scrivania vista dall'alto con pc, color palette, cellulare e persona che disegna su pad

L’importanza del rebranding

Quando parliamo di rebranding si pensa subito al cambio del logo, ma questa può essere solo una piccola parte di un’operazione più ampia che a volte interessa l’intera identità di un brand. Pensaci: quanti grossi marchi si son rifatti l’abito negli anni? Agli albori, la mela di Apple era coloratissima, e il logo Google è passato dal realismo al flat design. Ma da dove arriva la necessità di cambiar vestito, di ripensare la propria identità?

Quando parliamo di rebranding si pensa subito al cambio del logo, ma questa può essere solo una piccola parte di un’operazione più ampia che a volte interessa l’intera identità di un brand. Pensaci: quanti grossi marchi si son rifatti l’abito negli anni? Agli albori, la mela di Apple era coloratissima, e il logo Google è passato dal realismo al flat design. Ma da dove arriva la necessità di cambiar vestito, di ripensare la propria identità?

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INDICE

Rebranding vuol dire rinnovare l'immagine

Partiamo da un esempio pratico e vicino a noi: Google. Circa un mese fa abbiamo aperto la nostra pagina Chrome e all'improvviso abbiamo trovato tutta la G Suite con colori e forme diverse, cioè uguali. Non ci soffermeremo sulla usabilità del rebranding di Google, fattore importantissimo da tenere in considerazione quando si sviluppa un lavoro di questo genere.

Guardiamo invece al motivo che ha spinto Google all'operazione. L'obiettivo è stato mostrare il passaggio dalla Suite al Google Workspace, un unico luogo dove trovare tutti gli strumenti necessari al lavoro. Il rebranding serviva a comunicare questa intenzione, e per farlo era importante rinnovare nome e logo.

Anche se un brand ha successo, deve restare al passo coi tempi, prestare attenzione alle tendenze del design, ai cambiamenti del mercato e anche alla concorrenza. Per rimanere aggiornati, in linea con le esigenze e i gusti del target, serve un cambiamento strategico.

Quando programmare il restyling del brand?

La tua azienda sta vivendo una fusione, un'acquisizione o è in corso una scissione fra attività: qual è la prima cosa da fare?

Cambiare nome, modificare il logo, aggiornare la propria identità, insomma mettere in atto un rebranding, che sarà diverso per ognuno dei tre casi.

Molte le domande da porsi: mantenere parte delle immagini di entrambi i loghi dei brand, oppure dare più valore all'attività che ha effettuato l'acquisto, o, ancora, procedere ad un rebranding completo?

Ma il desiderio potrebbe essere anche solo voler aggiornare il logo, ideare un restyling dell'immagine coordinata e dei materiali di comunicazione: in questo caso siamo di fronte ad un semplice brand-refresh.

Infine esiste il caso di bad reputation: può succedere che un brand arrivi a conquistarsi una cattiva reputazione per svariati motivi. Prima di ripartire è più che giusto scrollarsi l'immagine legata all'esperienza negativa e risollevarsi con una nuova brand identity, un bel cambiamento che inizia proprio con un rebranding!

Sta di fatto che un marchio aggiornato dal punto di vista estetico, e con un rebranding intelligente, si dimostra al passo coi tempi, aumenta il proprio appeal e richiama l'attenzione della propria audience.

Cosa cambia dopo un rebranding?

Ma da dove cominciare? Sicuramente con un team creativo di graphic designers esperti e in grado di tradurre i valori del tuo brand in immagini. Come? Non hai una lista di valori e punti di forza del tuo marchio? Corri a compilarla!

La nuova immagine deve comunicare proprio gli elementi essenziali del tuo brand, includere il valore aggiunto che cattura i tuoi clienti, li fidelizza e crea una reputazione solida nel tempo. Deve comunicare insomma la tua brand awareness!

È indispensabile, prima di iniziare, stilare una lista dei problemi e delle criticità che questo rebranding deve evitare: riconoscere i punti deboli serve ad eliminarli.

Dopo queste azioni preliminari si va a definire la brand identity, analizzando, insieme a dei professionisti, a che livello agire e come. Gli elementi interessati da un'operazione di rebranding sono:

  • Nome e logo
  • Colori e font
  • Pay off
  • Immagine coordinata: carta intestata, biglietti da visita, volantini, depliant, packaging
  • Canali di comunicazione: social media, sito web, brochure

Squadra che vince non si cambia, lo sappiamo. Finora tutti questi elementi hanno funzionato ma le tendenze corrono veloci ed è meglio stare al passo e rischiare il cambiamento! Il rebranding significa cambiare molti elementi, creare un impatto visivo nuovo e non sapere come viene accolto, è vero, ma un lavoro ben fatto rafforza l'identità del brand, non la disperde!

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Rebranding vuol dire rinnovare l'immagine

Partiamo da un esempio pratico e vicino a noi: Google. Circa un mese fa abbiamo aperto la nostra pagina Chrome e all'improvviso abbiamo trovato tutta la G Suite con colori e forme diverse, cioè uguali. Non ci soffermeremo sulla usabilità del rebranding di Google, fattore importantissimo da tenere in considerazione quando si sviluppa un lavoro di questo genere.

Guardiamo invece al motivo che ha spinto Google all'operazione. L'obiettivo è stato mostrare il passaggio dalla Suite al Google Workspace, un unico luogo dove trovare tutti gli strumenti necessari al lavoro. Il rebranding serviva a comunicare questa intenzione, e per farlo era importante rinnovare nome e logo.

Anche se un brand ha successo, deve restare al passo coi tempi, prestare attenzione alle tendenze del design, ai cambiamenti del mercato e anche alla concorrenza. Per rimanere aggiornati, in linea con le esigenze e i gusti del target, serve un cambiamento strategico.

Quando programmare il restyling del brand?

La tua azienda sta vivendo una fusione, un'acquisizione o è in corso una scissione fra attività: qual è la prima cosa da fare?

Cambiare nome, modificare il logo, aggiornare la propria identità, insomma mettere in atto un rebranding, che sarà diverso per ognuno dei tre casi.

Molte le domande da porsi: mantenere parte delle immagini di entrambi i loghi dei brand, oppure dare più valore all'attività che ha effettuato l'acquisto, o, ancora, procedere ad un rebranding completo?

Ma il desiderio potrebbe essere anche solo voler aggiornare il logo, ideare un restyling dell'immagine coordinata e dei materiali di comunicazione: in questo caso siamo di fronte ad un semplice brand-refresh.

Infine esiste il caso di bad reputation: può succedere che un brand arrivi a conquistarsi una cattiva reputazione per svariati motivi. Prima di ripartire è più che giusto scrollarsi l'immagine legata all'esperienza negativa e risollevarsi con una nuova brand identity, un bel cambiamento che inizia proprio con un rebranding!

Sta di fatto che un marchio aggiornato dal punto di vista estetico, e con un rebranding intelligente, si dimostra al passo coi tempi, aumenta il proprio appeal e richiama l'attenzione della propria audience.

Cosa cambia dopo un rebranding?

Ma da dove cominciare? Sicuramente con un team creativo di graphic designers esperti e in grado di tradurre i valori del tuo brand in immagini. Come? Non hai una lista di valori e punti di forza del tuo marchio? Corri a compilarla!

La nuova immagine deve comunicare proprio gli elementi essenziali del tuo brand, includere il valore aggiunto che cattura i tuoi clienti, li fidelizza e crea una reputazione solida nel tempo. Deve comunicare insomma la tua brand awareness!

È indispensabile, prima di iniziare, stilare una lista dei problemi e delle criticità che questo rebranding deve evitare: riconoscere i punti deboli serve ad eliminarli.

Dopo queste azioni preliminari si va a definire la brand identity, analizzando, insieme a dei professionisti, a che livello agire e come. Gli elementi interessati da un'operazione di rebranding sono:

  • Nome e logo
  • Colori e font
  • Pay off
  • Immagine coordinata: carta intestata, biglietti da visita, volantini, depliant, packaging
  • Canali di comunicazione: social media, sito web, brochure

Squadra che vince non si cambia, lo sappiamo. Finora tutti questi elementi hanno funzionato ma le tendenze corrono veloci ed è meglio stare al passo e rischiare il cambiamento! Il rebranding significa cambiare molti elementi, creare un impatto visivo nuovo e non sapere come viene accolto, è vero, ma un lavoro ben fatto rafforza l'identità del brand, non la disperde!

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Natale: i 4 passaggi fondamentali per una strategia vincente

Prima regola: mai farsi trovare impreparati al Natale! Sappiamo tutti che questa festività richiede una lunga fase di preparazione: la scelta dell’albero di Natale, decorazioni, lucine.. e regali! Se hai un’attività o un’impresa lo sai bene: devi iniziare a studiare la tua strategia marketing ancor prima del cambio di stagione! Ma come affrontare il Natale in quest’anno così imprevedibile? Seguendo i passaggi di ogni anno, studiando i dati che abbiamo e prendendo in considerazione alcuni aspetti.

Prima regola: mai farsi trovare impreparati al Natale! Sappiamo tutti che questa festività richiede una lunga fase di preparazione: la scelta dell’albero di Natale, decorazioni, lucine.. e regali! Se hai un’attività o un’impresa lo sai bene: devi iniziare a studiare la tua strategia marketing ancor prima del cambio di stagione! Ma come affrontare il Natale in quest’anno così imprevedibile? Seguendo i passaggi di ogni anno, studiando i dati che abbiamo e prendendo in considerazione alcuni aspetti.

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Hai già pensato alla tua strategia di marketing?

Per ogni Babbo Natale che riposa ad agosto c'è un marketer che studia la sua strategia per Natale! Come ogni professionista del marketing sa, il Natale è una cosa seria, serissima! Ci vanno mesi di studio e analisi per sviluppare una giusta campagna di marketing. Brainstorming sotto l'ombrellone ad agosto, ricerche delle keywords tra una bracciata e l'altra, analisi del target audience degli anni precedenti.

Ma senza agitarsi troppo, l'importante è avere le idee ben chiare e seguire dei passaggi definiti, insomma serve una strategia ben precisa per il marketing natalizio!

Prospettive e studi sul Natale 2020

Certo, quest'anno abbiamo vissuto numerosi cambiamenti, e alcuni ci hanno imposto di fermarci e riflettere su nuovi e vecchi percorsi, sugli scopi e sui modi per raggiungerli. Dagli obiettivi di vendita allo stravolgimento di qualsiasi strategia di lungo e breve termine, alla crescita esponenziale degli e-commerce e degli acquisti via mobile soprattutto da parte della generazione x e dei baby boomer: siamo di fronte a un Natale per certi versi da scoprire, come ci informa Facebook, che ha pubblicato una guida in base alle ultime ricerche in fatto di marketing.

Qui sono evidenziati le tendenze e gli insight, e si possono consultare interessanti statistiche e dati sugli acquisti, insieme a strumenti e risorse utili per pianificare campagne natalizie efficienti.

Per esempio possiamo apprendere che ci sarà una rapida crescita nelle promozioni e che gli utenti apprezzano contenuti autentici e informativi. Non tenere conto di tutti questi fattori, in fase di analisi e di partenza di una campagna di marketing natalizia, quest'anno sarebbe sbagliato. Ma allo stesso tempo non dotarsi di alcune linee guida per procedere creerebbe solo caos e agitazione.

I 4 passaggi per una campagna a prova di Natale

Studio

Studia quindi il target, gli obiettivi e le performance di vendita del precedente Natale e prendi in considerazione i cambiamenti dovuti al Covid19 con tutti gli strumenti che ci vengono offerti, compresa la guida Facebook. È importante sapere che al primo posto quest'anno ci sono la salute e la sicurezza di clienti e staff. Se possiedi un e-commerce pensa quindi a soluzioni come la prenotazione online e il ritiro in negozio (click and collect) o il pick up alla porta e assicurati di comunicare sempre tutto in maniera chiara ai tuoi clienti.

Test

Inizia la vera pianificazione. Devi costruire una campagna web? Quali strumenti e canali conviene usare? Dopo aver stabilito gli obiettivi della comunicazione, anche la creatività deve puntare alla massima interazione con la tua pagina, con il tuo brand.

Campagne di Google Ads e inserzioni di Facebook: assicurarsi la massima performance da mobile quest'anno è fondamentale! Dopo aver curato la creatività, eseguito i test necessari, aver informato e creato consapevolezza intorno ai tuoi prodotti e il tuo brand, sei pronto per lanciare la tua campagna.

Ricorda che gli A/B test sono importanti quanto lo studio e l'analisi dell'andamento, e quanto la creatività. Gli ultimi mesi ci hanno insegnato a dedicare meno tempo alla programmazione e più alla sensibilità verso ciò che ci circonda (o almeno, è la speranza d tutti noi). Non soddisfare un bisogno, ma comunicare alle persone con il giusto tono è il vero obiettivo di ogni marketer.

Lancio e conversioni

Pronto a lanciare la tua navicella spaziale carica di offerte e promozioni sui regali di Natale, il passo successivo è convertire e vendere. Come suggerisce Facebook, in fase di costruzione della campagna su Business Manager, attenzione ai posizionamenti degli annunci: cioè dove i tuoi annunci saranno visibili: ottimizzare il posizionamento è la scelta migliore.

Vendite post Natale

Sarebbe davvero sbagliato, finite le feste, chiudere la campagna di marketing natalizia e non pensarci più. Stilare dei report finali, studiarli in vista del prossimo Natale è il vero segreto per una campagna marketing natalizia di successo!

Riorganizza le prossime promozioni non prima di aver colto tutti i punti forza e i punti deboli della tua strategia. Questo lavoro servirà a creare una campagna di comunicazione ancora più efficiente. Ma a questo ci pensi, ovviamente, dopo aver festeggiato in serenità il tuo Natale! 😉

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Hai già pensato alla tua strategia di marketing?

Per ogni Babbo Natale che riposa ad agosto c'è un marketer che studia la sua strategia per Natale! Come ogni professionista del marketing sa, il Natale è una cosa seria, serissima! Ci vanno mesi di studio e analisi per sviluppare una giusta campagna di marketing. Brainstorming sotto l'ombrellone ad agosto, ricerche delle keywords tra una bracciata e l'altra, analisi del target audience degli anni precedenti.

Ma senza agitarsi troppo, l'importante è avere le idee ben chiare e seguire dei passaggi definiti, insomma serve una strategia ben precisa per il marketing natalizio!

Prospettive e studi sul Natale 2020

Certo, quest'anno abbiamo vissuto numerosi cambiamenti, e alcuni ci hanno imposto di fermarci e riflettere su nuovi e vecchi percorsi, sugli scopi e sui modi per raggiungerli. Dagli obiettivi di vendita allo stravolgimento di qualsiasi strategia di lungo e breve termine, alla crescita esponenziale degli e-commerce e degli acquisti via mobile soprattutto da parte della generazione x e dei baby boomer: siamo di fronte a un Natale per certi versi da scoprire, come ci informa Facebook, che ha pubblicato una guida in base alle ultime ricerche in fatto di marketing.

Qui sono evidenziati le tendenze e gli insight, e si possono consultare interessanti statistiche e dati sugli acquisti, insieme a strumenti e risorse utili per pianificare campagne natalizie efficienti.

Per esempio possiamo apprendere che ci sarà una rapida crescita nelle promozioni e che gli utenti apprezzano contenuti autentici e informativi. Non tenere conto di tutti questi fattori, in fase di analisi e di partenza di una campagna di marketing natalizia, quest'anno sarebbe sbagliato. Ma allo stesso tempo non dotarsi di alcune linee guida per procedere creerebbe solo caos e agitazione.

I 4 passaggi per una campagna a prova di Natale

Studio

Studia quindi il target, gli obiettivi e le performance di vendita del precedente Natale e prendi in considerazione i cambiamenti dovuti al Covid19 con tutti gli strumenti che ci vengono offerti, compresa la guida Facebook. È importante sapere che al primo posto quest'anno ci sono la salute e la sicurezza di clienti e staff. Se possiedi un e-commerce pensa quindi a soluzioni come la prenotazione online e il ritiro in negozio (click and collect) o il pick up alla porta e assicurati di comunicare sempre tutto in maniera chiara ai tuoi clienti.

Test

Inizia la vera pianificazione. Devi costruire una campagna web? Quali strumenti e canali conviene usare? Dopo aver stabilito gli obiettivi della comunicazione, anche la creatività deve puntare alla massima interazione con la tua pagina, con il tuo brand.

Campagne di Google Ads e inserzioni di Facebook: assicurarsi la massima performance da mobile quest'anno è fondamentale! Dopo aver curato la creatività, eseguito i test necessari, aver informato e creato consapevolezza intorno ai tuoi prodotti e il tuo brand, sei pronto per lanciare la tua campagna.

Ricorda che gli A/B test sono importanti quanto lo studio e l'analisi dell'andamento, e quanto la creatività. Gli ultimi mesi ci hanno insegnato a dedicare meno tempo alla programmazione e più alla sensibilità verso ciò che ci circonda (o almeno, è la speranza d tutti noi). Non soddisfare un bisogno, ma comunicare alle persone con il giusto tono è il vero obiettivo di ogni marketer.

Lancio e conversioni

Pronto a lanciare la tua navicella spaziale carica di offerte e promozioni sui regali di Natale, il passo successivo è convertire e vendere. Come suggerisce Facebook, in fase di costruzione della campagna su Business Manager, attenzione ai posizionamenti degli annunci: cioè dove i tuoi annunci saranno visibili: ottimizzare il posizionamento è la scelta migliore.

Vendite post Natale

Sarebbe davvero sbagliato, finite le feste, chiudere la campagna di marketing natalizia e non pensarci più. Stilare dei report finali, studiarli in vista del prossimo Natale è il vero segreto per una campagna marketing natalizia di successo!

Riorganizza le prossime promozioni non prima di aver colto tutti i punti forza e i punti deboli della tua strategia. Questo lavoro servirà a creare una campagna di comunicazione ancora più efficiente. Ma a questo ci pensi, ovviamente, dopo aver festeggiato in serenità il tuo Natale! 😉

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Social commerce: il futuro delle vendite è sui social

Questo ultimo anno ci ha visti correre sempre più veloci, costretti a spingere l’acceleratore sulla trasformazione digitale e ad adattarci a nuove necessità. Abbiamo visto e vedremo nascere sempre più e-commerce e vetrine online: luogo dove ormai avviene la maggior parte dell’attività di retail. Abbiamo quindi modo di pensare che, dopo l’e-commerce, il futuro delle vendite sarà sui social?

Questo ultimo anno ci ha visti correre sempre più veloci, costretti a spingere l’acceleratore sulla trasformazione digitale e ad adattarci a nuove necessità. Abbiamo visto e vedremo nascere sempre più e-commerce e vetrine online: luogo dove ormai avviene la maggior parte dell’attività di retail. Abbiamo quindi modo di pensare che, dopo l’e-commerce, il futuro delle vendite sarà sui social?

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Le nuove sfide del retail

Stiamo attraversando un periodo che ancora una volta ci impone di fermarci a riflettere su dove stiamo andando e come. Guardiamoci intorno: molte vetrine stanno cambiando e le saracinesche si abbassano mutando la conformazione urbanistica delle città che viviamo. La conseguenza è un cambiamento nel modo di vivere la città e quindi un cambiamento nel modo di vivere gli acquisti.

I margini di guadagno diminuiscono e catturare e fidelizzare un cliente diviene sempre più difficile. Avere una buona strategia digitale di successo, costruire la propria presenza online, aprire un e-commerce sono oggi opportunità reali per ogni commerciante di comunicare ai propri clienti, far conoscere il proprio marchio e alimentare l'interesse verso i propri prodotti o servizi.

Tutte le piccole imprese devono osservare il comportamento del consumatore, e adattare la propria strategia: costruire la propria customer journey modulandola sui diversi canali. Prima di tutto è importante identificare il proprio target audience e poi accompagnare il consumatore verso la conversione, tramite una strategia omnicanale.

Cosa intendiamo con strategia omnicanale

Come aveva precedentemente annunciato Mark Zuckerberg, solo qualche mese fa sono nate Instagram Shop e Facebook Shop, funzioni che permettono di creare un e-commerce nativo sui social.

Si tratta insomma di un'esperienza d'acquisto priva di interruzioni: i clienti o futuri tali scoprono i prodotti tramite sponsorizzate, annunci, post o stories, accedono allo shop in maniera facile e senza uscire dall'app e completano l'acquisto sul sito web aumentando il traffico sul sito web.

Insomma le parole d'ordine sono comodità, facilità e zero spreco di tempo.

Qui è necessaria però una pausa di riflessione. Se cambiano i mezzi, le vetrine, devono cambiare anche le strategie, è chiaro. E qui entra in gioco la strategia omnicanale, che lavora appunto su tutti i canali a disposizione per il retail, compresi i social.

Grazie ai social puoi arrivare direttamente al tuo target di riferimento, senza più dover essere trovato. I social, insieme all'e-commerce aiutano a comprendere i bisogni dei clienti, costruire la loro customer Journey e quindi aumentare le vendite.

Prima di fare questo servono però tutti gli strumenti di digital marketing per costruire la propria presenza online e la propria brand awareness: annunci sui motori di ricerca, campagne di comunicazione e di sensibilizzazione sui social network, campagne commerciali online e offline, presenza sul web con un sito responsive.

Il fattore umano e l'importanza delle relazioni

Studiare tutte le opportunità che nuovi strumenti come Instagram Shop e Facebook Shop offrono è sicuramente giusto per ogni tipo di impresa, ma ci sono tanti casi su cui riflettere a fondo. Pensiamo per esempio a due situazioni come pianificare le vendite in base ai grandi sconti, oppure allo shopping dell'ultimo minuto:

  • I social possono aiutare quando si pianificano strategie in occasione per esempio del Black Friday e del Cyber Monday e per anticipare i bisogni dei consumatori arrivando preparati al Natale, ma sicuramente è utile una strategia più ampia, in grado di prevedere le azioni di altri competitor, grandi o piccoli che siano.
  • Investire maggiormente nell'e-commerce e nello shopping online vuol dire anche non dimenticare totalmente l'esperienza in-store. È giusto pensare a come agevolare il consumatore e facilitare lo shopping dell'ultimo minuto con il BOPIS (Buy Online, Pick-up in Store).

Il retail è stato completamente rivoluzionato dalla tecnologia digitale e continuerà a mutare ancora, ma tutta l'innovazione senza il fattore più importante, e cioè quello umano, è praticamente inutile. La cultura principale deve rimanere sempre quella incentrata sul cliente, sulla relazione che stringiamo con i consumatori.

Se il futuro del retail è davvero sui social significa che saremo in grado di costruire rapporti di qualità, qualsiasi mezzo utilizziamo.

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Le nuove sfide del retail

Stiamo attraversando un periodo che ancora una volta ci impone di fermarci a riflettere su dove stiamo andando e come. Guardiamoci intorno: molte vetrine stanno cambiando e le saracinesche si abbassano mutando la conformazione urbanistica delle città che viviamo. La conseguenza è un cambiamento nel modo di vivere la città e quindi un cambiamento nel modo di vivere gli acquisti.

I margini di guadagno diminuiscono e catturare e fidelizzare un cliente diviene sempre più difficile. Avere una buona strategia digitale di successo, costruire la propria presenza online, aprire un e-commerce sono oggi opportunità reali per ogni commerciante di comunicare ai propri clienti, far conoscere il proprio marchio e alimentare l'interesse verso i propri prodotti o servizi.

Tutte le piccole imprese devono osservare il comportamento del consumatore, e adattare la propria strategia: costruire la propria customer journey modulandola sui diversi canali. Prima di tutto è importante identificare il proprio target audience e poi accompagnare il consumatore verso la conversione, tramite una strategia omnicanale.

Cosa intendiamo con strategia omnicanale

Come aveva precedentemente annunciato Mark Zuckerberg, solo qualche mese fa sono nate Instagram Shop e Facebook Shop, funzioni che permettono di creare un e-commerce nativo sui social.

Si tratta insomma di un'esperienza d'acquisto priva di interruzioni: i clienti o futuri tali scoprono i prodotti tramite sponsorizzate, annunci, post o stories, accedono allo shop in maniera facile e senza uscire dall'app e completano l'acquisto sul sito web aumentando il traffico sul sito web.

Insomma le parole d'ordine sono comodità, facilità e zero spreco di tempo.

Qui è necessaria però una pausa di riflessione. Se cambiano i mezzi, le vetrine, devono cambiare anche le strategie, è chiaro. E qui entra in gioco la strategia omnicanale, che lavora appunto su tutti i canali a disposizione per il retail, compresi i social.

Grazie ai social puoi arrivare direttamente al tuo target di riferimento, senza più dover essere trovato. I social, insieme all'e-commerce aiutano a comprendere i bisogni dei clienti, costruire la loro customer Journey e quindi aumentare le vendite.

Prima di fare questo servono però tutti gli strumenti di digital marketing per costruire la propria presenza online e la propria brand awareness: annunci sui motori di ricerca, campagne di comunicazione e di sensibilizzazione sui social network, campagne commerciali online e offline, presenza sul web con un sito responsive.

Il fattore umano e l'importanza delle relazioni

Studiare tutte le opportunità che nuovi strumenti come Instagram Shop e Facebook Shop offrono è sicuramente giusto per ogni tipo di impresa, ma ci sono tanti casi su cui riflettere a fondo. Pensiamo per esempio a due situazioni come pianificare le vendite in base ai grandi sconti, oppure allo shopping dell'ultimo minuto:

  • I social possono aiutare quando si pianificano strategie in occasione per esempio del Black Friday e del Cyber Monday e per anticipare i bisogni dei consumatori arrivando preparati al Natale, ma sicuramente è utile una strategia più ampia, in grado di prevedere le azioni di altri competitor, grandi o piccoli che siano.
  • Investire maggiormente nell'e-commerce e nello shopping online vuol dire anche non dimenticare totalmente l'esperienza in-store. È giusto pensare a come agevolare il consumatore e facilitare lo shopping dell'ultimo minuto con il BOPIS (Buy Online, Pick-up in Store).

Il retail è stato completamente rivoluzionato dalla tecnologia digitale e continuerà a mutare ancora, ma tutta l'innovazione senza il fattore più importante, e cioè quello umano, è praticamente inutile. La cultura principale deve rimanere sempre quella incentrata sul cliente, sulla relazione che stringiamo con i consumatori.

Se il futuro del retail è davvero sui social significa che saremo in grado di costruire rapporti di qualità, qualsiasi mezzo utilizziamo.

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donna scrive davanti a computer strategia comunicazione digitale

Il copywriting persuasivo: la scrittura che promuove

Quando l’obiettivo di una comunicazione è vendere, la scrittura si trasforma in uno strumento potentissimo. Viene chiamato copywriting persuasivo ed è utilizzato per convincere. Ma attenzione, anche se ci sono delle regole da seguire, chi l’ha detto che non serva anche la creatività?

Quando l’obiettivo di una comunicazione è vendere, la scrittura si trasforma in uno strumento potentissimo. Viene chiamato copywriting persuasivo ed è utilizzato per convincere. Ma attenzione, anche se ci sono delle regole da seguire, chi l’ha detto che non serva anche la creatività?

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Il copywriting parte da bisogni ed emozioni

Scrivere contenuti per il web significa spingere qualcuno a compiere un'azione, pensa a quando ti iscrivi ad una newsletter, completi un'acquisto, lasci i tuoi dati. Per raggiungere questo obiettivo esistono delle precise regole che si riassumono nella scrittura persuasiva, o persuasive copywriting.

Ma su cosa si basa?

Partiamo da un esempio, stai cercando un paio di stivali online. Come fai a scegliere fra tutte le marche presenti? Che criteri usi per scartare i modelli che non ti convincono? Magari il rapporto qualità-prezzo, il materiale, i feedback relativi e poi colore, altezza, insomma tutti quei dettagli che rispondono al tuo gusto personale.

In pratica quello che ti spinge ad affrontare l'acquisto, nonostante il prezzo e nonostante tutto, sono i tuoi bisogni e le tue emozioni. Perché diciamo questo: il copywriting persuasivo parte proprio da bisogni ed emozioni e, seguendo delle piccole regole, sceglie le parole giuste per convincere ad acquistare o sciogliere i dubbi profondi che assalgono tutti noi di fronte ad una scelta.

Entrando più nello specifico, gli stivali soddisfano determinati bisogni che possono essere mantenerci caldi, essere impermeabili alla pioggia, essere alla moda, dare una bella forma ai nostri piedi, essere comodi.

La scrittura persuasiva entra in merito proprio a questi bisogni e dà una risposta approfondendone in maniera esauriente ogni aspetto. Se il materiale tiene caldo, come è stato realizzato? Rispetta l'ambiente?

Rispondere a queste domande significa creare delle descrizioni che danno la percezione di vedere e toccare il prodotto, come se il lettore stesse indossando quegli stivali.

Raccontare, non descrivere

Quante volte acquisti in maniera impulsiva oppure seguendo il flusso di emozioni del momento? Il copywriting si inserisce in queste frazioni di tempo e colpisce nel segno. Ti racconta le caratteristiche più affascinanti di quegli stivali, ciò che li rende unici, perché sono il miglio acquisto che tu possa fare.

Ma parlavamo di racconto..

Stivali comodi e caldi, materiale riciclato.

oppure:

In una fredda giornata di pioggia vorresti solo indossare delle scarpe comode come pantofole, calde e asciutte come uno stivale di qualità. E passo dopo passo, essere fiera di fare del bene all'ambiente.

È palese quale funzioni di più. Evocare situazioni e sensazioni come accade nel secondo esempio, a differenza di una semplice e fredda descrizione, avvicina il lettore e lo aiuta a riflettere sui propri bisogni.

Qui entra in campo poi uno strumento ben preciso: lo storytelling. Perché raccontare significa sempre in qualche modo creare una storia, lasciare un segno, connettere mondi, idee e immagini per dare al lettore un immaginario ben preciso in cui riconoscersi.

Un buon storytelling e un copywriting consapevole sono due ottimi metodi per attivare il meccanismo di riconoscimento da cui nascono la fiducia verso il brand, la narrazione e quindi la persuasione. Persuadere infatti significa proprio riconoscersi.

Il copywriting persuasivo è creativo

Per mettere in atto il meccanismo di riconoscimento e persuadere, esistono alcune regole e seguirle vuol dire raggiungere i propri obiettivi di comunicazione.

Alcune regole del copywriting persuasivo sono ad esempio scrivere sempre in maniera positiva e quindi evitare qualsiasi "non" e "no". Semplicemente capovolgere ogni affermazione rendendola positiva. Oppure concentrare le informazioni salienti all'inizio e alla fine di un testo poiché solitamente, nella lettura, si usa saltare la parte centrale, o ancora, inserire un invito all'azione esortando le persone a compiere una scelta: le famose call to action che possono essere per esempio "sconti fino al 50%, acquista ora!"

Ma se bastassero queste regole saremmo tutti dei bravissimi copywriting e ottimi venditori, non credi? La questione è un po' più complessa perché quando si scrive un testo si ha a che fare con il magma umano che include gioie, pensieri, emozioni, bisogni specifici di ognuno. Maneggiare questo materiale richiede sensibilità e creatività, altrimenti si finisce per scottarsi!

Ovviamente la scrittura richiede molte regole riguardo al canale di comunicazione, al medium, al target al quale ci riferiamo. Ma le storie, anche quando create in un contesto corporate, per il brand, come primo obiettivo devono creare fiducia. Quando lo storytelling ha come fine ultimo la vendita, deve sempre permettere al cliente di riconoscersi in un sistema di valori più ampio. La scrittura persuasiva è 50% regole e 50% creatività.

If it doesn't sell, it isn't creative.

David Ogilvy

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Il copywriting parte da bisogni ed emozioni

Scrivere contenuti per il web significa spingere qualcuno a compiere un'azione, pensa a quando ti iscrivi ad una newsletter, completi un'acquisto, lasci i tuoi dati. Per raggiungere questo obiettivo esistono delle precise regole che si riassumono nella scrittura persuasiva, o persuasive copywriting.

Ma su cosa si basa?

Partiamo da un esempio, stai cercando un paio di stivali online. Come fai a scegliere fra tutte le marche presenti? Che criteri usi per scartare i modelli che non ti convincono? Magari il rapporto qualità-prezzo, il materiale, i feedback relativi e poi colore, altezza, insomma tutti quei dettagli che rispondono al tuo gusto personale.

In pratica quello che ti spinge ad affrontare l'acquisto, nonostante il prezzo e nonostante tutto, sono i tuoi bisogni e le tue emozioni. Perché diciamo questo: il copywriting persuasivo parte proprio da bisogni ed emozioni e, seguendo delle piccole regole, sceglie le parole giuste per convincere ad acquistare o sciogliere i dubbi profondi che assalgono tutti noi di fronte ad una scelta.

Entrando più nello specifico, gli stivali soddisfano determinati bisogni che possono essere mantenerci caldi, essere impermeabili alla pioggia, essere alla moda, dare una bella forma ai nostri piedi, essere comodi.

La scrittura persuasiva entra in merito proprio a questi bisogni e dà una risposta approfondendone in maniera esauriente ogni aspetto. Se il materiale tiene caldo, come è stato realizzato? Rispetta l'ambiente?

Rispondere a queste domande significa creare delle descrizioni che danno la percezione di vedere e toccare il prodotto, come se il lettore stesse indossando quegli stivali.

Raccontare, non descrivere

Quante volte acquisti in maniera impulsiva oppure seguendo il flusso di emozioni del momento? Il copywriting si inserisce in queste frazioni di tempo e colpisce nel segno. Ti racconta le caratteristiche più affascinanti di quegli stivali, ciò che li rende unici, perché sono il miglio acquisto che tu possa fare.

Ma parlavamo di racconto..

Stivali comodi e caldi, materiale riciclato.

oppure:

In una fredda giornata di pioggia vorresti solo indossare delle scarpe comode come pantofole, calde e asciutte come uno stivale di qualità. E passo dopo passo, essere fiera di fare del bene all'ambiente.

È palese quale funzioni di più. Evocare situazioni e sensazioni come accade nel secondo esempio, a differenza di una semplice e fredda descrizione, avvicina il lettore e lo aiuta a riflettere sui propri bisogni.

Qui entra in campo poi uno strumento ben preciso: lo storytelling. Perché raccontare significa sempre in qualche modo creare una storia, lasciare un segno, connettere mondi, idee e immagini per dare al lettore un immaginario ben preciso in cui riconoscersi.

Un buon storytelling e un copywriting consapevole sono due ottimi metodi per attivare il meccanismo di riconoscimento da cui nascono la fiducia verso il brand, la narrazione e quindi la persuasione. Persuadere infatti significa proprio riconoscersi.

Il copywriting persuasivo è creativo

Per mettere in atto il meccanismo di riconoscimento e persuadere, esistono alcune regole e seguirle vuol dire raggiungere i propri obiettivi di comunicazione.

Alcune regole del copywriting persuasivo sono ad esempio scrivere sempre in maniera positiva e quindi evitare qualsiasi "non" e "no". Semplicemente capovolgere ogni affermazione rendendola positiva. Oppure concentrare le informazioni salienti all'inizio e alla fine di un testo poiché solitamente, nella lettura, si usa saltare la parte centrale, o ancora, inserire un invito all'azione esortando le persone a compiere una scelta: le famose call to action che possono essere per esempio "sconti fino al 50%, acquista ora!"

Ma se bastassero queste regole saremmo tutti dei bravissimi copywriting e ottimi venditori, non credi? La questione è un po' più complessa perché quando si scrive un testo si ha a che fare con il magma umano che include gioie, pensieri, emozioni, bisogni specifici di ognuno. Maneggiare questo materiale richiede sensibilità e creatività, altrimenti si finisce per scottarsi!

Ovviamente la scrittura richiede molte regole riguardo al canale di comunicazione, al medium, al target al quale ci riferiamo. Ma le storie, anche quando create in un contesto corporate, per il brand, come primo obiettivo devono creare fiducia. Quando lo storytelling ha come fine ultimo la vendita, deve sempre permettere al cliente di riconoscersi in un sistema di valori più ampio. La scrittura persuasiva è 50% regole e 50% creatività.

If it doesn't sell, it isn't creative.

David Ogilvy

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Che significa segnalare un contenuto e quando farlo

Ogni giorno milioni di nuovi contenuti popolano il web. E non importa se copiati, falsi, complottisti, discriminanti: se superano le norme di pubblicazione e condivisione rischiano di diventare virali. Notizie prive di fondamento diventano così fake news, sfide sui social possono sfociare in challenge pericolose. Qual è la nostra responsabilità, e come, provando a segnalare questi contenuti possiamo contribuire ad una nuova educazione digitale.

Ogni giorno milioni di nuovi contenuti popolano il web. E non importa se copiati, falsi, complottisti, discriminanti: se superano le norme di pubblicazione e condivisione rischiano di diventare virali. Notizie prive di fondamento diventano così fake news, sfide sui social possono sfociare in challenge pericolose. Qual è la nostra responsabilità, e come, provando a segnalare questi contenuti possiamo contribuire ad una nuova educazione digitale.

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INDICE

Orientarsi nel mondo delle fake news

Negli ultimi mesi ne abbiamo viste di ogni: tutta una serie di fenomeni virali legati al COVID-19 ha popolato il web. Sono spuntate notizie false su probabili vaccini o sull'origine della pandemia, fantasiose teorie di complotto, cospirazioni contro il sistema hanno invaso qualsiasi canale, persino whatsapp.

Per non parlare dei contenuti non aggiornati ma ricondivisi come news: piccoli errori che non fanno male a nessuno se non, magari, all'umore. Scherzi che possono creare però anche grandi conseguenze, arrivare sui nostri smartphone e scatenare il panico, diffondersi come fake news capaci anche di manipolare la realtà.

Tutti sono corsi ai ripari: Twitter negli scorsi mesi ha eliminato i contenuti che promuovevano cure false o negavano le fonti ufficiali, Facebook ha creato una sezione dedicata alla raccolta di informazioni ufficiali, Whatsapp ha inserito tempo fa la crittografia. I sistemi di sorveglianza però non bastano da soli a gestire la situazione perché hanno bisogno del supporto di ognuno di noi.

Come possiamo fare la nostra parte? Segnalare un contenuto può essere un buon inizio.

Quando è giusto segnalare un contenuto?

Quando ci troviamo di fronte a contenuti non pertinenti, irritanti, petulanti, offensivi, discriminanti, inappropriati, spam o virus che appaiono contro la nostra volontà, possiamo decidere di segnalare descrivendo nel dettaglio il nostro problema, o meglio, la problematica di quel post o contenuto. È una questione di responsabilità, anche per chi legge e condivide.

In caso di fake news è indispensabile quindi segnalare subito il contenuto come falso oppure nel caso di challenge pericolose non condividerle o emularle. Ne è un esempio il caso della #coronaviruschallenge esplosa su TikTok, dove gli utenti si sfidavano a leccare parti della casa. I portavoce dell'azienda sono presto intervenuti:

La sicurezza e il benessere dei nostri utenti sono una priorità assoluta per TikTok. Non consentiamo contenuti che incoraggiano, promuovono o esaltano sfide pericolose che potrebbero causare lesioni. Inoltre, non consentiamo agli utenti di incoraggiare gli altri a prendere parte ad attività pericolose. Questa tipologia di contenuti è una violazione delle nostre linee guida e continueremo a rimuoverli dalla nostra piattaforma.

Insieme alla denuncia di TikTok verso questo tipo di comportamento, abbiamo il dovere in prima persona di segnalare queste challenge ed evitare la diffusione e così il rischio di emulazione tra le community che facilmente si creano sui social.

Per una nuova educazione digitale

Chi lavora nella creazione di contenuti per vendita, informazione, intrattenimento ha il compito non solo di centrare l'obiettivo di comunicazione ma di farlo utilizzando il linguaggio più appropriato, il Tone of Voice corretto e diffondendo contenuti creati a partire da fonti certe.

La segnalazione è uno strumento che aiuta anche chi crea e condivide a prestare attenzione ai contenuti realizzati e diffusi in rete. Allo stesso tempo però non possiamo usarlo meramente come mezzo per far valere la nostra opinione.

Cosa vuol dire.

Se scrollando i nostri feed non abbiamo piacere di vedere post che ci disturbano o irritano la nostra sensibilità possiamo semplicemente decidere di non vedere più questi contenuti nella nostra home, non seguire più quella pagina, bloccare l'account o anche eliminarlo dalla nostra cerchia di amici o followers. Non c'è nulla di male. Siamo liberi di vedere i contenuti che vogliamo!

L'errore avviene quando decidiamo di segnalare un contenuto semplicemente perché esprime opinioni diverse dalle nostre, o magari perché ironizza e fa satira con parole e argomenti che ci toccano nel profondo, irritandoci. Recependolo quasi come un attacco personale.

A volte è davvero sbagliato e si rischia di limitare la libertà di espressione delle persone, altre è invece giusto inviare dei feedback, indicare degli errori a chi diffonde contenuti con leggerezza.

È parte sempre del nostro senso di responsabilità e di educazione che, nel caso dei social e del digital in generale, sarebbe corretto approfondire come viene fatto in Finlandia dove un programma del governo incoraggia la formazione del pensiero critico online a partire sin dalle scuole elementari.

Insomma quello che la segnalazione sui social ci insegna è smettere di scrollare distratti, o fare swipe sulle storie per inerzia, e di soffermarci invece qualche secondo in più nella lettura, nella condivisione, nella visione di contenuti.

Chiediamoci più spesso "Ne siamo certi? Quale sarà la fonte?" e solo dopo aver trovato la risposta, agiamo, clicchiamo, condividiamo e segnaliamo... forse.

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Orientarsi nel mondo delle fake news

Negli ultimi mesi ne abbiamo viste di ogni: tutta una serie di fenomeni virali legati al COVID-19 ha popolato il web. Sono spuntate notizie false su probabili vaccini o sull'origine della pandemia, fantasiose teorie di complotto, cospirazioni contro il sistema hanno invaso qualsiasi canale, persino whatsapp.

Per non parlare dei contenuti non aggiornati ma ricondivisi come news: piccoli errori che non fanno male a nessuno se non, magari, all'umore. Scherzi che possono creare però anche grandi conseguenze, arrivare sui nostri smartphone e scatenare il panico, diffondersi come fake news capaci anche di manipolare la realtà.

Tutti sono corsi ai ripari: Twitter negli scorsi mesi ha eliminato i contenuti che promuovevano cure false o negavano le fonti ufficiali, Facebook ha creato una sezione dedicata alla raccolta di informazioni ufficiali, Whatsapp ha inserito tempo fa la crittografia. I sistemi di sorveglianza però non bastano da soli a gestire la situazione perché hanno bisogno del supporto di ognuno di noi.

Come possiamo fare la nostra parte? Segnalare un contenuto può essere un buon inizio.

Quando è giusto segnalare un contenuto?

Quando ci troviamo di fronte a contenuti non pertinenti, irritanti, petulanti, offensivi, discriminanti, inappropriati, spam o virus che appaiono contro la nostra volontà, possiamo decidere di segnalare descrivendo nel dettaglio il nostro problema, o meglio, la problematica di quel post o contenuto. È una questione di responsabilità, anche per chi legge e condivide.

In caso di fake news è indispensabile quindi segnalare subito il contenuto come falso oppure nel caso di challenge pericolose non condividerle o emularle. Ne è un esempio il caso della #coronaviruschallenge esplosa su TikTok, dove gli utenti si sfidavano a leccare parti della casa. I portavoce dell'azienda sono presto intervenuti:

La sicurezza e il benessere dei nostri utenti sono una priorità assoluta per TikTok. Non consentiamo contenuti che incoraggiano, promuovono o esaltano sfide pericolose che potrebbero causare lesioni. Inoltre, non consentiamo agli utenti di incoraggiare gli altri a prendere parte ad attività pericolose. Questa tipologia di contenuti è una violazione delle nostre linee guida e continueremo a rimuoverli dalla nostra piattaforma.

Insieme alla denuncia di TikTok verso questo tipo di comportamento, abbiamo il dovere in prima persona di segnalare queste challenge ed evitare la diffusione e così il rischio di emulazione tra le community che facilmente si creano sui social.

Per una nuova educazione digitale

Chi lavora nella creazione di contenuti per vendita, informazione, intrattenimento ha il compito non solo di centrare l'obiettivo di comunicazione ma di farlo utilizzando il linguaggio più appropriato, il Tone of Voice corretto e diffondendo contenuti creati a partire da fonti certe.

La segnalazione è uno strumento che aiuta anche chi crea e condivide a prestare attenzione ai contenuti realizzati e diffusi in rete. Allo stesso tempo però non possiamo usarlo meramente come mezzo per far valere la nostra opinione.

Cosa vuol dire.

Se scrollando i nostri feed non abbiamo piacere di vedere post che ci disturbano o irritano la nostra sensibilità possiamo semplicemente decidere di non vedere più questi contenuti nella nostra home, non seguire più quella pagina, bloccare l'account o anche eliminarlo dalla nostra cerchia di amici o followers. Non c'è nulla di male. Siamo liberi di vedere i contenuti che vogliamo!

L'errore avviene quando decidiamo di segnalare un contenuto semplicemente perché esprime opinioni diverse dalle nostre, o magari perché ironizza e fa satira con parole e argomenti che ci toccano nel profondo, irritandoci. Recependolo quasi come un attacco personale.

A volte è davvero sbagliato e si rischia di limitare la libertà di espressione delle persone, altre è invece giusto inviare dei feedback, indicare degli errori a chi diffonde contenuti con leggerezza.

È parte sempre del nostro senso di responsabilità e di educazione che, nel caso dei social e del digital in generale, sarebbe corretto approfondire come viene fatto in Finlandia dove un programma del governo incoraggia la formazione del pensiero critico online a partire sin dalle scuole elementari.

Insomma quello che la segnalazione sui social ci insegna è smettere di scrollare distratti, o fare swipe sulle storie per inerzia, e di soffermarci invece qualche secondo in più nella lettura, nella condivisione, nella visione di contenuti.

Chiediamoci più spesso "Ne siamo certi? Quale sarà la fonte?" e solo dopo aver trovato la risposta, agiamo, clicchiamo, condividiamo e segnaliamo... forse.

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Definire la giusta target audience: perché è importante?

Per definire una strategia di comunicazione efficace è necessario stabilire la propria target audience. Target, targettizzare, targetizzazione: parole che sentiamo spesso ma il cui significato e, soprattutto, valore, ci pare scivoloso. Partiamo da una semplice domanda che chi ha un’attività o un negozio prima o poi si pone: a chi mi sto rivolgendo?

Per definire una strategia di comunicazione efficace è necessario stabilire la propria target audience. Target, targettizzare, targetizzazione: parole che sentiamo spesso ma il cui significato e, soprattutto, valore, ci pare scivoloso. Partiamo da una semplice domanda che chi ha un’attività o un negozio prima o poi si pone: a chi mi sto rivolgendo?

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Cosa significa definire una target audience

Un piccolo chiarimento prima di proseguire è d'obbligo: con la singola parola target indichiamo (Treccani docet), "l'obiettivo che un'azienda si propone di raggiungere", come per esempio può essere quello di vendere o espandere il mercato.

Quello di cui parliamo noi oggi è definito invece target audience (o target di riferimento) e definisce un gruppo di persone alle quali è rivolto un servizio o un prodotto, e quindi una campagna di comunicazione. Una sorta di contenitore dove siamo inclusi più o meno tutti.

Altrimenti come faremmo a vedere annunci e sponsorizzate dei prodotti che ci servono quando digitiamo su Google e sui social?

Trovare e definire la propria target audience deve essere il primo scopo di ogni attività.

Ok, dirai, ma l'obiettivo primario di un business è vendere, aumentare il fatturato, far piovere oro. Ma la verità è che non basta una danza prodigiosa per scatenare questo acquazzone.

Pensaci un attimo, come fai a vendere se non hai clienti, o potenziali clienti, se insomma non trovi le persone interessate al tuo brand, a chi sei, cosa produci e perché?

Lavori per anni a un prodotto o a un servizio, ci metti tutto te stesso, dai il massimo, vuoi che tutto funzioni. Ti rivolgi a dei professionisti per costruire graficamente la tua brand identity, crei la tua presenza sui social media, usi gli hashtag giusti, partecipi a tutte le challenge, realizzi le tue campagne di comunicazione. Bene. Ce l'hai fatta. Lungo il percorso appena descritto ti sei mai posto la domanda:

A chi sto parlando?

No? Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo: prima di tutto devi conoscere la tua target audience, il tuo pubblico. Cosa ti serve? Fare pace con alcuni semplici concetti.

Cliente ideale vs cliente reale

Un packaging invidiabile, una rivoluzione del settore, una strategia di lancio vincente suoi tuoi canali online. Per quanto popolare e utile la verità è che il tuo prodotto non verrà apprezzato da tutti. Non serve demoralizzarsi, bisogna solo continuare a studiare e cercare il pubblico che fa per te, il tuo cliente ideale.

Toccherà scegliere una porzione ben definita di persone alle quali parlare, non per una questione di esclusione, ma semplicemente per definire una corretta strategia di comunicazione e marketing in base al comportamento della tua target audience. Il prodotto va perciò personalizzato in base alle esigenze del tuo cliente ideale.

Ma come faccio a comprendere le persone della target audience?

Semplice! Prova a chiederti quali sono i suoi problemi e come il tuo prodotto possa essere una soluzione. Poi certo esistono altre metriche che ci aiutano: conoscere passioni, attività, il social maggiormente utilizzato, quello che consumano, e cosa li spinge a utilizzare un servizio ti permette di creare campagne pubblicitarie ad hoc molto più facilmente!

Occhio poi a creare un messaggio che abbia significato per chi ti ascolta o legge: il cliente è pur sempre una persona reale: contenuto, storytelling, tone of voice vanno curati molto bene! Pensaci: scrolliamo tutti la home dei social, cerchiamo tutti dove acquistare un prodotto sul web e ci soffermiamo tutti a leggere post o ad acquistare quei prodotti che in qualche modo ci ispirano fiducia, ci raccontano qualcosa, colpiscono la nostra emotività.

Si parla oggi infatti di approccio H2H, marketing da uomo a uomo: le aziende e i consumatori non sono che persone reali alle quali parlare. La comunicazione si fa dunque pensando alla singola persona, parlando un "linguaggio umano", per cercare di capirne le necessità e trovare risposta ai singoli bisogni in maniera mirata.

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Cosa significa definire una target audience

Un piccolo chiarimento prima di proseguire è d'obbligo: con la singola parola target indichiamo (Treccani docet), "l'obiettivo che un'azienda si propone di raggiungere", come per esempio può essere quello di vendere o espandere il mercato.

Quello di cui parliamo noi oggi è definito invece target audience (o target di riferimento) e definisce un gruppo di persone alle quali è rivolto un servizio o un prodotto, e quindi una campagna di comunicazione. Una sorta di contenitore dove siamo inclusi più o meno tutti.

Altrimenti come faremmo a vedere annunci e sponsorizzate dei prodotti che ci servono quando digitiamo su Google e sui social?

Trovare e definire la propria target audience deve essere il primo scopo di ogni attività.

Ok, dirai, ma l'obiettivo primario di un business è vendere, aumentare il fatturato, far piovere oro. Ma la verità è che non basta una danza prodigiosa per scatenare questo acquazzone.

Pensaci un attimo, come fai a vendere se non hai clienti, o potenziali clienti, se insomma non trovi le persone interessate al tuo brand, a chi sei, cosa produci e perché?

Lavori per anni a un prodotto o a un servizio, ci metti tutto te stesso, dai il massimo, vuoi che tutto funzioni. Ti rivolgi a dei professionisti per costruire graficamente la tua brand identity, crei la tua presenza sui social media, usi gli hashtag giusti, partecipi a tutte le challenge, realizzi le tue campagne di comunicazione. Bene. Ce l'hai fatta. Lungo il percorso appena descritto ti sei mai posto la domanda:

A chi sto parlando?

No? Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo: prima di tutto devi conoscere la tua target audience, il tuo pubblico. Cosa ti serve? Fare pace con alcuni semplici concetti.

Cliente ideale vs cliente reale

Un packaging invidiabile, una rivoluzione del settore, una strategia di lancio vincente suoi tuoi canali online. Per quanto popolare e utile la verità è che il tuo prodotto non verrà apprezzato da tutti. Non serve demoralizzarsi, bisogna solo continuare a studiare e cercare il pubblico che fa per te, il tuo cliente ideale.

Toccherà scegliere una porzione ben definita di persone alle quali parlare, non per una questione di esclusione, ma semplicemente per definire una corretta strategia di comunicazione e marketing in base al comportamento della tua target audience. Il prodotto va perciò personalizzato in base alle esigenze del tuo cliente ideale.

Ma come faccio a comprendere le persone della target audience?

Semplice! Prova a chiederti quali sono i suoi problemi e come il tuo prodotto possa essere una soluzione. Poi certo esistono altre metriche che ci aiutano: conoscere passioni, attività, il social maggiormente utilizzato, quello che consumano, e cosa li spinge a utilizzare un servizio ti permette di creare campagne pubblicitarie ad hoc molto più facilmente!

Occhio poi a creare un messaggio che abbia significato per chi ti ascolta o legge: il cliente è pur sempre una persona reale: contenuto, storytelling, tone of voice vanno curati molto bene! Pensaci: scrolliamo tutti la home dei social, cerchiamo tutti dove acquistare un prodotto sul web e ci soffermiamo tutti a leggere post o ad acquistare quei prodotti che in qualche modo ci ispirano fiducia, ci raccontano qualcosa, colpiscono la nostra emotività.

Si parla oggi infatti di approccio H2H, marketing da uomo a uomo: le aziende e i consumatori non sono che persone reali alle quali parlare. La comunicazione si fa dunque pensando alla singola persona, parlando un "linguaggio umano", per cercare di capirne le necessità e trovare risposta ai singoli bisogni in maniera mirata.

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Il lavoro del comunicatore: quali sono gli obiettivi?

La tua attività, il tuo lavoro e le motivazioni che ci sono dietro sono uniche nel loro genere. Ognuno di noi costruisce la propria vita su scelte diverse, su spinte singolari e su ideali che meritano di essere conosciuti e apprezzati. Il nostro lavoro consiste proprio in questo: comunicare al mondo il tuo brand. Per farlo seguiamo strade artistiche e sempre ben ponderate, e soprattutto mettiamo a fuoco gli obiettivi giusti. Qui ti spieghiamo come.

La tua attività, il tuo lavoro e le motivazioni che ci sono dietro sono uniche nel loro genere. Ognuno di noi costruisce la propria vita su scelte diverse, su spinte singolari e su ideali che meritano di essere conosciuti e apprezzati. Il nostro lavoro consiste proprio in questo: comunicare al mondo il tuo brand. Per farlo seguiamo strade artistiche e sempre ben ponderate, e soprattutto mettiamo a fuoco gli obiettivi giusti. Qui ti spieghiamo come.

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Come definire gli obiettivi di comunicazione

Ma come, gli obiettivi non vengono alla fine? Non bisogna prima capire la strategia e avere un quadro completo? Lo sappiamo, ti stai domandando qualcosa del genere. Facciamo chiarezza.
Mettiamola così: devi correre una maratona. Questo significa che ti devi allenare, giusto? Bene. Gli allenamenti per le maratone, però, non sono tutti uguali. Ci sarà un allenamento specifico se devi correre per 10 chilometri, uno per i 20 e un altro ancora per i 40. Quindi, prima focalizzi il tuo obiettivo, poi calibri la preparazione.

Eccoci. Prima capiamo cosa vogliamo raggiungere, cosa vogliamo comunicare, qual è il cuore pulsante della tua attività, quell'elemento che deve essere portante, e poi andiamo avanti. Perché? Semplicemente perché è questo che rende unico il tuo brand. Ci sarà sempre quella caratteristica che appartiene unicamente a te, che darà una ragione alle persone per sceglierti, ascoltarti, cercarti. Una volta messo in luce questo, si può passare a tutto il resto.

I mezzi per raggiungere gli obiettivi

Non possono esistere obiettivi di comunicazione senza conoscere a chi stiamo comunicando. Fondamentale è quindi l'analisi del target-customer. Il nostro buyer persona. Lo avevamo detto che sarebbero arrivati i paroloni, ma semplifichiamo subito.

Dobbiamo conoscere il nostro interlocutore. La comunicazione non è una strada a senso unico, non ci limitiamo a dare informazioni e a starcene seduti aspettandoci di venire ascoltati. Eh, no. Esistono delle leve specifiche che toccano bisogni, emotività, richieste di ognuno di noi. Il nostro compito è capire quali sono questi bisogni, emozioni e richieste nel nostro pubblico. Da qui, poi, targettizzare.

Per intenderci, non possiamo vendere il ghiaccio a un eschimese. O una bistecca a un vegetariano.

Gli obiettivi saranno raggiunti solo se indirizzati al prospect giusto.

Ok, adesso che abbiamo messo da parte gli eschimesi che cosa succede?

Il contesto e il mezzo. Innanzitutto, andiamo a cercare i nostri competitor. Lo sai anche tu, in fondo. Esiste chi si muove nel tuo stesso mare. Capiamo come nuota, come affronta le onde e dove si rifugia quando c'è mare mosso. Lo studiamo per bene, insomma. Lo facciamo per due motivi: per capire cosa c'è in te che può essere ancora maggiormente valorizzato, qual è quella scintilla particolare di cui parlavamo prima e che ti differenzia da tutti gli altri.
In secondo luogo (questo facciamo finta di dirtelo sottovoce) possiamo individuare i loro errori e usarli a nostro vantaggio. Semplicemente evitando di fare lo stesso.

Ottimo. Poi?

Poi si sceglie con quale strumento giocare la partita. E qui le possibilità sono infinite, ma dobbiamo inserire dei confini, e lo facciamo proprio alla luce di tutto ciò che abbiamo già analizzato fino a questo momento.

Esiste la comunicazione digital e la comunicazione offline. Possiamo giocare con le nuove tendenze (TikTok, vlog, challenge) o affidarci alla comunicazione tradizionale, come la pubblicità sui mezzi pubblici. Possiamo andare lì dove le persone trascorrono quasi sei ore al giorno, e quindi puntare tutto sui social media, o creare un vero e proprio sito, funnels, pagine indicizzate e personalizzate.
E se non ti sembra ancora abbastanza possiamo costruire blog, video, brochures, gallerie, loghi, organizzare incontri, far stampare il tuo pay off su un cartellone nel bel mezzo della città.

Sì, le vie della comunicazione sono tantissime. Ma ritorniamo per un secondo agli obiettivi. Abbiamo visto quanti siano i mezzi e come cercare le persone giuste. Abbiamo capito cosa fare dei competitors e come usarli a nostro vantaggio. Tutto questo per fare cosa?

Emozionare. Già. Toccare quella parte umana che fa dire sì, che smuove tutto il resto, che fa prendere decisioni e mettere in atto azioni concrete per comprare il prodotto o il servizio che gli stai offrendo. Il lavoro del comunicatore si pone a metà tra tutto ciò che è emotivo e funzionale. Ritorniamo al ghiaccio, per un attimo.

Il comunicatore si pone due domande in contemporanea. In che modo questo ghiaccio può essere utile al mio target? E poi: perché dovrebbe prenderlo proprio da me?

E fidatevi, comunicare un perché e non il prodotto in sé è quello che fa la differenza. La giusta motivazione smuove molto più di quanto si possa pensare. È proprio per questo che il nostro è innanzitutto un mestiere umano. Ci avviciniamo alle persone attraverso un semplice post, siamo lì ad ascoltarle usando una storia su Instagram. Tutto passa attraverso la comprensione e l'empatia. Impariamo a conoscere prima, comunichiamo poi.

INDICE

Come definire gli obiettivi di comunicazione

Ma come, gli obiettivi non vengono alla fine? Non bisogna prima capire la strategia e avere un quadro completo? Lo sappiamo, ti stai domandando qualcosa del genere. Facciamo chiarezza.
Mettiamola così: devi correre una maratona. Questo significa che ti devi allenare, giusto? Bene. Gli allenamenti per le maratone, però, non sono tutti uguali. Ci sarà un allenamento specifico se devi correre per 10 chilometri, uno per i 20 e un altro ancora per i 40. Quindi, prima focalizzi il tuo obiettivo, poi calibri la preparazione.

Eccoci. Prima capiamo cosa vogliamo raggiungere, cosa vogliamo comunicare, qual è il cuore pulsante della tua attività, quell'elemento che deve essere portante, e poi andiamo avanti. Perché? Semplicemente perché è questo che rende unico il tuo brand. Ci sarà sempre quella caratteristica che appartiene unicamente a te, che darà una ragione alle persone per sceglierti, ascoltarti, cercarti. Una volta messo in luce questo, si può passare a tutto il resto.

I mezzi per raggiungere gli obiettivi

Non possono esistere obiettivi di comunicazione senza conoscere a chi stiamo comunicando. Fondamentale è quindi l'analisi del target-customer. Il nostro buyer persona. Lo avevamo detto che sarebbero arrivati i paroloni, ma semplifichiamo subito.

Dobbiamo conoscere il nostro interlocutore. La comunicazione non è una strada a senso unico, non ci limitiamo a dare informazioni e a starcene seduti aspettandoci di venire ascoltati. Eh, no. Esistono delle leve specifiche che toccano bisogni, emotività, richieste di ognuno di noi. Il nostro compito è capire quali sono questi bisogni, emozioni e richieste nel nostro pubblico. Da qui, poi, targettizzare.

Per intenderci, non possiamo vendere il ghiaccio a un eschimese. O una bistecca a un vegetariano.

Gli obiettivi saranno raggiunti solo se indirizzati al prospect giusto.

Ok, adesso che abbiamo messo da parte gli eschimesi che cosa succede?

Il contesto e il mezzo. Innanzitutto, andiamo a cercare i nostri competitor. Lo sai anche tu, in fondo. Esiste chi si muove nel tuo stesso mare. Capiamo come nuota, come affronta le onde e dove si rifugia quando c'è mare mosso. Lo studiamo per bene, insomma. Lo facciamo per due motivi: per capire cosa c'è in te che può essere ancora maggiormente valorizzato, qual è quella scintilla particolare di cui parlavamo prima e che ti differenzia da tutti gli altri.
In secondo luogo (questo facciamo finta di dirtelo sottovoce) possiamo individuare i loro errori e usarli a nostro vantaggio. Semplicemente evitando di fare lo stesso.

Ottimo. Poi?

Poi si sceglie con quale strumento giocare la partita. E qui le possibilità sono infinite, ma dobbiamo inserire dei confini, e lo facciamo proprio alla luce di tutto ciò che abbiamo già analizzato fino a questo momento.

Esiste la comunicazione digital e la comunicazione offline. Possiamo giocare con le nuove tendenze (TikTok, vlog, challenge) o affidarci alla comunicazione tradizionale, come la pubblicità sui mezzi pubblici. Possiamo andare lì dove le persone trascorrono quasi sei ore al giorno, e quindi puntare tutto sui social media, o creare un vero e proprio sito, funnels, pagine indicizzate e personalizzate.
E se non ti sembra ancora abbastanza possiamo costruire blog, video, brochures, gallerie, loghi, organizzare incontri, far stampare il tuo pay off su un cartellone nel bel mezzo della città.

Sì, le vie della comunicazione sono tantissime. Ma ritorniamo per un secondo agli obiettivi. Abbiamo visto quanti siano i mezzi e come cercare le persone giuste. Abbiamo capito cosa fare dei competitors e come usarli a nostro vantaggio. Tutto questo per fare cosa?

Emozionare. Già. Toccare quella parte umana che fa dire sì, che smuove tutto il resto, che fa prendere decisioni e mettere in atto azioni concrete per comprare il prodotto o il servizio che gli stai offrendo. Il lavoro del comunicatore si pone a metà tra tutto ciò che è emotivo e funzionale. Ritorniamo al ghiaccio, per un attimo.

Il comunicatore si pone due domande in contemporanea. In che modo questo ghiaccio può essere utile al mio target? E poi: perché dovrebbe prenderlo proprio da me?

E fidatevi, comunicare un perché e non il prodotto in sé è quello che fa la differenza. La giusta motivazione smuove molto più di quanto si possa pensare. È proprio per questo che il nostro è innanzitutto un mestiere umano. Ci avviciniamo alle persone attraverso un semplice post, siamo lì ad ascoltarle usando una storia su Instagram. Tutto passa attraverso la comprensione e l'empatia. Impariamo a conoscere prima, comunichiamo poi.

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