donna scrive davanti a computer strategia comunicazione digitale

Il copywriting persuasivo: la scrittura che promuove

Quando l’obiettivo di una comunicazione è vendere, la scrittura si trasforma in uno strumento potentissimo. Viene chiamato copywriting persuasivo ed è utilizzato per convincere. Ma attenzione, anche se ci sono delle regole da seguire, chi l’ha detto che non serva anche la creatività?

Quando l’obiettivo di una comunicazione è vendere, la scrittura si trasforma in uno strumento potentissimo. Viene chiamato copywriting persuasivo ed è utilizzato per convincere. Ma attenzione, anche se ci sono delle regole da seguire, chi l’ha detto che non serva anche la creatività?

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INDICE

Il copywriting parte da bisogni ed emozioni

Scrivere contenuti per il web significa spingere qualcuno a compiere un'azione, pensa a quando ti iscrivi ad una newsletter, completi un'acquisto, lasci i tuoi dati. Per raggiungere questo obiettivo esistono delle precise regole che si riassumono nella scrittura persuasiva, o persuasive copywriting.

Ma su cosa si basa?

Partiamo da un esempio, stai cercando un paio di stivali online. Come fai a scegliere fra tutte le marche presenti? Che criteri usi per scartare i modelli che non ti convincono? Magari il rapporto qualità-prezzo, il materiale, i feedback relativi e poi colore, altezza, insomma tutti quei dettagli che rispondono al tuo gusto personale.

In pratica quello che ti spinge ad affrontare l'acquisto, nonostante il prezzo e nonostante tutto, sono i tuoi bisogni e le tue emozioni. Perché diciamo questo: il copywriting persuasivo parte proprio da bisogni ed emozioni e, seguendo delle piccole regole, sceglie le parole giuste per convincere ad acquistare o sciogliere i dubbi profondi che assalgono tutti noi di fronte ad una scelta.

Entrando più nello specifico, gli stivali soddisfano determinati bisogni che possono essere mantenerci caldi, essere impermeabili alla pioggia, essere alla moda, dare una bella forma ai nostri piedi, essere comodi.

La scrittura persuasiva entra in merito proprio a questi bisogni e dà una risposta approfondendone in maniera esauriente ogni aspetto. Se il materiale tiene caldo, come è stato realizzato? Rispetta l'ambiente?

Rispondere a queste domande significa creare delle descrizioni che danno la percezione di vedere e toccare il prodotto, come se il lettore stesse indossando quegli stivali.

Raccontare, non descrivere

Quante volte acquisti in maniera impulsiva oppure seguendo il flusso di emozioni del momento? Il copywriting si inserisce in queste frazioni di tempo e colpisce nel segno. Ti racconta le caratteristiche più affascinanti di quegli stivali, ciò che li rende unici, perché sono il miglio acquisto che tu possa fare.

Ma parlavamo di racconto..

Stivali comodi e caldi, materiale riciclato.

oppure:

In una fredda giornata di pioggia vorresti solo indossare delle scarpe comode come pantofole, calde e asciutte come uno stivale di qualità. E passo dopo passo, essere fiera di fare del bene all'ambiente.

È palese quale funzioni di più. Evocare situazioni e sensazioni come accade nel secondo esempio, a differenza di una semplice e fredda descrizione, avvicina il lettore e lo aiuta a riflettere sui propri bisogni.

Qui entra in campo poi uno strumento ben preciso: lo storytelling. Perché raccontare significa sempre in qualche modo creare una storia, lasciare un segno, connettere mondi, idee e immagini per dare al lettore un immaginario ben preciso in cui riconoscersi.

Un buon storytelling e un copywriting consapevole sono due ottimi metodi per attivare il meccanismo di riconoscimento da cui nascono la fiducia verso il brand, la narrazione e quindi la persuasione. Persuadere infatti significa proprio riconoscersi.

Il copywriting persuasivo è creativo

Per mettere in atto il meccanismo di riconoscimento e persuadere, esistono alcune regole e seguirle vuol dire raggiungere i propri obiettivi di comunicazione.

Alcune regole del copywriting persuasivo sono ad esempio scrivere sempre in maniera positiva e quindi evitare qualsiasi "non" e "no". Semplicemente capovolgere ogni affermazione rendendola positiva. Oppure concentrare le informazioni salienti all'inizio e alla fine di un testo poiché solitamente, nella lettura, si usa saltare la parte centrale, o ancora, inserire un invito all'azione esortando le persone a compiere una scelta: le famose call to action che possono essere per esempio "sconti fino al 50%, acquista ora!"

Ma se bastassero queste regole saremmo tutti dei bravissimi copywriting e ottimi venditori, non credi? La questione è un po' più complessa perché quando si scrive un testo si ha a che fare con il magma umano che include gioie, pensieri, emozioni, bisogni specifici di ognuno. Maneggiare questo materiale richiede sensibilità e creatività, altrimenti si finisce per scottarsi!

Ovviamente la scrittura richiede molte regole riguardo al canale di comunicazione, al medium, al target al quale ci riferiamo. Ma le storie, anche quando create in un contesto corporate, per il brand, come primo obiettivo devono creare fiducia. Quando lo storytelling ha come fine ultimo la vendita, deve sempre permettere al cliente di riconoscersi in un sistema di valori più ampio. La scrittura persuasiva è 50% regole e 50% creatività.

If it doesn't sell, it isn't creative.

David Ogilvy

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Il copywriting parte da bisogni ed emozioni

Scrivere contenuti per il web significa spingere qualcuno a compiere un'azione, pensa a quando ti iscrivi ad una newsletter, completi un'acquisto, lasci i tuoi dati. Per raggiungere questo obiettivo esistono delle precise regole che si riassumono nella scrittura persuasiva, o persuasive copywriting.

Ma su cosa si basa?

Partiamo da un esempio, stai cercando un paio di stivali online. Come fai a scegliere fra tutte le marche presenti? Che criteri usi per scartare i modelli che non ti convincono? Magari il rapporto qualità-prezzo, il materiale, i feedback relativi e poi colore, altezza, insomma tutti quei dettagli che rispondono al tuo gusto personale.

In pratica quello che ti spinge ad affrontare l'acquisto, nonostante il prezzo e nonostante tutto, sono i tuoi bisogni e le tue emozioni. Perché diciamo questo: il copywriting persuasivo parte proprio da bisogni ed emozioni e, seguendo delle piccole regole, sceglie le parole giuste per convincere ad acquistare o sciogliere i dubbi profondi che assalgono tutti noi di fronte ad una scelta.

Entrando più nello specifico, gli stivali soddisfano determinati bisogni che possono essere mantenerci caldi, essere impermeabili alla pioggia, essere alla moda, dare una bella forma ai nostri piedi, essere comodi.

La scrittura persuasiva entra in merito proprio a questi bisogni e dà una risposta approfondendone in maniera esauriente ogni aspetto. Se il materiale tiene caldo, come è stato realizzato? Rispetta l'ambiente?

Rispondere a queste domande significa creare delle descrizioni che danno la percezione di vedere e toccare il prodotto, come se il lettore stesse indossando quegli stivali.

Raccontare, non descrivere

Quante volte acquisti in maniera impulsiva oppure seguendo il flusso di emozioni del momento? Il copywriting si inserisce in queste frazioni di tempo e colpisce nel segno. Ti racconta le caratteristiche più affascinanti di quegli stivali, ciò che li rende unici, perché sono il miglio acquisto che tu possa fare.

Ma parlavamo di racconto..

Stivali comodi e caldi, materiale riciclato.

oppure:

In una fredda giornata di pioggia vorresti solo indossare delle scarpe comode come pantofole, calde e asciutte come uno stivale di qualità. E passo dopo passo, essere fiera di fare del bene all'ambiente.

È palese quale funzioni di più. Evocare situazioni e sensazioni come accade nel secondo esempio, a differenza di una semplice e fredda descrizione, avvicina il lettore e lo aiuta a riflettere sui propri bisogni.

Qui entra in campo poi uno strumento ben preciso: lo storytelling. Perché raccontare significa sempre in qualche modo creare una storia, lasciare un segno, connettere mondi, idee e immagini per dare al lettore un immaginario ben preciso in cui riconoscersi.

Un buon storytelling e un copywriting consapevole sono due ottimi metodi per attivare il meccanismo di riconoscimento da cui nascono la fiducia verso il brand, la narrazione e quindi la persuasione. Persuadere infatti significa proprio riconoscersi.

Il copywriting persuasivo è creativo

Per mettere in atto il meccanismo di riconoscimento e persuadere, esistono alcune regole e seguirle vuol dire raggiungere i propri obiettivi di comunicazione.

Alcune regole del copywriting persuasivo sono ad esempio scrivere sempre in maniera positiva e quindi evitare qualsiasi "non" e "no". Semplicemente capovolgere ogni affermazione rendendola positiva. Oppure concentrare le informazioni salienti all'inizio e alla fine di un testo poiché solitamente, nella lettura, si usa saltare la parte centrale, o ancora, inserire un invito all'azione esortando le persone a compiere una scelta: le famose call to action che possono essere per esempio "sconti fino al 50%, acquista ora!"

Ma se bastassero queste regole saremmo tutti dei bravissimi copywriting e ottimi venditori, non credi? La questione è un po' più complessa perché quando si scrive un testo si ha a che fare con il magma umano che include gioie, pensieri, emozioni, bisogni specifici di ognuno. Maneggiare questo materiale richiede sensibilità e creatività, altrimenti si finisce per scottarsi!

Ovviamente la scrittura richiede molte regole riguardo al canale di comunicazione, al medium, al target al quale ci riferiamo. Ma le storie, anche quando create in un contesto corporate, per il brand, come primo obiettivo devono creare fiducia. Quando lo storytelling ha come fine ultimo la vendita, deve sempre permettere al cliente di riconoscersi in un sistema di valori più ampio. La scrittura persuasiva è 50% regole e 50% creatività.

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Che significa segnalare un contenuto e quando farlo

Ogni giorno milioni di nuovi contenuti popolano il web. E non importa se copiati, falsi, complottisti, discriminanti: se superano le norme di pubblicazione e condivisione rischiano di diventare virali. Notizie prive di fondamento diventano così fake news, sfide sui social possono sfociare in challenge pericolose. Qual è la nostra responsabilità, e come, provando a segnalare questi contenuti possiamo contribuire ad una nuova educazione digitale.

Ogni giorno milioni di nuovi contenuti popolano il web. E non importa se copiati, falsi, complottisti, discriminanti: se superano le norme di pubblicazione e condivisione rischiano di diventare virali. Notizie prive di fondamento diventano così fake news, sfide sui social possono sfociare in challenge pericolose. Qual è la nostra responsabilità, e come, provando a segnalare questi contenuti possiamo contribuire ad una nuova educazione digitale.

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Orientarsi nel mondo delle fake news

Negli ultimi mesi ne abbiamo viste di ogni: tutta una serie di fenomeni virali legati al COVID-19 ha popolato il web. Sono spuntate notizie false su probabili vaccini o sull'origine della pandemia, fantasiose teorie di complotto, cospirazioni contro il sistema hanno invaso qualsiasi canale, persino whatsapp.

Per non parlare dei contenuti non aggiornati ma ricondivisi come news: piccoli errori che non fanno male a nessuno se non, magari, all'umore. Scherzi che possono creare però anche grandi conseguenze, arrivare sui nostri smartphone e scatenare il panico, diffondersi come fake news capaci anche di manipolare la realtà.

Tutti sono corsi ai ripari: Twitter negli scorsi mesi ha eliminato i contenuti che promuovevano cure false o negavano le fonti ufficiali, Facebook ha creato una sezione dedicata alla raccolta di informazioni ufficiali, Whatsapp ha inserito tempo fa la crittografia. I sistemi di sorveglianza però non bastano da soli a gestire la situazione perché hanno bisogno del supporto di ognuno di noi.

Come possiamo fare la nostra parte? Segnalare un contenuto può essere un buon inizio.

Quando è giusto segnalare un contenuto?

Quando ci troviamo di fronte a contenuti non pertinenti, irritanti, petulanti, offensivi, discriminanti, inappropriati, spam o virus che appaiono contro la nostra volontà, possiamo decidere di segnalare descrivendo nel dettaglio il nostro problema, o meglio, la problematica di quel post o contenuto. È una questione di responsabilità, anche per chi legge e condivide.

In caso di fake news è indispensabile quindi segnalare subito il contenuto come falso oppure nel caso di challenge pericolose non condividerle o emularle. Ne è un esempio il caso della #coronaviruschallenge esplosa su TikTok, dove gli utenti si sfidavano a leccare parti della casa. I portavoce dell'azienda sono presto intervenuti:

La sicurezza e il benessere dei nostri utenti sono una priorità assoluta per TikTok. Non consentiamo contenuti che incoraggiano, promuovono o esaltano sfide pericolose che potrebbero causare lesioni. Inoltre, non consentiamo agli utenti di incoraggiare gli altri a prendere parte ad attività pericolose. Questa tipologia di contenuti è una violazione delle nostre linee guida e continueremo a rimuoverli dalla nostra piattaforma.

Insieme alla denuncia di TikTok verso questo tipo di comportamento, abbiamo il dovere in prima persona di segnalare queste challenge ed evitare la diffusione e così il rischio di emulazione tra le community che facilmente si creano sui social.

Per una nuova educazione digitale

Chi lavora nella creazione di contenuti per vendita, informazione, intrattenimento ha il compito non solo di centrare l'obiettivo di comunicazione ma di farlo utilizzando il linguaggio più appropriato, il Tone of Voice corretto e diffondendo contenuti creati a partire da fonti certe.

La segnalazione è uno strumento che aiuta anche chi crea e condivide a prestare attenzione ai contenuti realizzati e diffusi in rete. Allo stesso tempo però non possiamo usarlo meramente come mezzo per far valere la nostra opinione.

Cosa vuol dire.

Se scrollando i nostri feed non abbiamo piacere di vedere post che ci disturbano o irritano la nostra sensibilità possiamo semplicemente decidere di non vedere più questi contenuti nella nostra home, non seguire più quella pagina, bloccare l'account o anche eliminarlo dalla nostra cerchia di amici o followers. Non c'è nulla di male. Siamo liberi di vedere i contenuti che vogliamo!

L'errore avviene quando decidiamo di segnalare un contenuto semplicemente perché esprime opinioni diverse dalle nostre, o magari perché ironizza e fa satira con parole e argomenti che ci toccano nel profondo, irritandoci. Recependolo quasi come un attacco personale.

A volte è davvero sbagliato e si rischia di limitare la libertà di espressione delle persone, altre è invece giusto inviare dei feedback, indicare degli errori a chi diffonde contenuti con leggerezza.

È parte sempre del nostro senso di responsabilità e di educazione che, nel caso dei social e del digital in generale, sarebbe corretto approfondire come viene fatto in Finlandia dove un programma del governo incoraggia la formazione del pensiero critico online a partire sin dalle scuole elementari.

Insomma quello che la segnalazione sui social ci insegna è smettere di scrollare distratti, o fare swipe sulle storie per inerzia, e di soffermarci invece qualche secondo in più nella lettura, nella condivisione, nella visione di contenuti.

Chiediamoci più spesso "Ne siamo certi? Quale sarà la fonte?" e solo dopo aver trovato la risposta, agiamo, clicchiamo, condividiamo e segnaliamo... forse.

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Orientarsi nel mondo delle fake news

Negli ultimi mesi ne abbiamo viste di ogni: tutta una serie di fenomeni virali legati al COVID-19 ha popolato il web. Sono spuntate notizie false su probabili vaccini o sull'origine della pandemia, fantasiose teorie di complotto, cospirazioni contro il sistema hanno invaso qualsiasi canale, persino whatsapp.

Per non parlare dei contenuti non aggiornati ma ricondivisi come news: piccoli errori che non fanno male a nessuno se non, magari, all'umore. Scherzi che possono creare però anche grandi conseguenze, arrivare sui nostri smartphone e scatenare il panico, diffondersi come fake news capaci anche di manipolare la realtà.

Tutti sono corsi ai ripari: Twitter negli scorsi mesi ha eliminato i contenuti che promuovevano cure false o negavano le fonti ufficiali, Facebook ha creato una sezione dedicata alla raccolta di informazioni ufficiali, Whatsapp ha inserito tempo fa la crittografia. I sistemi di sorveglianza però non bastano da soli a gestire la situazione perché hanno bisogno del supporto di ognuno di noi.

Come possiamo fare la nostra parte? Segnalare un contenuto può essere un buon inizio.

Quando è giusto segnalare un contenuto?

Quando ci troviamo di fronte a contenuti non pertinenti, irritanti, petulanti, offensivi, discriminanti, inappropriati, spam o virus che appaiono contro la nostra volontà, possiamo decidere di segnalare descrivendo nel dettaglio il nostro problema, o meglio, la problematica di quel post o contenuto. È una questione di responsabilità, anche per chi legge e condivide.

In caso di fake news è indispensabile quindi segnalare subito il contenuto come falso oppure nel caso di challenge pericolose non condividerle o emularle. Ne è un esempio il caso della #coronaviruschallenge esplosa su TikTok, dove gli utenti si sfidavano a leccare parti della casa. I portavoce dell'azienda sono presto intervenuti:

La sicurezza e il benessere dei nostri utenti sono una priorità assoluta per TikTok. Non consentiamo contenuti che incoraggiano, promuovono o esaltano sfide pericolose che potrebbero causare lesioni. Inoltre, non consentiamo agli utenti di incoraggiare gli altri a prendere parte ad attività pericolose. Questa tipologia di contenuti è una violazione delle nostre linee guida e continueremo a rimuoverli dalla nostra piattaforma.

Insieme alla denuncia di TikTok verso questo tipo di comportamento, abbiamo il dovere in prima persona di segnalare queste challenge ed evitare la diffusione e così il rischio di emulazione tra le community che facilmente si creano sui social.

Per una nuova educazione digitale

Chi lavora nella creazione di contenuti per vendita, informazione, intrattenimento ha il compito non solo di centrare l'obiettivo di comunicazione ma di farlo utilizzando il linguaggio più appropriato, il Tone of Voice corretto e diffondendo contenuti creati a partire da fonti certe.

La segnalazione è uno strumento che aiuta anche chi crea e condivide a prestare attenzione ai contenuti realizzati e diffusi in rete. Allo stesso tempo però non possiamo usarlo meramente come mezzo per far valere la nostra opinione.

Cosa vuol dire.

Se scrollando i nostri feed non abbiamo piacere di vedere post che ci disturbano o irritano la nostra sensibilità possiamo semplicemente decidere di non vedere più questi contenuti nella nostra home, non seguire più quella pagina, bloccare l'account o anche eliminarlo dalla nostra cerchia di amici o followers. Non c'è nulla di male. Siamo liberi di vedere i contenuti che vogliamo!

L'errore avviene quando decidiamo di segnalare un contenuto semplicemente perché esprime opinioni diverse dalle nostre, o magari perché ironizza e fa satira con parole e argomenti che ci toccano nel profondo, irritandoci. Recependolo quasi come un attacco personale.

A volte è davvero sbagliato e si rischia di limitare la libertà di espressione delle persone, altre è invece giusto inviare dei feedback, indicare degli errori a chi diffonde contenuti con leggerezza.

È parte sempre del nostro senso di responsabilità e di educazione che, nel caso dei social e del digital in generale, sarebbe corretto approfondire come viene fatto in Finlandia dove un programma del governo incoraggia la formazione del pensiero critico online a partire sin dalle scuole elementari.

Insomma quello che la segnalazione sui social ci insegna è smettere di scrollare distratti, o fare swipe sulle storie per inerzia, e di soffermarci invece qualche secondo in più nella lettura, nella condivisione, nella visione di contenuti.

Chiediamoci più spesso "Ne siamo certi? Quale sarà la fonte?" e solo dopo aver trovato la risposta, agiamo, clicchiamo, condividiamo e segnaliamo... forse.

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Definire la giusta target audience: perché è importante?

Per definire una strategia di comunicazione efficace è necessario stabilire la propria target audience. Target, targettizzare, targetizzazione: parole che sentiamo spesso ma il cui significato e, soprattutto, valore, ci pare scivoloso. Partiamo da una semplice domanda che chi ha un’attività o un negozio prima o poi si pone: a chi mi sto rivolgendo?

Per definire una strategia di comunicazione efficace è necessario stabilire la propria target audience. Target, targettizzare, targetizzazione: parole che sentiamo spesso ma il cui significato e, soprattutto, valore, ci pare scivoloso. Partiamo da una semplice domanda che chi ha un’attività o un negozio prima o poi si pone: a chi mi sto rivolgendo?

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Cosa significa definire una target audience

Un piccolo chiarimento prima di proseguire è d'obbligo: con la singola parola target indichiamo (Treccani docet), "l'obiettivo che un'azienda si propone di raggiungere", come per esempio può essere quello di vendere o espandere il mercato.

Quello di cui parliamo noi oggi è definito invece target audience (o target di riferimento) e definisce un gruppo di persone alle quali è rivolto un servizio o un prodotto, e quindi una campagna di comunicazione. Una sorta di contenitore dove siamo inclusi più o meno tutti.

Altrimenti come faremmo a vedere annunci e sponsorizzate dei prodotti che ci servono quando digitiamo su Google e sui social?

Trovare e definire la propria target audience deve essere il primo scopo di ogni attività.

Ok, dirai, ma l'obiettivo primario di un business è vendere, aumentare il fatturato, far piovere oro. Ma la verità è che non basta una danza prodigiosa per scatenare questo acquazzone.

Pensaci un attimo, come fai a vendere se non hai clienti, o potenziali clienti, se insomma non trovi le persone interessate al tuo brand, a chi sei, cosa produci e perché?

Lavori per anni a un prodotto o a un servizio, ci metti tutto te stesso, dai il massimo, vuoi che tutto funzioni. Ti rivolgi a dei professionisti per costruire graficamente la tua brand identity, crei la tua presenza sui social media, usi gli hashtag giusti, partecipi a tutte le challenge, realizzi le tue campagne di comunicazione. Bene. Ce l'hai fatta. Lungo il percorso appena descritto ti sei mai posto la domanda:

A chi sto parlando?

No? Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo: prima di tutto devi conoscere la tua target audience, il tuo pubblico. Cosa ti serve? Fare pace con alcuni semplici concetti.

Cliente ideale vs cliente reale

Un packaging invidiabile, una rivoluzione del settore, una strategia di lancio vincente suoi tuoi canali online. Per quanto popolare e utile la verità è che il tuo prodotto non verrà apprezzato da tutti. Non serve demoralizzarsi, bisogna solo continuare a studiare e cercare il pubblico che fa per te, il tuo cliente ideale.

Toccherà scegliere una porzione ben definita di persone alle quali parlare, non per una questione di esclusione, ma semplicemente per definire una corretta strategia di comunicazione e marketing in base al comportamento della tua target audience. Il prodotto va perciò personalizzato in base alle esigenze del tuo cliente ideale.

Ma come faccio a comprendere le persone della target audience?

Semplice! Prova a chiederti quali sono i suoi problemi e come il tuo prodotto possa essere una soluzione. Poi certo esistono altre metriche che ci aiutano: conoscere passioni, attività, il social maggiormente utilizzato, quello che consumano, e cosa li spinge a utilizzare un servizio ti permette di creare campagne pubblicitarie ad hoc molto più facilmente!

Occhio poi a creare un messaggio che abbia significato per chi ti ascolta o legge: il cliente è pur sempre una persona reale: contenuto, storytelling, tone of voice vanno curati molto bene! Pensaci: scrolliamo tutti la home dei social, cerchiamo tutti dove acquistare un prodotto sul web e ci soffermiamo tutti a leggere post o ad acquistare quei prodotti che in qualche modo ci ispirano fiducia, ci raccontano qualcosa, colpiscono la nostra emotività.

Si parla oggi infatti di approccio H2H, marketing da uomo a uomo: le aziende e i consumatori non sono che persone reali alle quali parlare. La comunicazione si fa dunque pensando alla singola persona, parlando un "linguaggio umano", per cercare di capirne le necessità e trovare risposta ai singoli bisogni in maniera mirata.

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Cosa significa definire una target audience

Un piccolo chiarimento prima di proseguire è d'obbligo: con la singola parola target indichiamo (Treccani docet), "l'obiettivo che un'azienda si propone di raggiungere", come per esempio può essere quello di vendere o espandere il mercato.

Quello di cui parliamo noi oggi è definito invece target audience (o target di riferimento) e definisce un gruppo di persone alle quali è rivolto un servizio o un prodotto, e quindi una campagna di comunicazione. Una sorta di contenitore dove siamo inclusi più o meno tutti.

Altrimenti come faremmo a vedere annunci e sponsorizzate dei prodotti che ci servono quando digitiamo su Google e sui social?

Trovare e definire la propria target audience deve essere il primo scopo di ogni attività.

Ok, dirai, ma l'obiettivo primario di un business è vendere, aumentare il fatturato, far piovere oro. Ma la verità è che non basta una danza prodigiosa per scatenare questo acquazzone.

Pensaci un attimo, come fai a vendere se non hai clienti, o potenziali clienti, se insomma non trovi le persone interessate al tuo brand, a chi sei, cosa produci e perché?

Lavori per anni a un prodotto o a un servizio, ci metti tutto te stesso, dai il massimo, vuoi che tutto funzioni. Ti rivolgi a dei professionisti per costruire graficamente la tua brand identity, crei la tua presenza sui social media, usi gli hashtag giusti, partecipi a tutte le challenge, realizzi le tue campagne di comunicazione. Bene. Ce l'hai fatta. Lungo il percorso appena descritto ti sei mai posto la domanda:

A chi sto parlando?

No? Riavvolgiamo il nastro e ricominciamo: prima di tutto devi conoscere la tua target audience, il tuo pubblico. Cosa ti serve? Fare pace con alcuni semplici concetti.

Cliente ideale vs cliente reale

Un packaging invidiabile, una rivoluzione del settore, una strategia di lancio vincente suoi tuoi canali online. Per quanto popolare e utile la verità è che il tuo prodotto non verrà apprezzato da tutti. Non serve demoralizzarsi, bisogna solo continuare a studiare e cercare il pubblico che fa per te, il tuo cliente ideale.

Toccherà scegliere una porzione ben definita di persone alle quali parlare, non per una questione di esclusione, ma semplicemente per definire una corretta strategia di comunicazione e marketing in base al comportamento della tua target audience. Il prodotto va perciò personalizzato in base alle esigenze del tuo cliente ideale.

Ma come faccio a comprendere le persone della target audience?

Semplice! Prova a chiederti quali sono i suoi problemi e come il tuo prodotto possa essere una soluzione. Poi certo esistono altre metriche che ci aiutano: conoscere passioni, attività, il social maggiormente utilizzato, quello che consumano, e cosa li spinge a utilizzare un servizio ti permette di creare campagne pubblicitarie ad hoc molto più facilmente!

Occhio poi a creare un messaggio che abbia significato per chi ti ascolta o legge: il cliente è pur sempre una persona reale: contenuto, storytelling, tone of voice vanno curati molto bene! Pensaci: scrolliamo tutti la home dei social, cerchiamo tutti dove acquistare un prodotto sul web e ci soffermiamo tutti a leggere post o ad acquistare quei prodotti che in qualche modo ci ispirano fiducia, ci raccontano qualcosa, colpiscono la nostra emotività.

Si parla oggi infatti di approccio H2H, marketing da uomo a uomo: le aziende e i consumatori non sono che persone reali alle quali parlare. La comunicazione si fa dunque pensando alla singola persona, parlando un "linguaggio umano", per cercare di capirne le necessità e trovare risposta ai singoli bisogni in maniera mirata.

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Lo storytelling, questo animale multiforme

Raccontare una storia è il mestiere più bello di tutti. Ok, noi siamo di parte. Del resto, comunicare ha a che fare con il raccontare. Come? Ti spieghiamo tutto qui. Vediamo insieme come lo storytelling sia il più grande strumento a disposizione per far conoscere il tuo brand.

Raccontare una storia è il mestiere più bello di tutti. Ok, noi siamo di parte. Del resto, comunicare ha a che fare con il raccontare. Come? Ti spieghiamo tutto qui. Vediamo insieme come lo storytelling sia il più grande strumento a disposizione per far conoscere il tuo brand.

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Che cosa significa fare storytelling?

Iniziamo da qui: storytelling. Separiamo le due parole. Story, storia. Telling, raccontare. Quindi lo storytelling è l'arte di raccontare storie. Niente di più semplice. Benissimo. Che cos'è una storia?
Ecco, qui la faccenda diventa un po' più complessa. Ma è necessaria, ci serve per arrivare al punto. Resta con noi, facciamo in fretta.

Semplifichiamo. Una storia, per essere tale, deve contenere una serie di eventi che portano il personaggio a un cambiamento. Il cambiamento richiede azione, quindi vogliamo vedere movimento e vogliamo provare sensazioni dovute a quel movimento. Insomma, deve succedere qualcosa e deve farci sentire in un determinato modo. Gli eventi devono essere significativi.

È tutto? No, ma abbiamo quasi finito. Il percorso narrativo ha due componenti fondamentali: la fabula e l'intreccio. Te li spieghiamo così:

Fabula vs Intreccio

"Il re morì, poi morì la regina." Questa è una fabula, un elenco di fatti.
"Il re morì, poi di dolore morì la regina." Questo è un intreccio, perché i due fatti sono per l'appunto intrecciati. In questo caso da una componente causa-effetto. L'intreccio è la disposizione in cui vengono narrati gli eventi.

Ok, bene. Perché ti stiamo dicendo tutto questo? Perché in questo caso la storia è la tua attività, il tuo brand, ciò che vuoi comunicare.

E noi vogliamo spiegarti come intrecciamo gli elementi, come rendiamo la comunicazione unica, costruita esattamente sugli "eventi" che compongono la tua "fabula".

Lo storytelling: testi, video e immagini

Prima di andare avanti è utile precisare un'ultima cosa. Raccontare storie non passa solo attraverso la scrittura. Anche un video può farlo, anche una singola immagine. Del resto, il mondo visual incarna quello che è il primo pilastro dello storytelling: show, don't tell. Il cervello umano recepisce molto più facilmente le informazioni visive e queste possono avere la stessa potenza emotiva di un racconto o di un copy particolarmente suggestivo. Raccontare è un'arte che può assumere moltissime forme. Basta saperlo fare nel modo giusto.

Lo storytelling per le aziende

Pensa a una grande azienda. La prima che ti viene in mente. Fallo velocemente, metti in gioco il tuo istinto. Spoiler: quello a cui hai appena pensato è ciò che l'azienda ha scelto di dire di sì. Come ha voluto raccontarsi, lo storytelling che ha selezionato per mostrarsi al mondo.

Il più grande segreto dello storytelling aziendale non è comunicare un prodotto o un servizio, ma la storia che c'è dietro. Del resto, le persone si affezionano a questo. Ed è per questo che ti apprezzeranno e sceglieranno.

L'identità di un'azienda è fatta innanzitutto dai perché che la compongono. E sono i perché a fare la differenza in una storia. Abbiamo i fatti, come ti abbiamo mostrato poco fa, ma i fatti non sono abbastanza. Un elenco di eventi non è memorabile. Quello che li unisce lo è.

Facciamo un esempio, che ne dici?
Hai una piccola azienda di prodotti cruelty free. Giochiamo con l'intreccio. Scegliamo da dove partire, come mettere insieme i pezzi di questa storia.

Immaginiamo insieme una comunicazione e partiamo così: abbiamo scelto un packaging senza plastica e un prodotto totalmente naturale. Ok, interessante. Quindi?

Daccapo. Partiamo dicendoti che abbiamo a cuore la sostenibilità, perché il rispetto per il mondo in cui viviamo è il motore del nostro lavoro. Continuiamo spiegandoti che trattare con cura il Pianeta è il nostro valore più grande e per questo abbiamo scelto un packaging senza plastica e un prodotto totalmente naturale. Molto più potente, non credi?

Che cosa abbiamo fatto? Abbiamo giocato con gli elementi della narrazione. Immagina una stanza al buio. Ecco. Noi abbiamo una torcia e l'abbiamo puntata, con una certa logica, sugli oggetti più importanti. Abbiamo fatto ordine, e facendo ordine abbiamo fatto leva sul nostro target.

Ritorniamo allo storytelling: eventi e scelta di come esporli. Tutto qui. È un gesto che contiene in sé una complessità incredibile, ma il talento (e il nostro lavoro) sta proprio nel ridurre questa complessità all'immediatezza. Comunicare è fatto di obiettivi. Gli obiettivi si raggiungono con un mezzo specifico. Quel mezzo, noi, lo modelliamo a nostro piacimento.

Che stile uso per raccontare?

Ok, se sei arrivato fino a qui, vuol dire che oramai sei quasi diventato un drago sullo storytelling! Facciamo l'ultimo esperimento ti va?

Leggiamo insieme queste due scene:

"Alle 12,17 in un autobus della linea S lungo 10 metri, largo 3, alto 3,5, a 3600 metri dal suo capolinea, carico di 48 persone, un individuo umano di sesso maschile, 27 anni, 3 mesi e 8 giorni, alto m 1,62 e pesante 65 chilogrammi, con un cappello (in capo) alto 17 centimetri, la calotta circondata da un nastro di 35 centimetri, interpella un uomo di 48 anni meno tre giorni, altezza 1,68, peso 77 chilogrammi."

"Sulla S, in un'ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino."

Esercizi di stile, di Raymond Queneau (trad. di Umberto Eco)

Che cosa succede qui? Succedono le stesse cose in entrambi i casi (fabula) ma entra in gioco un nuovo elemento: lo stile. Non il modo in cui la storia è costruita (intreccio), ma il modo stesso in cui è raccontata.

La differenza è evidente. E capiamo questo: la stessa scena, le stesse azioni, possono provocare due sensazioni diverse a seconda dello stile usato.

Tutto questo è fondamentale anche nello storytelling aziendale. Useremo un determinato stile se il tuo pubblico sarà più o meno giovane, se il tuo prodotto si presta a un tono più o meno sarcastico, o professionale, o friendly. Possiamo costruire mondi e lo possiamo fare semplicemente raccontando.

Ecco allora che puoi scegliere chi essere agli occhi del tuo pubblico. Puoi decidere cosa raccontare di te e come, in che modo far brillare la tua attività, con quali strumenti, in quale ordine, con quale tono.

Sono strumenti potentissimi, ed è proprio questo a fare la differenza. Il cosa resta fondamentale, appartiene unicamente a te ed è il tuo marchio distintivo. Ma il come gioca il suo ruolo in maniera altrettanto basilare. Ecco. Tu dacci il cosa, al come pensiamo noi.

INDICE

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Che cosa significa fare storytelling?

Iniziamo da qui: storytelling. Separiamo le due parole. Story, storia. Telling, raccontare. Quindi lo storytelling è l'arte di raccontare storie. Niente di più semplice. Benissimo. Che cos'è una storia?
Ecco, qui la faccenda diventa un po' più complessa. Ma è necessaria, ci serve per arrivare al punto. Resta con noi, facciamo in fretta.

Semplifichiamo. Una storia, per essere tale, deve contenere una serie di eventi che portano il personaggio a un cambiamento. Il cambiamento richiede azione, quindi vogliamo vedere movimento e vogliamo provare sensazioni dovute a quel movimento. Insomma, deve succedere qualcosa e deve farci sentire in un determinato modo. Gli eventi devono essere significativi.

È tutto? No, ma abbiamo quasi finito. Il percorso narrativo ha due componenti fondamentali: la fabula e l'intreccio. Te li spieghiamo così:

Fabula vs Intreccio

"Il re morì, poi morì la regina." Questa è una fabula, un elenco di fatti.
"Il re morì, poi di dolore morì la regina." Questo è un intreccio, perché i due fatti sono per l'appunto intrecciati. In questo caso da una componente causa-effetto. L'intreccio è la disposizione in cui vengono narrati gli eventi.

Ok, bene. Perché ti stiamo dicendo tutto questo? Perché in questo caso la storia è la tua attività, il tuo brand, ciò che vuoi comunicare.

E noi vogliamo spiegarti come intrecciamo gli elementi, come rendiamo la comunicazione unica, costruita esattamente sugli "eventi" che compongono la tua "fabula".

Lo storytelling: testi, video e immagini

Prima di andare avanti è utile precisare un'ultima cosa. Raccontare storie non passa solo attraverso la scrittura. Anche un video può farlo, anche una singola immagine. Del resto, il mondo visual incarna quello che è il primo pilastro dello storytelling: show, don't tell. Il cervello umano recepisce molto più facilmente le informazioni visive e queste possono avere la stessa potenza emotiva di un racconto o di un copy particolarmente suggestivo. Raccontare è un'arte che può assumere moltissime forme. Basta saperlo fare nel modo giusto.

Lo storytelling per le aziende

Pensa a una grande azienda. La prima che ti viene in mente. Fallo velocemente, metti in gioco il tuo istinto. Spoiler: quello a cui hai appena pensato è ciò che l'azienda ha scelto di dire di sì. Come ha voluto raccontarsi, lo storytelling che ha selezionato per mostrarsi al mondo.

Il più grande segreto dello storytelling aziendale non è comunicare un prodotto o un servizio, ma la storia che c'è dietro. Del resto, le persone si affezionano a questo. Ed è per questo che ti apprezzeranno e sceglieranno.

L'identità di un'azienda è fatta innanzitutto dai perché che la compongono. E sono i perché a fare la differenza in una storia. Abbiamo i fatti, come ti abbiamo mostrato poco fa, ma i fatti non sono abbastanza. Un elenco di eventi non è memorabile. Quello che li unisce lo è.

Facciamo un esempio, che ne dici?
Hai una piccola azienda di prodotti cruelty free. Giochiamo con l'intreccio. Scegliamo da dove partire, come mettere insieme i pezzi di questa storia.

Immaginiamo insieme una comunicazione e partiamo così: abbiamo scelto un packaging senza plastica e un prodotto totalmente naturale. Ok, interessante. Quindi?

Daccapo. Partiamo dicendoti che abbiamo a cuore la sostenibilità, perché il rispetto per il mondo in cui viviamo è il motore del nostro lavoro. Continuiamo spiegandoti che trattare con cura il Pianeta è il nostro valore più grande e per questo abbiamo scelto un packaging senza plastica e un prodotto totalmente naturale. Molto più potente, non credi?

Che cosa abbiamo fatto? Abbiamo giocato con gli elementi della narrazione. Immagina una stanza al buio. Ecco. Noi abbiamo una torcia e l'abbiamo puntata, con una certa logica, sugli oggetti più importanti. Abbiamo fatto ordine, e facendo ordine abbiamo fatto leva sul nostro target.

Ritorniamo allo storytelling: eventi e scelta di come esporli. Tutto qui. È un gesto che contiene in sé una complessità incredibile, ma il talento (e il nostro lavoro) sta proprio nel ridurre questa complessità all'immediatezza. Comunicare è fatto di obiettivi. Gli obiettivi si raggiungono con un mezzo specifico. Quel mezzo, noi, lo modelliamo a nostro piacimento.

Che stile uso per raccontare?

Ok, se sei arrivato fino a qui, vuol dire che oramai sei quasi diventato un drago sullo storytelling! Facciamo l'ultimo esperimento ti va?

Leggiamo insieme queste due scene:

"Alle 12,17 in un autobus della linea S lungo 10 metri, largo 3, alto 3,5, a 3600 metri dal suo capolinea, carico di 48 persone, un individuo umano di sesso maschile, 27 anni, 3 mesi e 8 giorni, alto m 1,62 e pesante 65 chilogrammi, con un cappello (in capo) alto 17 centimetri, la calotta circondata da un nastro di 35 centimetri, interpella un uomo di 48 anni meno tre giorni, altezza 1,68, peso 77 chilogrammi."

"Sulla S, in un'ora di traffico. Un tipo di circa ventisei anni, cappello floscio con una cordicella al posto del nastro, collo troppo lungo, come se glielo avessero tirato. La gente scende. Il tizio in questione si arrabbia con un vicino."

Esercizi di stile, di Raymond Queneau (trad. di Umberto Eco)

Che cosa succede qui? Succedono le stesse cose in entrambi i casi (fabula) ma entra in gioco un nuovo elemento: lo stile. Non il modo in cui la storia è costruita (intreccio), ma il modo stesso in cui è raccontata.

La differenza è evidente. E capiamo questo: la stessa scena, le stesse azioni, possono provocare due sensazioni diverse a seconda dello stile usato.

Tutto questo è fondamentale anche nello storytelling aziendale. Useremo un determinato stile se il tuo pubblico sarà più o meno giovane, se il tuo prodotto si presta a un tono più o meno sarcastico, o professionale, o friendly. Possiamo costruire mondi e lo possiamo fare semplicemente raccontando.

Ecco allora che puoi scegliere chi essere agli occhi del tuo pubblico. Puoi decidere cosa raccontare di te e come, in che modo far brillare la tua attività, con quali strumenti, in quale ordine, con quale tono.

Sono strumenti potentissimi, ed è proprio questo a fare la differenza. Il cosa resta fondamentale, appartiene unicamente a te ed è il tuo marchio distintivo. Ma il come gioca il suo ruolo in maniera altrettanto basilare. Ecco. Tu dacci il cosa, al come pensiamo noi.

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