul web in media 6 ore e 43 minuti al giorno, di cui circa il 2,24 sono le ore trascorse sui social media.

Ecco. Da qui, un pensiero preciso e molto chiaro: se vuoi comunicare il tuo brand, far conoscere la tua attività, dare alla tua azienda un affaccio sul mondo, bisogna passare dal web. Un concetto ovvio, forse, ma tutto sta nel farlo nel modo giusto. E questo è il nostro mestiere.

Se sei lì, a chiederti "ma davvero mi serve tutto questo per farmi conoscere?" Beh, per farti conoscere ti servono persone che ti ascoltino, allora bisogna andare lì dove si trovano. E si trovano, per quasi 7 ore al giorno, nel mondo digital.

Sì, sta diventando un po' una giungla: applicazioni come se piovesse, nuovi social con un nuovo modo di raccontare, challenge improbabili e video sempre più strutturati. Ci si può perdere, lo sappiamo, ma è indispensabile. Noi seguiamo i movimenti del nostro pubblico, li assecondiamo. Per questo, abbiamo imparato a muoverci bene in questa giungla. E fidati, ci si diverte anche.

Tutto ciò, forse, non ci stupisce. Il digital è qualcosa che ormai diamo per scontato. Ci stupiamo quando qualcuno non compare sui social, siamo a disagio se smette di funzionare il WiFi. Insomma, è una componente presente, ovvia, a volte indispensabile. Pensaci: quante volte al giorno controlli il tuo profilo social? Oppure, cosa fai se ti serve una ricetta o devi cercare il significato di una parola? Semplice. Si va su Internet.

C'è però un dato che divide in due il globo, dando vita a un vero e proprio digital dividePiù del 40% della popolazione non è connesso al web. Nessuna ricetta da cercare su Google, nessun significato a portata di click. Stiamo parlando dei paesi in via di sviluppo dell'Africa e dell'Asia.
Qui aggiungiamo un dato. Le donne che non hanno accesso a internet sono, a livello mondiale, in numero nettamente superiore agli uomini. Questo ci insegna qualcosa.

Per quanto il mondo digital sia virtuale, qualcosa che esiste solo attraverso i nostri dispositivi elettronici, non è, non è mai stata e non potrà mai diventare una realtà staccata dal mondo concreto. Dalle idee, dalle tradizioni, dal modo di pensare e di vivere in una società. Tutto ciò che siamo, tutto ciò che viviamo è inevitabilmente traslato sul digital. Se i paesi con una cultura più restrittiva sono quelli in cui le donne hanno meno accesso a Internet, ci pare sensato dire che il mondo del web è in gran parte un riflesso di quello concreto. Ed è esattamente per questo che studiandolo possiamo capire molto più di quanto pensiamo circa l'uomo.

I dati nel concreto: app e social network

Entriamo adesso un po' più nel dettaglio e per farlo useremo i dati del Report relativi all'Italia. Siamo in 50 milioni a essere connessi, 35 milioni a usare attivamente i social. I device attraverso cui accedere al web sono 80 milioni. Sì, i numeri di dispositivi smart ha superato quello degli abitanti.

In una giornata in media trascorriamo 6 ore connessi, quasi due ore sui social.
Ma esattamente cosa facciamo quando siamo online? Quali sono le app e i social che usiamo di più?

Al primo posto c'è Youtube: la piattaforma video per eccellenza. Poi WhatsappFacebookInstagramMessengerTwitter e Linkedin. Tra le ultime posizioni c'è anche TikTok, il social nato da pochissimo che sta già spopolando tra i più giovani. In un solo anno si è guadagnato un posto in questa lista, con possibile salita in podio negli anni futuri.

Ai social ci connettiamo per il 98% con dispositivi mobili. Un dato che non ci stupisce, del resto una delle tante forze del digital è proprio quella di averlo a portata di mano. L'immediatezza è un fattore cardine: avere la possibilità di condividere in un attimo la propria vita, connettersi col mondo, diffondere la parte di noi stessi che vogliamo diventi pubblica, apprezzabile, cliccabile.

Possiamo notare, osservando soprattutto quel primo posto di YouTube, che non si tratta unicamente di condivisione. Il digital ci tiene incollati allo schermo anche per l'intrattenimento. Ci dà la possibilità di staccare la spina per una data porzione di tempo, di alleggerirci, di incanalare le energie in qualcosa che è semplice assimilare. Ci interessiamo agli youtuber, per esempio, guardiamo la loro vita (nei limiti di quello che scelgono di mostrarci), ci sentiamo in diritto di commentarla, proprio perché su una piattaforma globale, alla portata di tutti. C'è chi esagera, spesso, dimenticandosi che le parole spese sul web hanno lo stesso peso che nella vita reale. Insomma, uno dei lati oscuri.

Il paradosso della privacy

Quando navighiamo o ci iscriviamo a un social network rilasciamo dei dati sensibili. Data di nascita, residenza, vita professionale e scolastica, interessi vari. Una parte di noi finisce nel mondo digital.
Questo argomento delicatissimo è stato ed è sotto i riflettori ormai da anni. (Mai sentito parlare di Cambridge Analytica?)

Fatto sta che tutto ciò non ha impedito agli utenti di continuare a usare social, app, ricerche web e tutto ciò che concerne questo mondo. Riflettiamo un attimo insieme. Prendi in mano il tuo telefono. Cosa c'è lì dentro che parla di te? La risposta non può che essere una: tantissimo. Dalle app mediche al semplice sensore dell'importa digitale. Tutto protetto dalla privacy, certo, tutto costruito e pensato nel rispetto delle persone. Eppure, resta un concetto basilare: ogni persona che si è interfacciata con il digital ha rilasciato informazioni personali. Il risultato?

Il Report ci dice che è aumentato l'interesse degli utenti nelle informative della privacy: due utenti su tre esprimono preoccupazione circa l'utilizzo dei propri dati personali.

Vogliamo però affiancare a questo dato un'ulteriore stima: sempre più utenti scelgono di acquistare dispositivi e tecnologie intelligenti, quali gli assistenti vocali, che per loro stessa natura compiono un gesto "invadente", quello di ascoltarti.

Eccolo qui, allora, il paradosso.

Non importa quanta attenzione poniamo o qual è il grado di preoccupazione. Il digital fa parte di noi, come fosse un'estensione. Ne abbiamo bisogno, lo ricerchiamo e lo usiamo per gran parte delle nostre giornate. Ci racconta di noi più di quanto possiamo immaginare, ne siamo in un qualche modo dipendenti e ha facilitato così tanti aspetti della realtà da risultare indispensabile. È questa la vera rivoluzione digital. E non si tratta semplicemente di uno strumento o di un mezzo. Ha aggiunto al nostro modo di vivere un modo di pensare. Siamo abituati alla velocità delle risposte e all'efficienza nel risolvere i problemi. Diamo per scontato il poter metterci in contatto con il mondo, consideriamo ovvia la possibilità di scoprirne altrettanti con una semplice ricerca in rete.

Abbiamo detto che siamo animali sociali. Ti lasciamo con una riflessione, per quanto, anche questa, sembri contenere un paradosso: e se stessimo diventando, invece, animali digitali?

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Digital 2020, Report Annuale

Avventurarsi nello studio e nell'analisi del digital è un'azione complessa e con confini enormi. Del resto, indagare i movimenti del web significa anche ricostruire un quadro sociale, capire come si muovono le persone, quali sono i trends che hanno avuto più impatto sul loro modo di navigare, attraverso quale piattaforma si esprimono e perché. A fare tutto questo, ogni anno, è il report annuale a cura di We Are Social, in collaborazione con Hootsuite.

Il report analizza lo scenario globale del digital, ipotizzando previsioni nell'immediato futuro e ponendo un particolare accento sull'utilizzo dei social media.

Iniziamo da qui: in tutto il mondo sono 4,54 miliardi le persone connesse a Internet. Di queste, 3,8 miliardi utilizzano regolarmente i social media. Animali sociali, potremmo dire. Di sicuro lo siamo virtualmente. Eh sì, perché passiamo sul web in media 6 ore e 43 minuti al giorno, di cui circa il 2,24 sono le ore trascorse sui social media.

Ecco. Da qui, un pensiero preciso e molto chiaro: se vuoi comunicare il tuo brand, far conoscere la tua attività, dare alla tua azienda un affaccio sul mondo, bisogna passare dal web. Un concetto ovvio, forse, ma tutto sta nel farlo nel modo giusto. E questo è il nostro mestiere.

Se sei lì, a chiederti "ma davvero mi serve tutto questo per farmi conoscere?" Beh, per farti conoscere ti servono persone che ti ascoltino, allora bisogna andare lì dove si trovano. E si trovano, per quasi 7 ore al giorno, nel mondo digital.

Sì, sta diventando un po' una giungla: applicazioni come se piovesse, nuovi social con un nuovo modo di raccontare, challenge improbabili e video sempre più strutturati. Ci si può perdere, lo sappiamo, ma è indispensabile. Noi seguiamo i movimenti del nostro pubblico, li assecondiamo. Per questo, abbiamo imparato a muoverci bene in questa giungla. E fidati, ci si diverte anche.

Tutto ciò, forse, non ci stupisce. Il digital è qualcosa che ormai diamo per scontato. Ci stupiamo quando qualcuno non compare sui social, siamo a disagio se smette di funzionare il WiFi. Insomma, è una componente presente, ovvia, a volte indispensabile. Pensaci: quante volte al giorno controlli il tuo profilo social? Oppure, cosa fai se ti serve una ricetta o devi cercare il significato di una parola? Semplice. Si va su Internet.

C'è però un dato che divide in due il globo, dando vita a un vero e proprio digital dividePiù del 40% della popolazione non è connesso al web. Nessuna ricetta da cercare su Google, nessun significato a portata di click. Stiamo parlando dei paesi in via di sviluppo dell'Africa e dell'Asia.
Qui aggiungiamo un dato. Le donne che non hanno accesso a internet sono, a livello mondiale, in numero nettamente superiore agli uomini. Questo ci insegna qualcosa.

Per quanto il mondo digital sia virtuale, qualcosa che esiste solo attraverso i nostri dispositivi elettronici, non è, non è mai stata e non potrà mai diventare una realtà staccata dal mondo concreto. Dalle idee, dalle tradizioni, dal modo di pensare e di vivere in una società. Tutto ciò che siamo, tutto ciò che viviamo è inevitabilmente traslato sul digital. Se i paesi con una cultura più restrittiva sono quelli in cui le donne hanno meno accesso a Internet, ci pare sensato dire che il mondo del web è in gran parte un riflesso di quello concreto. Ed è esattamente per questo che studiandolo possiamo capire molto più di quanto pensiamo circa l'uomo.

I dati nel concreto: app e social network

Entriamo adesso un po' più nel dettaglio e per farlo useremo i dati del Report relativi all'Italia. Siamo in 50 milioni a essere connessi, 35 milioni a usare attivamente i social. I device attraverso cui accedere al web sono 80 milioni. Sì, i numeri di dispositivi smart ha superato quello degli abitanti.

In una giornata in media trascorriamo 6 ore connessi, quasi due ore sui social.
Ma esattamente cosa facciamo quando siamo online? Quali sono le app e i social che usiamo di più?

Al primo posto c'è Youtube: la piattaforma video per eccellenza. Poi WhatsappFacebookInstagramMessengerTwitter e Linkedin. Tra le ultime posizioni c'è anche TikTok, il social nato da pochissimo che sta già spopolando tra i più giovani. In un solo anno si è guadagnato un posto in questa lista, con possibile salita in podio negli anni futuri.

Ai social ci connettiamo per il 98% con dispositivi mobili. Un dato che non ci stupisce, del resto una delle tante forze del digital è proprio quella di averlo a portata di mano. L'immediatezza è un fattore cardine: avere la possibilità di condividere in un attimo la propria vita, connettersi col mondo, diffondere la parte di noi stessi che vogliamo diventi pubblica, apprezzabile, cliccabile.

Possiamo notare, osservando soprattutto quel primo posto di YouTube, che non si tratta unicamente di condivisione. Il digital ci tiene incollati allo schermo anche per l'intrattenimento. Ci dà la possibilità di staccare la spina per una data porzione di tempo, di alleggerirci, di incanalare le energie in qualcosa che è semplice assimilare. Ci interessiamo agli youtuber, per esempio, guardiamo la loro vita (nei limiti di quello che scelgono di mostrarci), ci sentiamo in diritto di commentarla, proprio perché su una piattaforma globale, alla portata di tutti. C'è chi esagera, spesso, dimenticandosi che le parole spese sul web hanno lo stesso peso che nella vita reale. Insomma, uno dei lati oscuri.

Il paradosso della privacy

Quando navighiamo o ci iscriviamo a un social network rilasciamo dei dati sensibili. Data di nascita, residenza, vita professionale e scolastica, interessi vari. Una parte di noi finisce nel mondo digital.
Questo argomento delicatissimo è stato ed è sotto i riflettori ormai da anni. (Mai sentito parlare di Cambridge Analytica?)

Fatto sta che tutto ciò non ha impedito agli utenti di continuare a usare social, app, ricerche web e tutto ciò che concerne questo mondo. Riflettiamo un attimo insieme. Prendi in mano il tuo telefono. Cosa c'è lì dentro che parla di te? La risposta non può che essere una: tantissimo. Dalle app mediche al semplice sensore dell'importa digitale. Tutto protetto dalla privacy, certo, tutto costruito e pensato nel rispetto delle persone. Eppure, resta un concetto basilare: ogni persona che si è interfacciata con il digital ha rilasciato informazioni personali. Il risultato?

Il Report ci dice che è aumentato l'interesse degli utenti nelle informative della privacy: due utenti su tre esprimono preoccupazione circa l'utilizzo dei propri dati personali.

Vogliamo però affiancare a questo dato un'ulteriore stima: sempre più utenti scelgono di acquistare dispositivi e tecnologie intelligenti, quali gli assistenti vocali, che per loro stessa natura compiono un gesto "invadente", quello di ascoltarti.

Eccolo qui, allora, il paradosso.

Non importa quanta attenzione poniamo o qual è il grado di preoccupazione. Il digital fa parte di noi, come fosse un'estensione. Ne abbiamo bisogno, lo ricerchiamo e lo usiamo per gran parte delle nostre giornate. Ci racconta di noi più di quanto possiamo immaginare, ne siamo in un qualche modo dipendenti e ha facilitato così tanti aspetti della realtà da risultare indispensabile. È questa la vera rivoluzione digital. E non si tratta semplicemente di uno strumento o di un mezzo. Ha aggiunto al nostro modo di vivere un modo di pensare. Siamo abituati alla velocità delle risposte e all'efficienza nel risolvere i problemi. Diamo per scontato il poter metterci in contatto con il mondo, consideriamo ovvia la possibilità di scoprirne altrettanti con una semplice ricerca in rete.

Abbiamo detto che siamo animali sociali. Ti lasciamo con una riflessione, per quanto, anche questa, sembri contenere un paradosso: e se stessimo diventando, invece, animali digitali?

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