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La nascita di YouTube e l’importanza della Video Advertising

Il 23 aprile 2005 accadeva un evento che avrebbe rivoluzionato il mondo del digitale: veniva pubblicato il primo video su una piattaforma nata da qualche mese: YouTube! In questi anni il video ha conquistato proprio tutti diventando il formato più importante, anche nelle campagne di comunicazione. Come siamo arrivati da una breve clip di 18 secondi alla video advertising e come si sponsorizza oggi una campagna video?

Il 23 aprile 2005 accadeva un evento che avrebbe rivoluzionato il mondo del digitale: veniva pubblicato il primo video su una piattaforma nata da qualche mese: YouTube! In questi anni il video ha conquistato proprio tutti diventando il formato più importante, anche nelle campagne di comunicazione. Come siamo arrivati da una breve clip di 18 secondi alla video advertising e come si sponsorizza oggi una campagna video?

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INDICE

All’origine della video advertising: il primo video di YouTube

Quando nasce YouTube? L’idea nasce da tre ragazzi, Chad HurleyJawed Karim e Steve Chen, i quali volevano creare un sistema che permettesse alle persone di mostrare i propri video. La piattaforma viene fondata il 14 febbraio 2005 ma la data storica da ricordare è quella del 23 aprile. Perché?

Ben sedici anni fa Jawed Karim pubblica il primo video della storia su YouTube,“Me at the zoo”, una clip di 18 secondi in cui si vede lo stesso Karim allo zoo di San Diego. Si tratta di un video dal contenuto e dalla qualità dell’immagine molto basse ma si deve considerare che al tempo la piattaforma era in una versione beta.

Il video riveste un’enorme importanza se pensi che circa 545 giorni dopo questa pubblicazione, Google acquista la piattaforma a più di 1,5 milioni di dollari. Si tratta di una vera e propria rivoluzione digitale!

YouTube oggi è il sito web con il maggior tasso di crescita nella sua storia decennale e solo un anno dopo la sua nascita contava 100 milioni di video visualizzati e 65 mila video caricati ogni giorno!

Dopo 16 anni, conta più di 1 miliardo e mezzo di visualizzazioni al mese ed è al secondo posto tra i siti web più visitati al mondo.

L’avvento di YouTube ha sicuramente accelerato il processo che vede il formato immagine e video di fondamentale importanza nel mondo online e della comunicazione. Infatti grazie a YouTube possiamo condividere video su qualsiasi tipo di social e non solo.

L’importanza del video per una campagna marketing efficace

La strategia vincente di YouTube è stata certamente quella di aver messo al centro le persone e i creatori di contenuti. I fondatori infatti hanno sin da subito chiarito di mettere in risalto “gli utenti più importanti del sito”. La piattaforma nata per vedere video è pian piano diventata quindi uno strumento per realizzare i propri video, diffonderli in tutto il mondo e anche per guadagnare. Da qui la crescita dei video e dell’importanza delle immagini in movimento anche nel mondo del marketing e della pubblicità.

Da formato pubblicitario, pian piano quello del video è diventato un vero e proprio linguaggio digitale con cui parlare della propria brand awareness, creare engagement con la target audience giusta.

Con un video possiamo infatti raccontare in maniera diretta e incisiva e grazie al potere evocativo delle immagini in sequenza diamo vita a interi universi emotivi coinvolgendo in pochi secondi lo spettatore nella nostra comunicazione.

Dalle pubblicità commerciali, ai video di intrattenimento come i reel che vediamo su Instagram e Tik Tok, a intere campagne di comunicazione sociale per sensibilizzare, alle challenge: una strategia efficace passa per la video advertising che oggi è necessariamente multipiattaforma.

Come creare una campagna video su YouTube con Google Ads

Sfruttare la pubblicità su YouTube quindi diventa essenziale in una campagna strategica di marketing. Grazie a Google Ads puoi pensare di sponsorizzare i video sulla piattaforma streaming, ma come fare?

Prima di scegliere l'annuncio video che soddisfa i tuoi obiettivi, tieni presente alcune indicazioni per la realizzazione di un video efficace: resta fondamentale catturare lo spettatore nei primi 15 secondi di video. Il periodo di attenzione è infatti molto breve: entro i 10-15 secondi di visualizzazione si decide se continuare a guardare o meno il contenuto.

Una volta realizzato il video bisogna scegliere le modalità d’annuncio da pubblicare. Le più note sono quattro:

  • Annunci in-stream

Sono annunci che troviamo inseriti prima, durante o dopo un video, anche di YouTube. In caso di video ignorabile, che possiamo skippare dopo soli 5 secondi di visualizzazione, è chiaro che i primi secondi richiedono originalità e immagini che colpiscano l’attenzione.

  • Annunci in-discovery

Sono gli annunci che appaiono nei risultati di ricerca di YouTube, nella colonna laterale dei video correlati e sulla homepage di YouTube da mobile. Sono costituiti da un'immagine in miniatura del video con del testo e prevedono sempre un invito a iniziare la riproduzione.

  • Annunci Bumper

Durano 6 secondi e appaiono prima, dopo o durante la visione di un contenuto. Sono molto sfruttati in ambito mobile poiché compaiono all’improvviso e lanciano un servizio o prodotto in maniera diretta e immediata.

  • Annunci Out-stream

Sono un tipo di annuncio creato appositamente per mobile e tablet poiché pensato per favorire l’interazione con il dito e non con il mouse. Infatti compaiono mentre scrolliamo e  vengono riprodotti inizialmente con l'audio disattivato.

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All’origine della video advertising: il primo video di YouTube

Quando nasce YouTube? L’idea nasce da tre ragazzi, Chad HurleyJawed Karim e Steve Chen, i quali volevano creare un sistema che permettesse alle persone di mostrare i propri video. La piattaforma viene fondata il 14 febbraio 2005 ma la data storica da ricordare è quella del 23 aprile. Perché?

Ben sedici anni fa Jawed Karim pubblica il primo video della storia su YouTube,“Me at the zoo”, una clip di 18 secondi in cui si vede lo stesso Karim allo zoo di San Diego. Si tratta di un video dal contenuto e dalla qualità dell’immagine molto basse ma si deve considerare che al tempo la piattaforma era in una versione beta.

Il video riveste un’enorme importanza se pensi che circa 545 giorni dopo questa pubblicazione, Google acquista la piattaforma a più di 1,5 milioni di dollari. Si tratta di una vera e propria rivoluzione digitale!

YouTube oggi è il sito web con il maggior tasso di crescita nella sua storia decennale e solo un anno dopo la sua nascita contava 100 milioni di video visualizzati e 65 mila video caricati ogni giorno!

Dopo 16 anni, conta più di 1 miliardo e mezzo di visualizzazioni al mese ed è al secondo posto tra i siti web più visitati al mondo.

L’avvento di YouTube ha sicuramente accelerato il processo che vede il formato immagine e video di fondamentale importanza nel mondo online e della comunicazione. Infatti grazie a YouTube possiamo condividere video su qualsiasi tipo di social e non solo.

L’importanza del video per una campagna marketing efficace

La strategia vincente di YouTube è stata certamente quella di aver messo al centro le persone e i creatori di contenuti. I fondatori infatti hanno sin da subito chiarito di mettere in risalto “gli utenti più importanti del sito”. La piattaforma nata per vedere video è pian piano diventata quindi uno strumento per realizzare i propri video, diffonderli in tutto il mondo e anche per guadagnare. Da qui la crescita dei video e dell’importanza delle immagini in movimento anche nel mondo del marketing e della pubblicità.

Da formato pubblicitario, pian piano quello del video è diventato un vero e proprio linguaggio digitale con cui parlare della propria brand awareness, creare engagement con la target audience giusta.

Con un video possiamo infatti raccontare in maniera diretta e incisiva e grazie al potere evocativo delle immagini in sequenza diamo vita a interi universi emotivi coinvolgendo in pochi secondi lo spettatore nella nostra comunicazione.

Dalle pubblicità commerciali, ai video di intrattenimento come i reel che vediamo su Instagram e Tik Tok, a intere campagne di comunicazione sociale per sensibilizzare, alle challenge: una strategia efficace passa per la video advertising che oggi è necessariamente multipiattaforma.

Come creare una campagna video su YouTube con Google Ads

Sfruttare la pubblicità su YouTube quindi diventa essenziale in una campagna strategica di marketing. Grazie a Google Ads puoi pensare di sponsorizzare i video sulla piattaforma streaming, ma come fare?

Prima di scegliere l'annuncio video che soddisfa i tuoi obiettivi, tieni presente alcune indicazioni per la realizzazione di un video efficace: resta fondamentale catturare lo spettatore nei primi 15 secondi di video. Il periodo di attenzione è infatti molto breve: entro i 10-15 secondi di visualizzazione si decide se continuare a guardare o meno il contenuto.

Una volta realizzato il video bisogna scegliere le modalità d’annuncio da pubblicare. Le più note sono quattro:

  • Annunci in-stream

Sono annunci che troviamo inseriti prima, durante o dopo un video, anche di YouTube. In caso di video ignorabile, che possiamo skippare dopo soli 5 secondi di visualizzazione, è chiaro che i primi secondi richiedono originalità e immagini che colpiscano l’attenzione.

  • Annunci in-discovery

Sono gli annunci che appaiono nei risultati di ricerca di YouTube, nella colonna laterale dei video correlati e sulla homepage di YouTube da mobile. Sono costituiti da un'immagine in miniatura del video con del testo e prevedono sempre un invito a iniziare la riproduzione.

  • Annunci Bumper

Durano 6 secondi e appaiono prima, dopo o durante la visione di un contenuto. Sono molto sfruttati in ambito mobile poiché compaiono all’improvviso e lanciano un servizio o prodotto in maniera diretta e immediata.

  • Annunci Out-stream

Sono un tipo di annuncio creato appositamente per mobile e tablet poiché pensato per favorire l’interazione con il dito e non con il mouse. Infatti compaiono mentre scrolliamo e  vengono riprodotti inizialmente con l'audio disattivato.

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Guida ai trend social e digital del 2021

Le nuove piattaforme per lo smart working e la didattica a distanza, l’incremento esponenziale degli e-commerce, l’aumento nella produzione del digital content: le abitudini del consumatore sono cambiate. Con quali nuove strategie rispondiamo a queste novità e quali tendenze dobbiamo seguire?

Le nuove piattaforme per lo smart working e la didattica a distanza, l’incremento esponenziale degli e-commerce, l’aumento nella produzione del digital content: le abitudini del consumatore sono cambiate. Con quali nuove strategie rispondiamo a queste novità e quali tendenze dobbiamo seguire?

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INDICE

La tecnologia vicina all'uomo

Come è cambiato il tuo atteggiamento di fronte ai social network e al mondo digitale in generale? Te lo spieghiamo noi.

Oltre a premere l'acceleratore sulla digitalizzazione, la pandemia ha spinto molti brand a fermarsi improvvisamente e a porsi delle domande sulle vecchie logiche prima di ripartire.

Quali valori è giusto comunicare durante una pandemia, come cambiano le esigenze quando da un giorno all'altro ci ritroviamo in lockdown e quali sono le strategie di marketing in grado di rispondere ai nuovi bisogni?

Pian piano abbiamo invertito tutti rotta, abbiamo fermato la corrente per comprendere quale direzione prendere. I risultati sono chiari: crescita degli commerce e dei social commerce, aumento della presenza sui social anche grazie alle dirette, aumento dei servizi di streaming e di gaming.

Secondo il report di DataReportal con Hootsuite e We are Social notiamo che:

  • 346 milioni di utenti hanno iniziato ad utilizzare internet negli ultimi 12 mesi
  • 376 milioni di utenti hanno iniziato ad utilizzare i social media negli ultimi 12 mesi

Ma se queste sono state le risposte degli ultimi mesi, verso quali tendenze ci stiamo muovendo e quali pratiche dobbiamo tenere sott'occhio per la comunicazione e il marketing del 2021?

Social experience

Basti pensare che prima della pandemia erano ancora molte le persone che non aveva mai utilizzato internet, ora invece circa il 60% della popolazione mondiale naviga quotidianamente sul web.

Nello studio della User Experience va quindi tenuto conto che un utente è connesso per circa 6,5 ore al giorno. Questo vuol dire che svolgiamo circa il 40% delle nostre attività online. In Italia invece, trascorriamo online circa 6 ore al giorno.

Un terzo dell'esperienza online sui svolge sui social media, ma sono in crescita anche i contenuti in streaming, l'ascolto di musica tramite diverse piattaforme o l'utilizzo di nuove app.

In sostanza sono cambiati i valori, l'approccio all'informazione, alla notizia e quindi la scelta dei contenuti da leggere, da segnalare e dei brand da seguire è diventata più consapevole.

Ma su quale social trovare i propri utenti? Ovviamente la risposta cambia in base al nostro brand e a quale target ci rivolgiamo. Nella definizione del nostro buyer persona, dobbiamo comprendere quale social media è più adatto, anche in base ai dati demografici. Non è sempre detto, ma è più probabile per esempio trovare su Tik Tok un millenial o un utente della generazione Z piuttosto che un baby boomer.

Marketing trend

Nel suo Report Global Marketing Trends 2021, Deloitte Insight analizza poi i nuovi bisogni e fornisce delle indicazioni sulle strategie da utilizzare. Individua, nello specifico, 7 marketing trend:

  • AGILITY: la flessibilità e la capacità di comprendere i cambiamenti in real time sarà fondamentale nel futuro. Prestare molta attenzione ai feedback dei propri utenti per realizzare un'esperienza di navigazione su misura e intervenire sui punti critici. Capire quindi anche quando è il caso di cambiare rotta, rinnovarsi, anche dal punto di vista grafico, per esempio con un rebranding.
  • FUSION: Stringere nuove partnership commerciali per rispondere in maniera performante alle esigenze dell'utente.
  • TRUST: Una comunicazione chiara e leale, una gestione trasparente dei dati, uno storytelling dei propri valori: l'utente ora vuole potersi fidare.
  • PURPOSE: La fiducia si costruisce intorno ad un brand che sa chi è e quali sono i propri obiettivi. Avere una vision chiara significa poter rispondere a qualsiasi incertezza.
  • HUMAN EXPERIENCE: Nella strategia di comunicazione l'empatia fa da padrona: l'obiettivo deve essere instaurare delle connessioni autentiche.
  • PARTICIPATION: La vicinanza al brand si tradurrà in coinvolgimento degli utenti grazie ai contenuti social, alle recensioni e alla partecipazione alle conversazioni.
  • TALENT: Investire sulle capacità digitali del proprio team è il punto di partenza per il successo di un'azienda. Il talento diventa centrale nella struttura aziendale e aiuta a sviluppare nuovi modelli di team management.

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La tecnologia vicina all'uomo

Come è cambiato il tuo atteggiamento di fronte ai social network e al mondo digitale in generale? Te lo spieghiamo noi.

Oltre a premere l'acceleratore sulla digitalizzazione, la pandemia ha spinto molti brand a fermarsi improvvisamente e a porsi delle domande sulle vecchie logiche prima di ripartire.

Quali valori è giusto comunicare durante una pandemia, come cambiano le esigenze quando da un giorno all'altro ci ritroviamo in lockdown e quali sono le strategie di marketing in grado di rispondere ai nuovi bisogni?

Pian piano abbiamo invertito tutti rotta, abbiamo fermato la corrente per comprendere quale direzione prendere. I risultati sono chiari: crescita degli commerce e dei social commerce, aumento della presenza sui social anche grazie alle dirette, aumento dei servizi di streaming e di gaming.

Secondo il report di DataReportal con Hootsuite e We are Social notiamo che:

  • 346 milioni di utenti hanno iniziato ad utilizzare internet negli ultimi 12 mesi
  • 376 milioni di utenti hanno iniziato ad utilizzare i social media negli ultimi 12 mesi

Ma se queste sono state le risposte degli ultimi mesi, verso quali tendenze ci stiamo muovendo e quali pratiche dobbiamo tenere sott'occhio per la comunicazione e il marketing del 2021?

Social experience

Basti pensare che prima della pandemia erano ancora molte le persone che non aveva mai utilizzato internet, ora invece circa il 60% della popolazione mondiale naviga quotidianamente sul web.

Nello studio della User Experience va quindi tenuto conto che un utente è connesso per circa 6,5 ore al giorno. Questo vuol dire che svolgiamo circa il 40% delle nostre attività online. In Italia invece, trascorriamo online circa 6 ore al giorno.

Un terzo dell'esperienza online sui svolge sui social media, ma sono in crescita anche i contenuti in streaming, l'ascolto di musica tramite diverse piattaforme o l'utilizzo di nuove app.

In sostanza sono cambiati i valori, l'approccio all'informazione, alla notizia e quindi la scelta dei contenuti da leggere, da segnalare e dei brand da seguire è diventata più consapevole.

Ma su quale social trovare i propri utenti? Ovviamente la risposta cambia in base al nostro brand e a quale target ci rivolgiamo. Nella definizione del nostro buyer persona, dobbiamo comprendere quale social media è più adatto, anche in base ai dati demografici. Non è sempre detto, ma è più probabile per esempio trovare su Tik Tok un millenial o un utente della generazione Z piuttosto che un baby boomer.

Marketing trend

Nel suo Report Global Marketing Trends 2021, Deloitte Insight analizza poi i nuovi bisogni e fornisce delle indicazioni sulle strategie da utilizzare. Individua, nello specifico, 7 marketing trend:

  • AGILITY: la flessibilità e la capacità di comprendere i cambiamenti in real time sarà fondamentale nel futuro. Prestare molta attenzione ai feedback dei propri utenti per realizzare un'esperienza di navigazione su misura e intervenire sui punti critici. Capire quindi anche quando è il caso di cambiare rotta, rinnovarsi, anche dal punto di vista grafico, per esempio con un rebranding.
  • FUSION: Stringere nuove partnership commerciali per rispondere in maniera performante alle esigenze dell'utente.
  • TRUST: Una comunicazione chiara e leale, una gestione trasparente dei dati, uno storytelling dei propri valori: l'utente ora vuole potersi fidare.
  • PURPOSE: La fiducia si costruisce intorno ad un brand che sa chi è e quali sono i propri obiettivi. Avere una vision chiara significa poter rispondere a qualsiasi incertezza.
  • HUMAN EXPERIENCE: Nella strategia di comunicazione l'empatia fa da padrona: l'obiettivo deve essere instaurare delle connessioni autentiche.
  • PARTICIPATION: La vicinanza al brand si tradurrà in coinvolgimento degli utenti grazie ai contenuti social, alle recensioni e alla partecipazione alle conversazioni.
  • TALENT: Investire sulle capacità digitali del proprio team è il punto di partenza per il successo di un'azienda. Il talento diventa centrale nella struttura aziendale e aiuta a sviluppare nuovi modelli di team management.

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Social commerce: il futuro delle vendite è sui social

Questo ultimo anno ci ha visti correre sempre più veloci, costretti a spingere l’acceleratore sulla trasformazione digitale e ad adattarci a nuove necessità. Abbiamo visto e vedremo nascere sempre più e-commerce e vetrine online: luogo dove ormai avviene la maggior parte dell’attività di retail. Abbiamo quindi modo di pensare che, dopo l’e-commerce, il futuro delle vendite sarà sui social?

Questo ultimo anno ci ha visti correre sempre più veloci, costretti a spingere l’acceleratore sulla trasformazione digitale e ad adattarci a nuove necessità. Abbiamo visto e vedremo nascere sempre più e-commerce e vetrine online: luogo dove ormai avviene la maggior parte dell’attività di retail. Abbiamo quindi modo di pensare che, dopo l’e-commerce, il futuro delle vendite sarà sui social?

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INDICE

Le nuove sfide del retail

Stiamo attraversando un periodo che ancora una volta ci impone di fermarci a riflettere su dove stiamo andando e come. Guardiamoci intorno: molte vetrine stanno cambiando e le saracinesche si abbassano mutando la conformazione urbanistica delle città che viviamo. La conseguenza è un cambiamento nel modo di vivere la città e quindi un cambiamento nel modo di vivere gli acquisti.

I margini di guadagno diminuiscono e catturare e fidelizzare un cliente diviene sempre più difficile. Avere una buona strategia digitale di successo, costruire la propria presenza online, aprire un e-commerce sono oggi opportunità reali per ogni commerciante di comunicare ai propri clienti, far conoscere il proprio marchio e alimentare l'interesse verso i propri prodotti o servizi.

Tutte le piccole imprese devono osservare il comportamento del consumatore, e adattare la propria strategia: costruire la propria customer journey modulandola sui diversi canali. Prima di tutto è importante identificare il proprio target audience e poi accompagnare il consumatore verso la conversione, tramite una strategia omnicanale.

Cosa intendiamo con strategia omnicanale

Come aveva precedentemente annunciato Mark Zuckerberg, solo qualche mese fa sono nate Instagram Shop e Facebook Shop, funzioni che permettono di creare un e-commerce nativo sui social.

Si tratta insomma di un'esperienza d'acquisto priva di interruzioni: i clienti o futuri tali scoprono i prodotti tramite sponsorizzate, annunci, post o stories, accedono allo shop in maniera facile e senza uscire dall'app e completano l'acquisto sul sito web aumentando il traffico sul sito web.

Insomma le parole d'ordine sono comodità, facilità e zero spreco di tempo.

Qui è necessaria però una pausa di riflessione. Se cambiano i mezzi, le vetrine, devono cambiare anche le strategie, è chiaro. E qui entra in gioco la strategia omnicanale, che lavora appunto su tutti i canali a disposizione per il retail, compresi i social.

Grazie ai social puoi arrivare direttamente al tuo target di riferimento, senza più dover essere trovato. I social, insieme all'e-commerce aiutano a comprendere i bisogni dei clienti, costruire la loro customer Journey e quindi aumentare le vendite.

Prima di fare questo servono però tutti gli strumenti di digital marketing per costruire la propria presenza online e la propria brand awareness: annunci sui motori di ricerca, campagne di comunicazione e di sensibilizzazione sui social network, campagne commerciali online e offline, presenza sul web con un sito responsive.

Il fattore umano e l'importanza delle relazioni

Studiare tutte le opportunità che nuovi strumenti come Instagram Shop e Facebook Shop offrono è sicuramente giusto per ogni tipo di impresa, ma ci sono tanti casi su cui riflettere a fondo. Pensiamo per esempio a due situazioni come pianificare le vendite in base ai grandi sconti, oppure allo shopping dell'ultimo minuto:

  • I social possono aiutare quando si pianificano strategie in occasione per esempio del Black Friday e del Cyber Monday e per anticipare i bisogni dei consumatori arrivando preparati al Natale, ma sicuramente è utile una strategia più ampia, in grado di prevedere le azioni di altri competitor, grandi o piccoli che siano.
  • Investire maggiormente nell'e-commerce e nello shopping online vuol dire anche non dimenticare totalmente l'esperienza in-store. È giusto pensare a come agevolare il consumatore e facilitare lo shopping dell'ultimo minuto con il BOPIS (Buy Online, Pick-up in Store).

Il retail è stato completamente rivoluzionato dalla tecnologia digitale e continuerà a mutare ancora, ma tutta l'innovazione senza il fattore più importante, e cioè quello umano, è praticamente inutile. La cultura principale deve rimanere sempre quella incentrata sul cliente, sulla relazione che stringiamo con i consumatori.

Se il futuro del retail è davvero sui social significa che saremo in grado di costruire rapporti di qualità, qualsiasi mezzo utilizziamo.

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Le nuove sfide del retail

Stiamo attraversando un periodo che ancora una volta ci impone di fermarci a riflettere su dove stiamo andando e come. Guardiamoci intorno: molte vetrine stanno cambiando e le saracinesche si abbassano mutando la conformazione urbanistica delle città che viviamo. La conseguenza è un cambiamento nel modo di vivere la città e quindi un cambiamento nel modo di vivere gli acquisti.

I margini di guadagno diminuiscono e catturare e fidelizzare un cliente diviene sempre più difficile. Avere una buona strategia digitale di successo, costruire la propria presenza online, aprire un e-commerce sono oggi opportunità reali per ogni commerciante di comunicare ai propri clienti, far conoscere il proprio marchio e alimentare l'interesse verso i propri prodotti o servizi.

Tutte le piccole imprese devono osservare il comportamento del consumatore, e adattare la propria strategia: costruire la propria customer journey modulandola sui diversi canali. Prima di tutto è importante identificare il proprio target audience e poi accompagnare il consumatore verso la conversione, tramite una strategia omnicanale.

Cosa intendiamo con strategia omnicanale

Come aveva precedentemente annunciato Mark Zuckerberg, solo qualche mese fa sono nate Instagram Shop e Facebook Shop, funzioni che permettono di creare un e-commerce nativo sui social.

Si tratta insomma di un'esperienza d'acquisto priva di interruzioni: i clienti o futuri tali scoprono i prodotti tramite sponsorizzate, annunci, post o stories, accedono allo shop in maniera facile e senza uscire dall'app e completano l'acquisto sul sito web aumentando il traffico sul sito web.

Insomma le parole d'ordine sono comodità, facilità e zero spreco di tempo.

Qui è necessaria però una pausa di riflessione. Se cambiano i mezzi, le vetrine, devono cambiare anche le strategie, è chiaro. E qui entra in gioco la strategia omnicanale, che lavora appunto su tutti i canali a disposizione per il retail, compresi i social.

Grazie ai social puoi arrivare direttamente al tuo target di riferimento, senza più dover essere trovato. I social, insieme all'e-commerce aiutano a comprendere i bisogni dei clienti, costruire la loro customer Journey e quindi aumentare le vendite.

Prima di fare questo servono però tutti gli strumenti di digital marketing per costruire la propria presenza online e la propria brand awareness: annunci sui motori di ricerca, campagne di comunicazione e di sensibilizzazione sui social network, campagne commerciali online e offline, presenza sul web con un sito responsive.

Il fattore umano e l'importanza delle relazioni

Studiare tutte le opportunità che nuovi strumenti come Instagram Shop e Facebook Shop offrono è sicuramente giusto per ogni tipo di impresa, ma ci sono tanti casi su cui riflettere a fondo. Pensiamo per esempio a due situazioni come pianificare le vendite in base ai grandi sconti, oppure allo shopping dell'ultimo minuto:

  • I social possono aiutare quando si pianificano strategie in occasione per esempio del Black Friday e del Cyber Monday e per anticipare i bisogni dei consumatori arrivando preparati al Natale, ma sicuramente è utile una strategia più ampia, in grado di prevedere le azioni di altri competitor, grandi o piccoli che siano.
  • Investire maggiormente nell'e-commerce e nello shopping online vuol dire anche non dimenticare totalmente l'esperienza in-store. È giusto pensare a come agevolare il consumatore e facilitare lo shopping dell'ultimo minuto con il BOPIS (Buy Online, Pick-up in Store).

Il retail è stato completamente rivoluzionato dalla tecnologia digitale e continuerà a mutare ancora, ma tutta l'innovazione senza il fattore più importante, e cioè quello umano, è praticamente inutile. La cultura principale deve rimanere sempre quella incentrata sul cliente, sulla relazione che stringiamo con i consumatori.

Se il futuro del retail è davvero sui social significa che saremo in grado di costruire rapporti di qualità, qualsiasi mezzo utilizziamo.

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post it con parole real fake post

Che significa segnalare un contenuto e quando farlo

Ogni giorno milioni di nuovi contenuti popolano il web. E non importa se copiati, falsi, complottisti, discriminanti: se superano le norme di pubblicazione e condivisione rischiano di diventare virali. Notizie prive di fondamento diventano così fake news, sfide sui social possono sfociare in challenge pericolose. Qual è la nostra responsabilità, e come, provando a segnalare questi contenuti possiamo contribuire ad una nuova educazione digitale.

Ogni giorno milioni di nuovi contenuti popolano il web. E non importa se copiati, falsi, complottisti, discriminanti: se superano le norme di pubblicazione e condivisione rischiano di diventare virali. Notizie prive di fondamento diventano così fake news, sfide sui social possono sfociare in challenge pericolose. Qual è la nostra responsabilità, e come, provando a segnalare questi contenuti possiamo contribuire ad una nuova educazione digitale.

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Orientarsi nel mondo delle fake news

Negli ultimi mesi ne abbiamo viste di ogni: tutta una serie di fenomeni virali legati al COVID-19 ha popolato il web. Sono spuntate notizie false su probabili vaccini o sull'origine della pandemia, fantasiose teorie di complotto, cospirazioni contro il sistema hanno invaso qualsiasi canale, persino whatsapp.

Per non parlare dei contenuti non aggiornati ma ricondivisi come news: piccoli errori che non fanno male a nessuno se non, magari, all'umore. Scherzi che possono creare però anche grandi conseguenze, arrivare sui nostri smartphone e scatenare il panico, diffondersi come fake news capaci anche di manipolare la realtà.

Tutti sono corsi ai ripari: Twitter negli scorsi mesi ha eliminato i contenuti che promuovevano cure false o negavano le fonti ufficiali, Facebook ha creato una sezione dedicata alla raccolta di informazioni ufficiali, Whatsapp ha inserito tempo fa la crittografia. I sistemi di sorveglianza però non bastano da soli a gestire la situazione perché hanno bisogno del supporto di ognuno di noi.

Come possiamo fare la nostra parte? Segnalare un contenuto può essere un buon inizio.

Quando è giusto segnalare un contenuto?

Quando ci troviamo di fronte a contenuti non pertinenti, irritanti, petulanti, offensivi, discriminanti, inappropriati, spam o virus che appaiono contro la nostra volontà, possiamo decidere di segnalare descrivendo nel dettaglio il nostro problema, o meglio, la problematica di quel post o contenuto. È una questione di responsabilità, anche per chi legge e condivide.

In caso di fake news è indispensabile quindi segnalare subito il contenuto come falso oppure nel caso di challenge pericolose non condividerle o emularle. Ne è un esempio il caso della #coronaviruschallenge esplosa su TikTok, dove gli utenti si sfidavano a leccare parti della casa. I portavoce dell'azienda sono presto intervenuti:

La sicurezza e il benessere dei nostri utenti sono una priorità assoluta per TikTok. Non consentiamo contenuti che incoraggiano, promuovono o esaltano sfide pericolose che potrebbero causare lesioni. Inoltre, non consentiamo agli utenti di incoraggiare gli altri a prendere parte ad attività pericolose. Questa tipologia di contenuti è una violazione delle nostre linee guida e continueremo a rimuoverli dalla nostra piattaforma.

Insieme alla denuncia di TikTok verso questo tipo di comportamento, abbiamo il dovere in prima persona di segnalare queste challenge ed evitare la diffusione e così il rischio di emulazione tra le community che facilmente si creano sui social.

Per una nuova educazione digitale

Chi lavora nella creazione di contenuti per vendita, informazione, intrattenimento ha il compito non solo di centrare l'obiettivo di comunicazione ma di farlo utilizzando il linguaggio più appropriato, il Tone of Voice corretto e diffondendo contenuti creati a partire da fonti certe.

La segnalazione è uno strumento che aiuta anche chi crea e condivide a prestare attenzione ai contenuti realizzati e diffusi in rete. Allo stesso tempo però non possiamo usarlo meramente come mezzo per far valere la nostra opinione.

Cosa vuol dire.

Se scrollando i nostri feed non abbiamo piacere di vedere post che ci disturbano o irritano la nostra sensibilità possiamo semplicemente decidere di non vedere più questi contenuti nella nostra home, non seguire più quella pagina, bloccare l'account o anche eliminarlo dalla nostra cerchia di amici o followers. Non c'è nulla di male. Siamo liberi di vedere i contenuti che vogliamo!

L'errore avviene quando decidiamo di segnalare un contenuto semplicemente perché esprime opinioni diverse dalle nostre, o magari perché ironizza e fa satira con parole e argomenti che ci toccano nel profondo, irritandoci. Recependolo quasi come un attacco personale.

A volte è davvero sbagliato e si rischia di limitare la libertà di espressione delle persone, altre è invece giusto inviare dei feedback, indicare degli errori a chi diffonde contenuti con leggerezza.

È parte sempre del nostro senso di responsabilità e di educazione che, nel caso dei social e del digital in generale, sarebbe corretto approfondire come viene fatto in Finlandia dove un programma del governo incoraggia la formazione del pensiero critico online a partire sin dalle scuole elementari.

Insomma quello che la segnalazione sui social ci insegna è smettere di scrollare distratti, o fare swipe sulle storie per inerzia, e di soffermarci invece qualche secondo in più nella lettura, nella condivisione, nella visione di contenuti.

Chiediamoci più spesso "Ne siamo certi? Quale sarà la fonte?" e solo dopo aver trovato la risposta, agiamo, clicchiamo, condividiamo e segnaliamo... forse.

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Orientarsi nel mondo delle fake news

Negli ultimi mesi ne abbiamo viste di ogni: tutta una serie di fenomeni virali legati al COVID-19 ha popolato il web. Sono spuntate notizie false su probabili vaccini o sull'origine della pandemia, fantasiose teorie di complotto, cospirazioni contro il sistema hanno invaso qualsiasi canale, persino whatsapp.

Per non parlare dei contenuti non aggiornati ma ricondivisi come news: piccoli errori che non fanno male a nessuno se non, magari, all'umore. Scherzi che possono creare però anche grandi conseguenze, arrivare sui nostri smartphone e scatenare il panico, diffondersi come fake news capaci anche di manipolare la realtà.

Tutti sono corsi ai ripari: Twitter negli scorsi mesi ha eliminato i contenuti che promuovevano cure false o negavano le fonti ufficiali, Facebook ha creato una sezione dedicata alla raccolta di informazioni ufficiali, Whatsapp ha inserito tempo fa la crittografia. I sistemi di sorveglianza però non bastano da soli a gestire la situazione perché hanno bisogno del supporto di ognuno di noi.

Come possiamo fare la nostra parte? Segnalare un contenuto può essere un buon inizio.

Quando è giusto segnalare un contenuto?

Quando ci troviamo di fronte a contenuti non pertinenti, irritanti, petulanti, offensivi, discriminanti, inappropriati, spam o virus che appaiono contro la nostra volontà, possiamo decidere di segnalare descrivendo nel dettaglio il nostro problema, o meglio, la problematica di quel post o contenuto. È una questione di responsabilità, anche per chi legge e condivide.

In caso di fake news è indispensabile quindi segnalare subito il contenuto come falso oppure nel caso di challenge pericolose non condividerle o emularle. Ne è un esempio il caso della #coronaviruschallenge esplosa su TikTok, dove gli utenti si sfidavano a leccare parti della casa. I portavoce dell'azienda sono presto intervenuti:

La sicurezza e il benessere dei nostri utenti sono una priorità assoluta per TikTok. Non consentiamo contenuti che incoraggiano, promuovono o esaltano sfide pericolose che potrebbero causare lesioni. Inoltre, non consentiamo agli utenti di incoraggiare gli altri a prendere parte ad attività pericolose. Questa tipologia di contenuti è una violazione delle nostre linee guida e continueremo a rimuoverli dalla nostra piattaforma.

Insieme alla denuncia di TikTok verso questo tipo di comportamento, abbiamo il dovere in prima persona di segnalare queste challenge ed evitare la diffusione e così il rischio di emulazione tra le community che facilmente si creano sui social.

Per una nuova educazione digitale

Chi lavora nella creazione di contenuti per vendita, informazione, intrattenimento ha il compito non solo di centrare l'obiettivo di comunicazione ma di farlo utilizzando il linguaggio più appropriato, il Tone of Voice corretto e diffondendo contenuti creati a partire da fonti certe.

La segnalazione è uno strumento che aiuta anche chi crea e condivide a prestare attenzione ai contenuti realizzati e diffusi in rete. Allo stesso tempo però non possiamo usarlo meramente come mezzo per far valere la nostra opinione.

Cosa vuol dire.

Se scrollando i nostri feed non abbiamo piacere di vedere post che ci disturbano o irritano la nostra sensibilità possiamo semplicemente decidere di non vedere più questi contenuti nella nostra home, non seguire più quella pagina, bloccare l'account o anche eliminarlo dalla nostra cerchia di amici o followers. Non c'è nulla di male. Siamo liberi di vedere i contenuti che vogliamo!

L'errore avviene quando decidiamo di segnalare un contenuto semplicemente perché esprime opinioni diverse dalle nostre, o magari perché ironizza e fa satira con parole e argomenti che ci toccano nel profondo, irritandoci. Recependolo quasi come un attacco personale.

A volte è davvero sbagliato e si rischia di limitare la libertà di espressione delle persone, altre è invece giusto inviare dei feedback, indicare degli errori a chi diffonde contenuti con leggerezza.

È parte sempre del nostro senso di responsabilità e di educazione che, nel caso dei social e del digital in generale, sarebbe corretto approfondire come viene fatto in Finlandia dove un programma del governo incoraggia la formazione del pensiero critico online a partire sin dalle scuole elementari.

Insomma quello che la segnalazione sui social ci insegna è smettere di scrollare distratti, o fare swipe sulle storie per inerzia, e di soffermarci invece qualche secondo in più nella lettura, nella condivisione, nella visione di contenuti.

Chiediamoci più spesso "Ne siamo certi? Quale sarà la fonte?" e solo dopo aver trovato la risposta, agiamo, clicchiamo, condividiamo e segnaliamo... forse.

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Definire la giusta target audience: perché è importante?

Per definire una strategia di comunicazione efficace è necessario stabilire la propria target audience. Target, targettizzare, targetizzazione: parole che sentiamo spesso ma il cui significato e, soprattutto, valore, ci pare scivoloso. Partiamo da una semplice domanda che chi ha un’attività o un negozio prima o poi si pone: a chi mi sto rivolgendo?

Per definire una strategia di comunicazione efficace è necessario stabilire la propria target audience. Target, targettizzare, targetizzazione: parole che sentiamo spesso ma il cui significato e, soprattutto, valore, ci pare scivoloso. Partiamo da una semplice domanda che chi ha un’attività o un negozio prima o poi si pone: a chi mi sto rivolgendo?

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Cosa significa definire una target audience

Un piccolo chiarimento prima di proseguire è d'obbligo: con la singola parola target indichiamo (Treccani docet), "l'obiettivo che un'azienda si propone di raggiungere", come per esempio può essere quello di vendere o espandere il mercato.

Quello di cui parliamo noi oggi è definito invece target audience (o target di riferimento) e definisce un gruppo di persone alle quali è rivolto un servizio o un prodotto, e quindi una campagna di comunicazione. Una sorta di contenitore dove siamo inclusi più o meno tutti.

Altrimenti come faremmo a vedere annunci e sponsorizzate dei prodotti che ci servono quando digitiamo su Google e sui social?

Trovare e definire la propria target audience deve essere il primo scopo di ogni attività.

Ok, dirai, ma l'obiettivo primario di un business è vendere, aumentare il fatturato, far piovere oro. Ma la verità è che non basta una danza prodigiosa per scatenare questo acquazzone.

Pensaci un attimo, come fai a vendere se non hai clienti, o potenziali clienti, se insomma non trovi le persone interessate al tuo brand, a chi sei, cosa produci e perché?

Lavori per anni a un prodotto o a un servizio, ci metti tutto te stesso, dai il massimo, vuoi che tutto funzioni. Ti rivolgi a dei professionisti per costruire graficamente la tua brand identity, crei la tua presenza sui social media, usi gli hashtag giusti, partecipi a tutte le challenge, realizzi le tue campagne di comunicazione. Bene. Ce l'hai fatta. Lungo il percorso appena descritto ti sei mai posto la domanda:

A chi sto parlando?

No? Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo: prima di tutto devi conoscere la tua target audience, il tuo pubblico. Cosa ti serve? Fare pace con alcuni semplici concetti.

Cliente ideale vs cliente reale

Un packaging invidiabile, una rivoluzione del settore, una strategia di lancio vincente suoi tuoi canali online. Per quanto popolare e utile la verità è che il tuo prodotto non verrà apprezzato da tutti. Non serve demoralizzarsi, bisogna solo continuare a studiare e cercare il pubblico che fa per te, il tuo cliente ideale.

Toccherà scegliere una porzione ben definita di persone alle quali parlare, non per una questione di esclusione, ma semplicemente per definire una corretta strategia di comunicazione e marketing in base al comportamento della tua target audience. Il prodotto va perciò personalizzato in base alle esigenze del tuo cliente ideale.

Ma come faccio a comprendere le persone della target audience?

Semplice! Prova a chiederti quali sono i suoi problemi e come il tuo prodotto possa essere una soluzione. Poi certo esistono altre metriche che ci aiutano: conoscere passioni, attività, il social maggiormente utilizzato, quello che consumano, e cosa li spinge a utilizzare un servizio ti permette di creare campagne pubblicitarie ad hoc molto più facilmente!

Occhio poi a creare un messaggio che abbia significato per chi ti ascolta o legge: il cliente è pur sempre una persona reale: contenuto, storytelling, tone of voice vanno curati molto bene! Pensaci: scrolliamo tutti la home dei social, cerchiamo tutti dove acquistare un prodotto sul web e ci soffermiamo tutti a leggere post o ad acquistare quei prodotti che in qualche modo ci ispirano fiducia, ci raccontano qualcosa, colpiscono la nostra emotività.

Si parla oggi infatti di approccio H2H, marketing da uomo a uomo: le aziende e i consumatori non sono che persone reali alle quali parlare. La comunicazione si fa dunque pensando alla singola persona, parlando un "linguaggio umano", per cercare di capirne le necessità e trovare risposta ai singoli bisogni in maniera mirata.

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Cosa significa definire una target audience

Un piccolo chiarimento prima di proseguire è d'obbligo: con la singola parola target indichiamo (Treccani docet), "l'obiettivo che un'azienda si propone di raggiungere", come per esempio può essere quello di vendere o espandere il mercato.

Quello di cui parliamo noi oggi è definito invece target audience (o target di riferimento) e definisce un gruppo di persone alle quali è rivolto un servizio o un prodotto, e quindi una campagna di comunicazione. Una sorta di contenitore dove siamo inclusi più o meno tutti.

Altrimenti come faremmo a vedere annunci e sponsorizzate dei prodotti che ci servono quando digitiamo su Google e sui social?

Trovare e definire la propria target audience deve essere il primo scopo di ogni attività.

Ok, dirai, ma l'obiettivo primario di un business è vendere, aumentare il fatturato, far piovere oro. Ma la verità è che non basta una danza prodigiosa per scatenare questo acquazzone.

Pensaci un attimo, come fai a vendere se non hai clienti, o potenziali clienti, se insomma non trovi le persone interessate al tuo brand, a chi sei, cosa produci e perché?

Lavori per anni a un prodotto o a un servizio, ci metti tutto te stesso, dai il massimo, vuoi che tutto funzioni. Ti rivolgi a dei professionisti per costruire graficamente la tua brand identity, crei la tua presenza sui social media, usi gli hashtag giusti, partecipi a tutte le challenge, realizzi le tue campagne di comunicazione. Bene. Ce l'hai fatta. Lungo il percorso appena descritto ti sei mai posto la domanda:

A chi sto parlando?

No? Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo: prima di tutto devi conoscere la tua target audience, il tuo pubblico. Cosa ti serve? Fare pace con alcuni semplici concetti.

Cliente ideale vs cliente reale

Un packaging invidiabile, una rivoluzione del settore, una strategia di lancio vincente suoi tuoi canali online. Per quanto popolare e utile la verità è che il tuo prodotto non verrà apprezzato da tutti. Non serve demoralizzarsi, bisogna solo continuare a studiare e cercare il pubblico che fa per te, il tuo cliente ideale.

Toccherà scegliere una porzione ben definita di persone alle quali parlare, non per una questione di esclusione, ma semplicemente per definire una corretta strategia di comunicazione e marketing in base al comportamento della tua target audience. Il prodotto va perciò personalizzato in base alle esigenze del tuo cliente ideale.

Ma come faccio a comprendere le persone della target audience?

Semplice! Prova a chiederti quali sono i suoi problemi e come il tuo prodotto possa essere una soluzione. Poi certo esistono altre metriche che ci aiutano: conoscere passioni, attività, il social maggiormente utilizzato, quello che consumano, e cosa li spinge a utilizzare un servizio ti permette di creare campagne pubblicitarie ad hoc molto più facilmente!

Occhio poi a creare un messaggio che abbia significato per chi ti ascolta o legge: il cliente è pur sempre una persona reale: contenuto, storytelling, tone of voice vanno curati molto bene! Pensaci: scrolliamo tutti la home dei social, cerchiamo tutti dove acquistare un prodotto sul web e ci soffermiamo tutti a leggere post o ad acquistare quei prodotti che in qualche modo ci ispirano fiducia, ci raccontano qualcosa, colpiscono la nostra emotività.

Si parla oggi infatti di approccio H2H, marketing da uomo a uomo: le aziende e i consumatori non sono che persone reali alle quali parlare. La comunicazione si fa dunque pensando alla singola persona, parlando un "linguaggio umano", per cercare di capirne le necessità e trovare risposta ai singoli bisogni in maniera mirata.

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Come si usano correttamente gli hashtag?

Sono lontani ormai i tempi in cui lo chiamavamo “cancelletto” digitandolo sulla tastiera dei nostri primi cellulari. Oggi è un’etichetta che ci sentiamo obbligati a usare, anche se non sempre lo facciamo con consapevolezza. Quali sono gli hashtag da usare e come facciamo a sapere quali sono i più adatti a farci trovare sui social?

Sono lontani ormai i tempi in cui lo chiamavamo “cancelletto” digitandolo sulla tastiera dei nostri primi cellulari. Oggi è un’etichetta che ci sentiamo obbligati a usare, anche se non sempre lo facciamo con consapevolezza. Quali sono gli hashtag da usare e come facciamo a sapere quali sono i più adatti a farci trovare sui social?

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Etichette che decidono tendenze

Lanciati in rete hanno la capacità di diffondere qualsiasi tipo di notizia in tutto il mondo nel giro di pochissimi secondi: periodicamente vari #RIP colpiscono il personaggio famoso di turno, facendolo credere defunto, #AppleEvent ha scatenato il panico nei giorni scorsi lasciando tutti i fan in attesa di informazioni sui nuovi modelli iPhone, con #iorestoacasa, #metoo, #pridemonth abbiamo abbracciato cause, preso posizioni, ci siamo sensibilizzati rispetto a un tema.

Insomma quello che prima era solo un cancelletto su tastiere e cellulari, col tempo è diventato un elemento onnipresente, in grado di andare oltre la dimensione digitale, un'etichetta carica di significato.

Comparso timidamente per la prima volta nel 2007 su Twitter, dopo molti cinguettii ha conquistato tutti i social, diventando quello che conosciamo oggi.

Sulle piattaforme di foto e video sharing, come Instagram e YouTube, li utilizziamo per descrivere i contenuti. Su Twitter invece gli hashtag servono per stabilire e individuare il topic di una conversazione o identificare un gruppo di persone che vorremmo coinvolgere. Su Tik Tok oltre a far comparire il nostro video tra tutti quelli che contengono lo specifico # e a classificarli, serve a prendere parte alle #challenge.

Fermati per un attimo e pensa: quanti ne digitiamo al giorno e quanti nuovi ne creiamo? Non riesci a contarli, vero?

Se li usiamo così tanto ci sarà un motivo, penserete voi. Gli hashtag sono infatti uno dei migliori modi per aumentare i followers e l'audience sul tuo profilo, lo sappiamo tutti. Usarli nel modo giusto aiutano a esporre il brand (o personal brand) ad un vasto e segmentato pubblico.

Questo però non vuol dire che li usiamo sempre con consapevolezza. Spesso nel nostro modo di pensare prevale il "più ne aggiungo e più possibilità ho di essere trovato". Non funziona proprio così.

Come funzionano gli hashtag

Nati con l'utilità di catalogare, mettere ordine nel mare infinito dei contenuti social, ora ci troviamo ancora più confusi di fronte allo schermo e con troppi hashtag tra cui districarci.

Sai una cosa? La soluzione è nella misura.

Cosa vuol dire. È sbagliato pensare che inserire dieci righe di hashtag ci permetta di emergere nelle ricerche più facilmente. Come è sbagliato pensare che, nell'universo infinito di contenuti, usare gli hashtag sia diventato ormai inutile.

Di certo inutili sono esempi quali:

#Che #Bello #È #arrivata #Estate

#VoglioAndareAMareMaNonHoSuperatoLaProvaCostume

Difficilmente immaginiamo un cliente che, in cerca un prodotto, un tema o un interesse, digiti #che. Allo stesso modo un hashtag così lungo, pieno di parole e complicato da scrivere non ha un obiettivo di comunicazione ben preciso, lo intuiamo tutti. Il segreto sono parole brevi e in grado di esaurire il valore del brand, di comunicarne la brand awareness, parole in linea con il contenuto pubblicato.

Il discorso della misura vale poi anche per la quantità: pensando per esempio a Instagram, è vero che il massimo di hashtag pubblicabili è 30, ma va bene inserirne da 10 a 20, tra popolari e meno popolari, per essere maggiormente incisivi, essere ben catalogati dal social e quindi comparire tra i risultati di quell'hashtag.

Sdoganate queste informazioni ora sappiamo tutti usare gli hashtag correttamente, giusto?

Ok, lo ammettiamo, la verità è che non esistono delle regole ben precise nell'uso degli hashtag, piuttosto delle tendenze o delle norme valide per i singoli casi. Il segreto resta provare, provare e provare, e soprattutto essere coerenti con il contenuto che stiamo proponendo. E poi analizzare i risultati e l'andamento dei nostri post. Come? Magari insieme a dei professionisti in grado di decifrare in maniera corretta i dati e di costruire la tua strategia di comunicazione sui social!

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Etichette che decidono tendenze

Lanciati in rete hanno la capacità di diffondere qualsiasi tipo di notizia in tutto il mondo nel giro di pochissimi secondi: periodicamente vari #RIP colpiscono il personaggio famoso di turno, facendolo credere defunto, #AppleEvent ha scatenato il panico nei giorni scorsi lasciando tutti i fan in attesa di informazioni sui nuovi modelli iPhone, con #iorestoacasa, #metoo, #pridemonth abbiamo abbracciato cause, preso posizioni, ci siamo sensibilizzati rispetto a un tema.

Insomma quello che prima era solo un cancelletto su tastiere e cellulari, col tempo è diventato un elemento onnipresente, in grado di andare oltre la dimensione digitale, un'etichetta carica di significato.

Comparso timidamente per la prima volta nel 2007 su Twitter, dopo molti cinguettii ha conquistato tutti i social, diventando quello che conosciamo oggi.

Sulle piattaforme di foto e video sharing, come Instagram e YouTube, li utilizziamo per descrivere i contenuti. Su Twitter invece gli hashtag servono per stabilire e individuare il topic di una conversazione o identificare un gruppo di persone che vorremmo coinvolgere. Su Tik Tok oltre a far comparire il nostro video tra tutti quelli che contengono lo specifico # e a classificarli, serve a prendere parte alle #challenge.

Fermati per un attimo e pensa: quanti ne digitiamo al giorno e quanti nuovi ne creiamo? Non riesci a contarli, vero?

Se li usiamo così tanto ci sarà un motivo, penserete voi. Gli hashtag sono infatti uno dei migliori modi per aumentare i followers e l'audience sul tuo profilo, lo sappiamo tutti. Usarli nel modo giusto aiutano a esporre il brand (o personal brand) ad un vasto e segmentato pubblico.

Questo però non vuol dire che li usiamo sempre con consapevolezza. Spesso nel nostro modo di pensare prevale il "più ne aggiungo e più possibilità ho di essere trovato". Non funziona proprio così.

Come funzionano gli hashtag

Nati con l'utilità di catalogare, mettere ordine nel mare infinito dei contenuti social, ora ci troviamo ancora più confusi di fronte allo schermo e con troppi hashtag tra cui districarci.

Sai una cosa? La soluzione è nella misura.

Cosa vuol dire. È sbagliato pensare che inserire dieci righe di hashtag ci permetta di emergere nelle ricerche più facilmente. Come è sbagliato pensare che, nell'universo infinito di contenuti, usare gli hashtag sia diventato ormai inutile.

Di certo inutili sono esempi quali:

#Che #Bello #È #arrivata #Estate

#VoglioAndareAMareMaNonHoSuperatoLaProvaCostume

Difficilmente immaginiamo un cliente che, in cerca un prodotto, un tema o un interesse, digiti #che. Allo stesso modo un hashtag così lungo, pieno di parole e complicato da scrivere non ha un obiettivo di comunicazione ben preciso, lo intuiamo tutti. Il segreto sono parole brevi e in grado di esaurire il valore del brand, di comunicarne la brand awareness, parole in linea con il contenuto pubblicato.

Il discorso della misura vale poi anche per la quantità: pensando per esempio a Instagram, è vero che il massimo di hashtag pubblicabili è 30, ma va bene inserirne da 10 a 20, tra popolari e meno popolari, per essere maggiormente incisivi, essere ben catalogati dal social e quindi comparire tra i risultati di quell'hashtag.

Sdoganate queste informazioni ora sappiamo tutti usare gli hashtag correttamente, giusto?

Ok, lo ammettiamo, la verità è che non esistono delle regole ben precise nell'uso degli hashtag, piuttosto delle tendenze o delle norme valide per i singoli casi. Il segreto resta provare, provare e provare, e soprattutto essere coerenti con il contenuto che stiamo proponendo. E poi analizzare i risultati e l'andamento dei nostri post. Come? Magari insieme a dei professionisti in grado di decifrare in maniera corretta i dati e di costruire la tua strategia di comunicazione sui social!

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Le challenge ai tempi dei social network

Che i social network siano parte integrante della nostra vita è ormai notizia ovvia. Che riescano a farci mettere in gioco, superando qualche convinzione e facendoci scoprire nuove prospettive, beh questo è un argomento tutto da esplorare. In questo articolo lo facciamo da un punto di vista ben preciso: le challenge. Cosa sono? E perchè stanno spopolando sul web?

Che i social network siano parte integrante della nostra vita è ormai notizia ovvia. Che riescano a farci mettere in gioco, superando qualche convinzione e facendoci scoprire nuove prospettive, beh questo è un argomento tutto da esplorare. In questo articolo lo facciamo da un punto di vista ben preciso: le challenge. Cosa sono? E perchè stanno spopolando sul web?

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Challenge accepted!

Se una decina di anni fa ti avessero detto che un adolescente avrebbe fatto coming out cantando su un social network, probabilmente avresti avuto un'espressione a metà tra sorpresa e sbigottimento.
Qualcosa di così privato su una piattaforma che per sua natura è totalmente pubblica? Certo! Perché no?

Vivere nel mondo digital ha fatto anche questo: molte barriere sono crollate, i mezzi attraverso cui esprimersi si sono moltiplicati, la libertà di essere sé stessi ha trovato un nuovo palcoscenico e il coraggio di raccontarsi sta sempre di più prendendo piede.

Ma in tutto questo cosa c'entra l'adolescente che fa coming out?
Te lo spieghiamo subito: su TikTok centinaia di ragazzi cantano in playback improvvisandosi video maker e coreografi. Bene. C'è una challange che consiste nel cantare un testo in cui viene esplicitata la propria sessualità, facendo così coming out in pubblico.
La bellezza di tutto questo? Quella di abbattere convenzioni e annullare la vergogna. Riuscire a superare limiti (auto)imposti a favore della propria felicità.

Piuttosto importante, la forza di una semplice challenge sui social! Del resto, la parola challenge significa proprio "sfida". Di per sé questo termine chiama in causa la capacità di andare contro qualcosa per raggiungere un obiettivo. Insomma, il digital a favore della vita vera.

E se questo da solo non basta a spiegare l'impatto di una challenge, te lo spieghiamo in altri termini. Passiamo al mondo della comunicazione, vediamo come e perché seguire questo trend può davvero fare la differenza nell'ottica del sapersi raccontare.

Le challenge e la comunicazione digitale

Se hai bisogno di comunicare un'idea o se vuoi far conoscere al mondo il tuo brand bisogna arrivare alle persone. Qualcosa di scontato dirai, certo. Ma pensaci: quante volte ti fermi davvero a guardare un contenuto? A leggere fino alla fine un post o ad aspettare che un video finisca? Poche, pochissime.

C'è la vita che incalza, giusto? Una pentola che bolle sul fuoco o una conversazione a cui dover partecipare. Tutte cose che spostano la tua attenzione, che la rubano al contenuto appena spuntato sul tuo device. Quindi no, raggiungere le persone non è così semplice.

Ecco allora che le challenge si portano dietro una caratteristica fondamentale: danno la possibilità di interagire. Non è un "io ti dico, tu ascolti" ma è un "dillo insieme a me".

Fare questo non significa solamente ottenere l'attenzione e il tempo delle persone, ma chiedere di investire quel tempo facendoli diventare parti integranti della comunicazione. Autori e destinatari allo stesso tempo. Niente male, bisogna ammetterlo.

Un'altra qualità è l'immediatezza. Niente giri di parole, niente preamboli. Un'azione semplice che va dritta al punto. E quel punto, quell'obiettivo può assumere sembianze diverse a seconda del messaggio che si vuole comunicare. Perché certo, l'intrattenimento e il divertimento restano il punto principale, ma non è detto che si limiti a questo.

Prendiamo ad esempio la Trash challenge che ha una forte impronta ambientalistica. Consiste nel trovare un luogo particolarmente sporco, invaso dai rifiuti, come un bosco o una spiaggia, ripulirlo e postare il prima e il dopo sui social.

Anche noi abbiamo ideato la nostra personalissima challenge, condivisa sul nostro blog Sinonimo di benessere e sui canali social. Si tratta dell'#escapeview challenge, in cui ti invitiamo a fotografare la tua vista dalla finestra. Considerando il periodo di quarantena che stiamo vivendo, questo è un invito a capire che non sei da solo, che ci sono altre persone, dall'altra parte della strada, che stanno combattendo insieme a te.

E sì, anche qui vediamo come il confine tra digital e vita vera sia in realtà molto sottile. Spesso il primo può fungere da strumento per il secondo per creare qualcosa di formidabile. Parte del nostro lavoro sta anche nel fare in modo che questo accada il più possibile.

Adesso rifletti: come puoi usare tutto questo a tuo favore? Vuoi creare una challenge e diffonderla sulle tue pagine social? Capire meglio tutte le sfumature? Non c'è bisogno di farlo da solo, noi siamo qui a disposizione!

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Challenge accepted!

Se una decina di anni fa ti avessero detto che un adolescente avrebbe fatto coming out cantando su un social network, probabilmente avresti avuto un'espressione a metà tra sorpresa e sbigottimento.
Qualcosa di così privato su una piattaforma che per sua natura è totalmente pubblica? Certo! Perché no?

Vivere nel mondo digital ha fatto anche questo: molte barriere sono crollate, i mezzi attraverso cui esprimersi si sono moltiplicati, la libertà di essere sé stessi ha trovato un nuovo palcoscenico e il coraggio di raccontarsi sta sempre di più prendendo piede.

Ma in tutto questo cosa c'entra l'adolescente che fa coming out?
Te lo spieghiamo subito: su TikTok centinaia di ragazzi cantano in playback improvvisandosi video maker e coreografi. Bene. C'è una challange che consiste nel cantare un testo in cui viene esplicitata la propria sessualità, facendo così coming out in pubblico.
La bellezza di tutto questo? Quella di abbattere convenzioni e annullare la vergogna. Riuscire a superare limiti (auto)imposti a favore della propria felicità.

Piuttosto importante, la forza di una semplice challenge sui social! Del resto, la parola challenge significa proprio "sfida". Di per sé questo termine chiama in causa la capacità di andare contro qualcosa per raggiungere un obiettivo. Insomma, il digital a favore della vita vera.

E se questo da solo non basta a spiegare l'impatto di una challenge, te lo spieghiamo in altri termini. Passiamo al mondo della comunicazione, vediamo come e perché seguire questo trend può davvero fare la differenza nell'ottica del sapersi raccontare.

Le challenge e la comunicazione digitale

Se hai bisogno di comunicare un'idea o se vuoi far conoscere al mondo il tuo brand bisogna arrivare alle persone. Qualcosa di scontato dirai, certo. Ma pensaci: quante volte ti fermi davvero a guardare un contenuto? A leggere fino alla fine un post o ad aspettare che un video finisca? Poche, pochissime.

C'è la vita che incalza, giusto? Una pentola che bolle sul fuoco o una conversazione a cui dover partecipare. Tutte cose che spostano la tua attenzione, che la rubano al contenuto appena spuntato sul tuo device. Quindi no, raggiungere le persone non è così semplice.

Ecco allora che le challenge si portano dietro una caratteristica fondamentale: danno la possibilità di interagire. Non è un "io ti dico, tu ascolti" ma è un "dillo insieme a me".

Fare questo non significa solamente ottenere l'attenzione e il tempo delle persone, ma chiedere di investire quel tempo facendoli diventare parti integranti della comunicazione. Autori e destinatari allo stesso tempo. Niente male, bisogna ammetterlo.

Un'altra qualità è l'immediatezza. Niente giri di parole, niente preamboli. Un'azione semplice che va dritta al punto. E quel punto, quell'obiettivo può assumere sembianze diverse a seconda del messaggio che si vuole comunicare. Perché certo, l'intrattenimento e il divertimento restano il punto principale, ma non è detto che si limiti a questo.

Prendiamo ad esempio la Trash challenge che ha una forte impronta ambientalistica. Consiste nel trovare un luogo particolarmente sporco, invaso dai rifiuti, come un bosco o una spiaggia, ripulirlo e postare il prima e il dopo sui social.

Anche noi abbiamo ideato la nostra personalissima challenge, condivisa sul nostro blog Sinonimo di benessere e sui canali social. Si tratta dell'#escapeview challenge, in cui ti invitiamo a fotografare la tua vista dalla finestra. Considerando il periodo di quarantena che stiamo vivendo, questo è un invito a capire che non sei da solo, che ci sono altre persone, dall'altra parte della strada, che stanno combattendo insieme a te.

E sì, anche qui vediamo come il confine tra digital e vita vera sia in realtà molto sottile. Spesso il primo può fungere da strumento per il secondo per creare qualcosa di formidabile. Parte del nostro lavoro sta anche nel fare in modo che questo accada il più possibile.

Adesso rifletti: come puoi usare tutto questo a tuo favore? Vuoi creare una challenge e diffonderla sulle tue pagine social? Capire meglio tutte le sfumature? Non c'è bisogno di farlo da solo, noi siamo qui a disposizione!

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Il digital nel 2020: come ci stiamo muovendo?

Che il digital si sia imposto nella nostra quotidianità come strumento primario è ormai evidente. I nostri gesti, il nostro modo di comunicare, le nostre abitudini si sono modificate insieme allo sviluppo del digital e sono davvero pochi gli ambiti in cui questo non risulta essere essenziale. Qui ti restituiamo una panoramica di trends, dati dei consumatori e social media. Cerchiamo di capire insieme come e quanto il digital sia diventato un tassello fondamentale della nostra vita.

Che il digital si sia imposto nella nostra quotidianità come strumento primario è ormai evidente. I nostri gesti, il nostro modo di comunicare, le nostre abitudini si sono modificate insieme allo sviluppo del digital e sono davvero pochi gli ambiti in cui questo non risulta essere essenziale. Qui ti restituiamo una panoramica di trends, dati dei consumatori e social media. Cerchiamo di capire insieme come e quanto il digital sia diventato un tassello fondamentale della nostra vita.

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Digital 2020, Report Annuale

Avventurarsi nello studio e nell'analisi del digital è un'azione complessa e con confini enormi. Del resto, indagare i movimenti del web significa anche ricostruire un quadro sociale, capire come si muovono le persone, quali sono i trends che hanno avuto più impatto sul loro modo di navigare, attraverso quale piattaforma si esprimono e perché. A fare tutto questo, ogni anno, è il report annuale a cura di We Are Social, in collaborazione con Hootsuite.

Il report analizza lo scenario globale del digital, ipotizzando previsioni nell'immediato futuro e ponendo un particolare accento sull'utilizzo dei social media.

Iniziamo da qui: in tutto il mondo sono 4,54 miliardi le persone connesse a Internet. Di queste, 3,8 miliardi utilizzano regolarmente i social media. Animali sociali, potremmo dire. Di sicuro lo siamo virtualmente. Eh sì, perché passiamo sul web in media 6 ore e 43 minuti al giorno, di cui circa il 2,24 sono le ore trascorse sui social media.

Ecco. Da qui, un pensiero preciso e molto chiaro: se vuoi comunicare il tuo brand, far conoscere la tua attività, dare alla tua azienda un affaccio sul mondo, bisogna passare dal web. Un concetto ovvio, forse, ma tutto sta nel farlo nel modo giusto. E questo è il nostro mestiere.

Se sei lì, a chiederti "ma davvero mi serve tutto questo per farmi conoscere?" Beh, per farti conoscere ti servono persone che ti ascoltino, allora bisogna andare lì dove si trovano. E si trovano, per quasi 7 ore al giorno, nel mondo digital.

Sì, sta diventando un po' una giungla: applicazioni come se piovesse, nuovi social con un nuovo modo di raccontare, challenge improbabili e video sempre più strutturati. Ci si può perdere, lo sappiamo, ma è indispensabile. Noi seguiamo i movimenti del nostro pubblico, li assecondiamo. Per questo, abbiamo imparato a muoverci bene in questa giungla. E fidati, ci si diverte anche.

Tutto ciò, forse, non ci stupisce. Il digital è qualcosa che ormai diamo per scontato. Ci stupiamo quando qualcuno non compare sui social, siamo a disagio se smette di funzionare il WiFi. Insomma, è una componente presente, ovvia, a volte indispensabile. Pensaci: quante volte al giorno controlli il tuo profilo social? Oppure, cosa fai se ti serve una ricetta o devi cercare il significato di una parola? Semplice. Si va su Internet.

C'è però un dato che divide in due il globo, dando vita a un vero e proprio digital dividePiù del 40% della popolazione non è connesso al web. Nessuna ricetta da cercare su Google, nessun significato a portata di click. Stiamo parlando dei paesi in via di sviluppo dell'Africa e dell'Asia.
Qui aggiungiamo un dato. Le donne che non hanno accesso a internet sono, a livello mondiale, in numero nettamente superiore agli uomini. Questo ci insegna qualcosa.

Per quanto il mondo digital sia virtuale, qualcosa che esiste solo attraverso i nostri dispositivi elettronici, non è, non è mai stata e non potrà mai diventare una realtà staccata dal mondo concreto. Dalle idee, dalle tradizioni, dal modo di pensare e di vivere in una società. Tutto ciò che siamo, tutto ciò che viviamo è inevitabilmente traslato sul digital. Se i paesi con una cultura più restrittiva sono quelli in cui le donne hanno meno accesso a Internet, ci pare sensato dire che il mondo del web è in gran parte un riflesso di quello concreto. Ed è esattamente per questo che studiandolo possiamo capire molto più di quanto pensiamo circa l'uomo.

I dati nel concreto: app e social network

Entriamo adesso un po' più nel dettaglio e per farlo useremo i dati del Report relativi all'Italia. Siamo in 50 milioni a essere connessi, 35 milioni a usare attivamente i social. I device attraverso cui accedere al web sono 80 milioni. Sì, i numeri di dispositivi smart ha superato quello degli abitanti.

In una giornata in media trascorriamo 6 ore connessi, quasi due ore sui social.
Ma esattamente cosa facciamo quando siamo online? Quali sono le app e i social che usiamo di più?

Al primo posto c'è Youtube: la piattaforma video per eccellenza. Poi WhatsappFacebookInstagramMessengerTwitter e Linkedin. Tra le ultime posizioni c'è anche TikTok, il social nato da pochissimo che sta già spopolando tra i più giovani. In un solo anno si è guadagnato un posto in questa lista, con possibile salita in podio negli anni futuri.

Ai social ci connettiamo per il 98% con dispositivi mobili. Un dato che non ci stupisce, del resto una delle tante forze del digital è proprio quella di averlo a portata di mano. L'immediatezza è un fattore cardine: avere la possibilità di condividere in un attimo la propria vita, connettersi col mondo, diffondere la parte di noi stessi che vogliamo diventi pubblica, apprezzabile, cliccabile.

Possiamo notare, osservando soprattutto quel primo posto di YouTube, che non si tratta unicamente di condivisione. Il digital ci tiene incollati allo schermo anche per l'intrattenimento. Ci dà la possibilità di staccare la spina per una data porzione di tempo, di alleggerirci, di incanalare le energie in qualcosa che è semplice assimilare. Ci interessiamo agli youtuber, per esempio, guardiamo la loro vita (nei limiti di quello che scelgono di mostrarci), ci sentiamo in diritto di commentarla, proprio perché su una piattaforma globale, alla portata di tutti. C'è chi esagera, spesso, dimenticandosi che le parole spese sul web hanno lo stesso peso che nella vita reale. Insomma, uno dei lati oscuri.

Il paradosso della privacy

Quando navighiamo o ci iscriviamo a un social network rilasciamo dei dati sensibili. Data di nascita, residenza, vita professionale e scolastica, interessi vari. Una parte di noi finisce nel mondo digital.
Questo argomento delicatissimo è stato ed è sotto i riflettori ormai da anni. (Mai sentito parlare di Cambridge Analytica?)

Fatto sta che tutto ciò non ha impedito agli utenti di continuare a usare social, app, ricerche web e tutto ciò che concerne questo mondo. Riflettiamo un attimo insieme. Prendi in mano il tuo telefono. Cosa c'è lì dentro che parla di te? La risposta non può che essere una: tantissimo. Dalle app mediche al semplice sensore dell'importa digitale. Tutto protetto dalla privacy, certo, tutto costruito e pensato nel rispetto delle persone. Eppure, resta un concetto basilare: ogni persona che si è interfacciata con il digital ha rilasciato informazioni personali. Il risultato?

Il Report ci dice che è aumentato l'interesse degli utenti nelle informative della privacy: due utenti su tre esprimono preoccupazione circa l'utilizzo dei propri dati personali.

Vogliamo però affiancare a questo dato un'ulteriore stima: sempre più utenti scelgono di acquistare dispositivi e tecnologie intelligenti, quali gli assistenti vocali, che per loro stessa natura compiono un gesto "invadente", quello di ascoltarti.

Eccolo qui, allora, il paradosso.

Non importa quanta attenzione poniamo o qual è il grado di preoccupazione. Il digital fa parte di noi, come fosse un'estensione. Ne abbiamo bisogno, lo ricerchiamo e lo usiamo per gran parte delle nostre giornate. Ci racconta di noi più di quanto possiamo immaginare, ne siamo in un qualche modo dipendenti e ha facilitato così tanti aspetti della realtà da risultare indispensabile. È questa la vera rivoluzione digital. E non si tratta semplicemente di uno strumento o di un mezzo. Ha aggiunto al nostro modo di vivere un modo di pensare. Siamo abituati alla velocità delle risposte e all'efficienza nel risolvere i problemi. Diamo per scontato il poter metterci in contatto con il mondo, consideriamo ovvia la possibilità di scoprirne altrettanti con una semplice ricerca in rete.

Abbiamo detto che siamo animali sociali. Ti lasciamo con una riflessione, per quanto, anche questa, sembri contenere un paradosso: e se stessimo diventando, invece, animali digitali?

INDICE

Digital 2020, Report Annuale

Avventurarsi nello studio e nell'analisi del digital è un'azione complessa e con confini enormi. Del resto, indagare i movimenti del web significa anche ricostruire un quadro sociale, capire come si muovono le persone, quali sono i trends che hanno avuto più impatto sul loro modo di navigare, attraverso quale piattaforma si esprimono e perché. A fare tutto questo, ogni anno, è il report annuale a cura di We Are Social, in collaborazione con Hootsuite.

Il report analizza lo scenario globale del digital, ipotizzando previsioni nell'immediato futuro e ponendo un particolare accento sull'utilizzo dei social media.

Iniziamo da qui: in tutto il mondo sono 4,54 miliardi le persone connesse a Internet. Di queste, 3,8 miliardi utilizzano regolarmente i social media. Animali sociali, potremmo dire. Di sicuro lo siamo virtualmente. Eh sì, perché passiamo sul web in media 6 ore e 43 minuti al giorno, di cui circa il 2,24 sono le ore trascorse sui social media.

Ecco. Da qui, un pensiero preciso e molto chiaro: se vuoi comunicare il tuo brand, far conoscere la tua attività, dare alla tua azienda un affaccio sul mondo, bisogna passare dal web. Un concetto ovvio, forse, ma tutto sta nel farlo nel modo giusto. E questo è il nostro mestiere.

Se sei lì, a chiederti "ma davvero mi serve tutto questo per farmi conoscere?" Beh, per farti conoscere ti servono persone che ti ascoltino, allora bisogna andare lì dove si trovano. E si trovano, per quasi 7 ore al giorno, nel mondo digital.

Sì, sta diventando un po' una giungla: applicazioni come se piovesse, nuovi social con un nuovo modo di raccontare, challenge improbabili e video sempre più strutturati. Ci si può perdere, lo sappiamo, ma è indispensabile. Noi seguiamo i movimenti del nostro pubblico, li assecondiamo. Per questo, abbiamo imparato a muoverci bene in questa giungla. E fidati, ci si diverte anche.

Tutto ciò, forse, non ci stupisce. Il digital è qualcosa che ormai diamo per scontato. Ci stupiamo quando qualcuno non compare sui social, siamo a disagio se smette di funzionare il WiFi. Insomma, è una componente presente, ovvia, a volte indispensabile. Pensaci: quante volte al giorno controlli il tuo profilo social? Oppure, cosa fai se ti serve una ricetta o devi cercare il significato di una parola? Semplice. Si va su Internet.

C'è però un dato che divide in due il globo, dando vita a un vero e proprio digital dividePiù del 40% della popolazione non è connesso al web. Nessuna ricetta da cercare su Google, nessun significato a portata di click. Stiamo parlando dei paesi in via di sviluppo dell'Africa e dell'Asia.
Qui aggiungiamo un dato. Le donne che non hanno accesso a internet sono, a livello mondiale, in numero nettamente superiore agli uomini. Questo ci insegna qualcosa.

Per quanto il mondo digital sia virtuale, qualcosa che esiste solo attraverso i nostri dispositivi elettronici, non è, non è mai stata e non potrà mai diventare una realtà staccata dal mondo concreto. Dalle idee, dalle tradizioni, dal modo di pensare e di vivere in una società. Tutto ciò che siamo, tutto ciò che viviamo è inevitabilmente traslato sul digital. Se i paesi con una cultura più restrittiva sono quelli in cui le donne hanno meno accesso a Internet, ci pare sensato dire che il mondo del web è in gran parte un riflesso di quello concreto. Ed è esattamente per questo che studiandolo possiamo capire molto più di quanto pensiamo circa l'uomo.

I dati nel concreto: app e social network

Entriamo adesso un po' più nel dettaglio e per farlo useremo i dati del Report relativi all'Italia. Siamo in 50 milioni a essere connessi, 35 milioni a usare attivamente i social. I device attraverso cui accedere al web sono 80 milioni. Sì, i numeri di dispositivi smart ha superato quello degli abitanti.

In una giornata in media trascorriamo 6 ore connessi, quasi due ore sui social.
Ma esattamente cosa facciamo quando siamo online? Quali sono le app e i social che usiamo di più?

Al primo posto c'è Youtube: la piattaforma video per eccellenza. Poi WhatsappFacebookInstagramMessengerTwitter e Linkedin. Tra le ultime posizioni c'è anche TikTok, il social nato da pochissimo che sta già spopolando tra i più giovani. In un solo anno si è guadagnato un posto in questa lista, con possibile salita in podio negli anni futuri.

Ai social ci connettiamo per il 98% con dispositivi mobili. Un dato che non ci stupisce, del resto una delle tante forze del digital è proprio quella di averlo a portata di mano. L'immediatezza è un fattore cardine: avere la possibilità di condividere in un attimo la propria vita, connettersi col mondo, diffondere la parte di noi stessi che vogliamo diventi pubblica, apprezzabile, cliccabile.

Possiamo notare, osservando soprattutto quel primo posto di YouTube, che non si tratta unicamente di condivisione. Il digital ci tiene incollati allo schermo anche per l'intrattenimento. Ci dà la possibilità di staccare la spina per una data porzione di tempo, di alleggerirci, di incanalare le energie in qualcosa che è semplice assimilare. Ci interessiamo agli youtuber, per esempio, guardiamo la loro vita (nei limiti di quello che scelgono di mostrarci), ci sentiamo in diritto di commentarla, proprio perché su una piattaforma globale, alla portata di tutti. C'è chi esagera, spesso, dimenticandosi che le parole spese sul web hanno lo stesso peso che nella vita reale. Insomma, uno dei lati oscuri.

Il paradosso della privacy

Quando navighiamo o ci iscriviamo a un social network rilasciamo dei dati sensibili. Data di nascita, residenza, vita professionale e scolastica, interessi vari. Una parte di noi finisce nel mondo digital.
Questo argomento delicatissimo è stato ed è sotto i riflettori ormai da anni. (Mai sentito parlare di Cambridge Analytica?)

Fatto sta che tutto ciò non ha impedito agli utenti di continuare a usare social, app, ricerche web e tutto ciò che concerne questo mondo. Riflettiamo un attimo insieme. Prendi in mano il tuo telefono. Cosa c'è lì dentro che parla di te? La risposta non può che essere una: tantissimo. Dalle app mediche al semplice sensore dell'importa digitale. Tutto protetto dalla privacy, certo, tutto costruito e pensato nel rispetto delle persone. Eppure, resta un concetto basilare: ogni persona che si è interfacciata con il digital ha rilasciato informazioni personali. Il risultato?

Il Report ci dice che è aumentato l'interesse degli utenti nelle informative della privacy: due utenti su tre esprimono preoccupazione circa l'utilizzo dei propri dati personali.

Vogliamo però affiancare a questo dato un'ulteriore stima: sempre più utenti scelgono di acquistare dispositivi e tecnologie intelligenti, quali gli assistenti vocali, che per loro stessa natura compiono un gesto "invadente", quello di ascoltarti.

Eccolo qui, allora, il paradosso.

Non importa quanta attenzione poniamo o qual è il grado di preoccupazione. Il digital fa parte di noi, come fosse un'estensione. Ne abbiamo bisogno, lo ricerchiamo e lo usiamo per gran parte delle nostre giornate. Ci racconta di noi più di quanto possiamo immaginare, ne siamo in un qualche modo dipendenti e ha facilitato così tanti aspetti della realtà da risultare indispensabile. È questa la vera rivoluzione digital. E non si tratta semplicemente di uno strumento o di un mezzo. Ha aggiunto al nostro modo di vivere un modo di pensare. Siamo abituati alla velocità delle risposte e all'efficienza nel risolvere i problemi. Diamo per scontato il poter metterci in contatto con il mondo, consideriamo ovvia la possibilità di scoprirne altrettanti con una semplice ricerca in rete.

Abbiamo detto che siamo animali sociali. Ti lasciamo con una riflessione, per quanto, anche questa, sembri contenere un paradosso: e se stessimo diventando, invece, animali digitali?

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TikTok e il nuovo modo di fare comunicazione digitale per i Brand

Si è imposto nel giro di tre anni come social alternativo, sfacciato e poliedrico. TikTok è il nuovo ritrovo dell’adolescenza online, una porta digital appena aperta ma già virale. Tra challenge, mini sketch e Giorgia Meloni che canta “genitore 1, genitore 2” vediamo come TikTok ha conquistato il web.

Si è imposto nel giro di tre anni come social alternativo, sfacciato e poliedrico. TikTok è il nuovo ritrovo dell’adolescenza online, una porta digital appena aperta ma già virale. Tra challenge, mini sketch e Giorgia Meloni che canta “genitore 1, genitore 2” vediamo come TikTok ha conquistato il web.

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INDICE

TikTok e la nuova frontiera dei social

Prendi il tuo telefono e improvvisati regista, sceneggiatore e videomaker. No, non è uno scherzo e nel giro di qualche giorno ti sembrerà la cosa più semplice del mondo. TikTok fa esattamente questo: in maniera veloce e intuitiva ti guida passo passo nella realizzazione di mini video, con effetti speciali e montaggi particolarmente creativi.

Ecco allora che puoi fermare il tempo, cambiarti d'abito in un lampo, creare compilation di famosi che parlano e si muovono come meglio preferisci, immaginare una storyline per il tuo animale domestico, partecipare a challenge e crearti il tuo piccolo, variopinto mondo di contenuti.

"Make Every Second Count". È questo il motto di TikTok. Un video ha infatti la durata di una manciata di secondi.

Tutto qui, ma è quello che basta per costruire una comunità di creativi, di utenti pronti a mettersi in gioco.

TikTok ha infatti saputo dare gli strumenti giusti al pubblico giusto: i teenagers. Persone che fanno della condivisione e della collettività un punto di riferimento fortissimo considerando l'età e le tendenze sociali. Del resto, sono proprio quelli gli anni del volersi mostrare e della curiosità senza freni, dei confronti con i coetanei e della voglia di rivendicare un proprio "io", una propria specifica peculiarità.

Farlo attraverso un video, scegliendo modalità e composizione, è una scelta d'impatto che permette di trovare facilmente una propria voce, per poi tradurla in immagini e costruire una storia a tutti gli effetti.

La comunicazione ai tempi di TikTok

In quanto comunicatori, il nostro compito è innanzitutto quello di guardarci intorno, di capire persone e trends per poi "riportare tutto all'ovile". Che cosa significa?

Significa raccogliere il più possibile di ciò che smuove le persone, analizzarlo e cercare il modo giusto di renderlo funzionale.

Il tormentone di TikTok fa parte di un filone nuovo, rappresenta una trasformazione e ci ricorda che il digital è un animale sempre in movimento, che si modifica e cambia forma giorno dopo giorno. Noi dobbiamo stargli dietro.
È un po' come andare in esplorazione e rendersi conto che c'è molto altro, là fuori, rispetto a quello che credevamo e a cui eravamo abituati.

Comunicare vuol dire anche adattarsi, saper seguire e allo stesso tempo farsi seguire, trovare la lingua giusta e decifrarne altre che sembrano ancora sconosciute.

TikTok può allora diventare un'arma a nostro favore. Soprattutto per due motivi: è diretto e si porta dietro il pubblico che nell'età del digital ci è nato.
Partiamo dal primo. La modalità stessa dei video è strettamente legata al concetto di comunicazione. Perché? Perché dice tutto e lo dice subito. Niente giri di parole, niente attese confuse. Pochi secondi per andare dritti al punto. È così che funziona anche il nostro mestiere, quello della comunicazione digitale, giusto? Corretto. Essere diretti senza perdere l'empatia, farci capire immediatamente senza ridurre tutto a una mera descrizione.

In secondo luogo, il pubblico. Ci ritroviamo davanti persone che questa lingua l'ascoltano e la parlano fin da piccoli. Abbiamo l'opportunità di spaziare, di reinventarci e di offrire qualcosa di originale a qualcuno che sa esattamente in quale mondo ci stiamo muovendo. Questo, però, significa anche dover fronteggiare una sfida. Essere sempre all'altezza di contenuti originali e ancora non visti, proporre l'eccezione, far stupire chi naviga in questo mare tutti i giorni, con abilità e conoscenza. Nessun problema.

Puntare sempre più in alto è il nostro lavoro, e qui c'è un'opportunità per tutti i Brand che sanno coglierla.

Chissà domani il mondo cosa caccerà dal cilindro, chissà quali nuovi animali digitali dovremo inseguire e quali mappe analizzare. Se ci riflettiamo, però, abbiamo un grande ruolo in tutto questo: osservare da vicino il cambiamento, essere ingranaggi di questo vivere digital che è ormai quotidianità e realtà tangibile. Possiamo muoverci nel presente e avere già un occhio puntato al futuro. Insomma, siamo figli dei nostri tempi. Noi abbiamo la fortuna di farlo in maniera particolarmente creativa e sempre al passo con le rivoluzioni socialindice di un'intera generazione.

INDICE

TikTok e la nuova frontiera dei social

Prendi il tuo telefono e improvvisati regista, sceneggiatore e videomaker. No, non è uno scherzo e nel giro di qualche giorno ti sembrerà la cosa più semplice del mondo. TikTok fa esattamente questo: in maniera veloce e intuitiva ti guida passo passo nella realizzazione di mini video, con effetti speciali e montaggi particolarmente creativi.

Ecco allora che puoi fermare il tempo, cambiarti d'abito in un lampo, creare compilation di famosi che parlano e si muovono come meglio preferisci, immaginare una storyline per il tuo animale domestico, partecipare a challenge e crearti il tuo piccolo, variopinto mondo di contenuti.

"Make Every Second Count". È questo il motto di TikTok. Un video ha infatti la durata di una manciata di secondi.

Tutto qui, ma è quello che basta per costruire una comunità di creativi, di utenti pronti a mettersi in gioco.

TikTok ha infatti saputo dare gli strumenti giusti al pubblico giusto: i teenagers. Persone che fanno della condivisione e della collettività un punto di riferimento fortissimo considerando l'età e le tendenze sociali. Del resto, sono proprio quelli gli anni del volersi mostrare e della curiosità senza freni, dei confronti con i coetanei e della voglia di rivendicare un proprio "io", una propria specifica peculiarità.

Farlo attraverso un video, scegliendo modalità e composizione, è una scelta d'impatto che permette di trovare facilmente una propria voce, per poi tradurla in immagini e costruire una storia a tutti gli effetti.

La comunicazione ai tempi di TikTok

In quanto comunicatori, il nostro compito è innanzitutto quello di guardarci intorno, di capire persone e trends per poi "riportare tutto all'ovile". Che cosa significa?

Significa raccogliere il più possibile di ciò che smuove le persone, analizzarlo e cercare il modo giusto di renderlo funzionale.

Il tormentone di TikTok fa parte di un filone nuovo, rappresenta una trasformazione e ci ricorda che il digital è un animale sempre in movimento, che si modifica e cambia forma giorno dopo giorno. Noi dobbiamo stargli dietro.
È un po' come andare in esplorazione e rendersi conto che c'è molto altro, là fuori, rispetto a quello che credevamo e a cui eravamo abituati.

Comunicare vuol dire anche adattarsi, saper seguire e allo stesso tempo farsi seguire, trovare la lingua giusta e decifrarne altre che sembrano ancora sconosciute.

TikTok può allora diventare un'arma a nostro favore. Soprattutto per due motivi: è diretto e si porta dietro il pubblico che nell'età del digital ci è nato.
Partiamo dal primo. La modalità stessa dei video è strettamente legata al concetto di comunicazione. Perché? Perché dice tutto e lo dice subito. Niente giri di parole, niente attese confuse. Pochi secondi per andare dritti al punto. È così che funziona anche il nostro mestiere, quello della comunicazione digitale, giusto? Corretto. Essere diretti senza perdere l'empatia, farci capire immediatamente senza ridurre tutto a una mera descrizione.

In secondo luogo, il pubblico. Ci ritroviamo davanti persone che questa lingua l'ascoltano e la parlano fin da piccoli. Abbiamo l'opportunità di spaziare, di reinventarci e di offrire qualcosa di originale a qualcuno che sa esattamente in quale mondo ci stiamo muovendo. Questo, però, significa anche dover fronteggiare una sfida. Essere sempre all'altezza di contenuti originali e ancora non visti, proporre l'eccezione, far stupire chi naviga in questo mare tutti i giorni, con abilità e conoscenza. Nessun problema.

Puntare sempre più in alto è il nostro lavoro, e qui c'è un'opportunità per tutti i Brand che sanno coglierla.

Chissà domani il mondo cosa caccerà dal cilindro, chissà quali nuovi animali digitali dovremo inseguire e quali mappe analizzare. Se ci riflettiamo, però, abbiamo un grande ruolo in tutto questo: osservare da vicino il cambiamento, essere ingranaggi di questo vivere digital che è ormai quotidianità e realtà tangibile. Possiamo muoverci nel presente e avere già un occhio puntato al futuro. Insomma, siamo figli dei nostri tempi. Noi abbiamo la fortuna di farlo in maniera particolarmente creativa e sempre al passo con le rivoluzioni socialindice di un'intera generazione.

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